Antonio Diodato in Auditorium, a ritrovar bellezza

Ricantare i Grandi. Le perle incastonate nella storia della nostra musica popolare, quei brani che ogni tanto, incuranti del risultato, spavaldi canticchiamo.

Devi essere coraggioso, incosciente e talentuoso, per lanciarti in questa avventura. Altrimenti, è piuttosto probabile che tu possa combinare un disastro. Antonio Diodato, coraggioso e incosciente supponiamo lo sia (ma davvero poco importa), del “talentuoso” invece ne abbiamo le prove. Una è E forse sono pazzo, suo primo lavoro discografico, che brillava per freschezza e intelligenza compositiva. Ad aggiungersi alle nostre prove senza dubbio Babilonia, il brano portato sul palco di Sanremo nel 2013, un brano ben costruito sorretto da un’ottima interpretazione, voce intensa e crescente. Preziosa inoltre la sua partecipazione alla trasmissione Che tempo che fa per alcune puntate del 2014.

Arriva a suonare in Auditorium a quasi sei mesi dall’uscita di A ritrovar bellezzaA, album che contiene dieci riletture di alcuni dei migliori brani della nostra musica anni Sessanta. E' bene sottolinearlo: riletture e non semplici cover. Non riproposizioni dei brani dell’epoca ma nuove ricostruzioni, nuovi arrangiamenti anche grazie all’importante contributo del produttore Daniele Tortora, dei suoi musicisti Duilio Galioto, Alessandro Pizzonia, Danilo Biagioni e Daniele Fiaschi, e di altri amici-musicisti come gli Gnu Quartet, Roy Paci e i Velvet Brass, e gli Afterhours Rodrigo D’Erasmo e Manuel Agnelli. L’evento dello scorso 15 aprile è stata la riproposizione live di quel lavoro discografico e Diodato si è fatto perciò accompagnare sul palco da tutti i già sopracitati artisti, ai quali si sono piacevolmente aggiunti Daniele Silvestri e Renzo Rubino.

Ha aperto Senza fine e dal primo attacco si è compreso come Diodato abbia una voce fuori dal comune, per intensità, pulizia, potenza. Nell’ora e mezza di spettacolo non una sporcatura, non una nota calante, nulla che arrivasse all’orecchio e creasse disturbo; una perfezione lontana però dall’essere algida, fredda, senz’anima. Non i virtuosismi, inutili, di chi si mette in mostra. Ma la bravura, senza possibilità di contraddizione, di chi sa controllare e sfruttare al meglio il meraviglioso strumento che ha. Senza fine dicevamo, poi Piove in duetto con Daniele Silvestri, a seguire (scaletta identica al disco) Il cielo in un bellissimo swing un po’ jazzato e Non arrossire, perfetta nell’esecuzione solo voce e chitarra. Uno dei momenti più belli del live è stata certamente La voce del silenzio che, così come nel disco, meravigliosamente unisce la voce elegante e corposa di Diodato con quella graffiante e potente di Manuel Agnelli che irrompe nel brano cambiando di colpo tutta l’atmosfera. Il live è proseguito con Ritornerai, Arriverderci (accompagnato da Roy Paci), Canzone per te con Renzo Rubino, Se stasera sono qui cantata in coro con il tanto pubblico presente in sala e ha chiuso la prima parte con Eternità.

Nella seconda parte Diodato ha lasciato spazio e voce ad alcuni dei brani del suo primo lavoro, Ubriaco e Se solo avessi un altro, la bellissima Babilonia e, con di nuovo tutti gli amici sul palco, un versione corale di Amore che vieni, amore che vai (già colonna sonora del film Gli anni felici). Con qualcuno che si alzava, prendeva cappotti e borse, e qualcun altro forse già alla macchina verso casa è poi tornato sul palco, richiamato fuori dai tanti applausi, e con luci accese in sala ha deliziato chi è restato con l’ultimo brano Patologia.

Ricantare i Grandi. Devi essere coraggioso, incosciente e talentuoso per lanciarti in questa avventura, altrimenti combini un disastro. Diodato è un talento puro.

Foto di Federica Agamennoni