ultime notizie

Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Teatro Dal Verme

Vinicio Capossela

Coup de Canon! Concerto a manovella

«101 anni dopo la prima rappresentazione del concerto per intonarumori di Luigi Russolo, avvenuta il 21 aprile 1914 al Teatro Dal Verme di Milano, culminata in una celebre rissa tra passatisti e futuristi, 15 anni dopo l’uscita del pata-disco "Canzoni a manovella" e due giorni prima di un impietoso anniversario di genetliaco, annunciamo il Concerto “CANZONI A MANOVELLA !”, per il 12 dicembre 2015 allo stesso Dal Verme.
Concerto in cui verrà eseguito l’intero album con relativi musicisti e la partecipazione straordinaria dell’Associazione musica meccanica di Franco Severi e dei suoi magnifici strumenti. 
Coup de canon ! Bum ! 
al Dal Verme ! al Dal Verme!»

Con questo comunicato Vinicio Capossela ha annunciato la data milanese del suo fortunatissimo tour «Qu’Art de Siècle», 13 date, 9 in Europa e 4 in Italia, a celebrare i 25 anni di una carriera densa di meraviglia, cominciata nel 1990 e arricchitasi via via di esperienze musicali e artistiche sempre nuove. Fa tappa a Milano, al Dal Verme, il tour, in occasione anche di un altro importante anniversario per la carriera di Vinicio, i 15 anni di uno dei suoi dischi più amati: Canzoni a Manovella «Coup de Canon! Concerto a manovella» è il titolo della serata, sold out già nei dieci giorni precedenti alla data.

L’atmosfera è decisamente frizzante già nel foyer del teatro, dove l’Associazione musica meccanica di Franco Severi dà sfoggio di uno degli strumenti con cui davvero produce le canzoni a manovella. «Il gentile pubblico è invitato a intervenire in abito consono» aveva scritto Vinicio su Facebook, e non sono pochi quelli che hanno seguito l’invito, presentandosi con abiti istrionici e cappelli di ogni sorta, a ricalcare i numerosi cambi di maschere e cappelli che sempre il nostro interpreta sul palcoscenico. La formazione è al gran completo, presenti i musicisti con cui Vinicio ha inciso il disco, ai quali si aggiunge, da anni compagno irrinunciabile, Vincenzo Vasi, il virtuoso del theremin, «l’unico che non c’era all’epoca dei fatti ma che è come se ci fosse sempre stato». La tentazione nostalgica è dietro l’angolo, il rischio di un’autocelebrazione malinconica: questo è esattamente ciò a cui non cede Vinicio, riproponendo sì l’esecuzione integrale dell’album, ma sconvolgendone l’ordine, accompagnando le canzoni con ricordi e letture. Presenta la serata come una «specie di abbuffata del secolo, dove non c’è nulla di personale (tranne l’ultima canzone tiene a precisare, quella è estremamente personale) e l’ingresso è libero per tutti».

E allora venghino signori, venghino tutti, perché «se è circo che vogliono, circo daremo». E la promessa è decisamente mantenuta. Si comincia a spron battuto con Bardamu, il cui tema è riprodotto con l’organo di Barberia: un rullo viene fatto girare e la melodia è incisa bucando la carta. Una delle diavolerie di Franco Severi, che accompagna la serata, e che subito introduce Decervellamento, testo ispirato da Alfred Jarry, padre della patafisica tanto cara alle composizioni di Capossela. La lettura di un passo di «Se questo è un uomo» fa da preludio a Suona Rosamuda, ispirata proprio a un passo di Levi. Le doti di cantastorie di Vinicio, narratore appassionato e appassionante, si manifestano pienamente nel suo introdurre le canzoni, raccontarle, renderle vive come personaggi che si alternano sul palcoscenico, così che i Pianoforti abbandonati di Lubecca pare proprio di vederli davanti agli occhi, di sentirli conversare e suonare, ed è impossibile non assecondare il loro invito a cedere il cuore all’incanto. Soprattutto nel momento, estatico, in cui il theremin di Vasi regala qualche nota di Casta Diva e nel teatro cala un silenzio di immobile commozione.

Ed è così che per due ore abbondanti il nostro Capitano ci porta a «spasso in mezzo al mare senza un messaggio da riportare» ma solo per il gusto di seguirlo in questo naufragio con i suoi marinai imbottigliati, perché sia chiaro a tutti che Canzone a manovella non è canzone di mare ma canzone di bar, e come insegna il caro amico poeta Vincenzo Costantino Chinaski «il bar non ti regala ricordi ma i ricordi ti portano sempre al bar». Il pubblico lo segue, cantando a memoria i testi, cullandosi nella musica rebetika di Smirne che risuona la nostalgia dei Greci, commuovendosi pensando alla rosa che rosa non è, non gialla, non bianca, ma rossa e perfetta nel dolore, invocando quella Signora Luna che in certi momenti della serata sembra davvero essere vicina, seduta forse su una poltrona del teatro, a indicarci la strada…

E così, storia dopo storia, si arriva alla fine, a quando Vinicio vorrebbe «che fosse già finita per risparmiarmi questo pezzo», l’ultimo, il più intimo: Resto qua. Un brano intimamente nostalgico, dedicato a chi e a cosa non c’è più. Il teatro Smeraldo, luogo di culto per quella «strana famiglia di freak che è il mondo dello spettacolo milanese, che è come una bolla e quando si esce si torna a essere dei reietti» e un ricordo affettuoso è dedicato a Renzo Fantini, primo manager e amico del nostro.

Dopo gli applausi e prima di riprendere con un bis di qualche canzone «parente o figlia di Canzoni a manovella», Vinicio agita una bottiglia, la stappa, ci innaffia il pubblico che tanto lo ama prima di berla e bagnarsene la testa, «sopraffatto dalla commozione» come si è detto al termine dell’esecuzione di Canzoni a manovella. Ma la musica si prende ancora tempo, ci prende ancora tutti, nella lotta del Pugile sentimentale che richiama la rissa tra passatisti e futuristi fuori dal Dal Verme nel 1914, riportandoci ancora una volta negli abissi dei mari – e dei bar – con Pryntyl, la sirena che canta in sirenese e non ci sono alberi maestri a cui legarsi per non seguirla. Dagli abissi del mare si è trascinati nel Paradiso dei Calzini, dove ci si ritrova tutti uniti e vicini, per ascoltare un classico intramontabile di Vinicio: All’una e trentacinque circa. Lo spettacolo si chiude sulle note dolci di una lunga versione di Ovunque proteggi, e con l’invito ad abbracciarsi: «Abbracciatevi, è un atto politico abbracciarsi». E mentre Vinicio ringrazia il suo pubblico per l’affetto tenace che gli dimostra, ciascuno di noi ringrazia questo grande Uomo da palcoscenico, che da 25 anni ci tiene sempre un pochino più vicini alla grazia dei nostri cuori.

(Foto di Elena Di Vincenzo)

SETLIST
Bardamù/Polka di Warsava
Decervellamento
Suona Rosamunda 
I pianoforti di Lubecca
I Pagliacci
Marajà
Marcia del Camposanto
Canzone a manovella 
Contratto per Karelias
Solo mia 
Corre il soldato
Signora Luna
Con una Rosa
Nella pioggia 
Resto qua 

BIS
Il pugile sentimentale 
Pryntyl
Il paradiso dei calzini
All'una e trentacinque circa
Ovunque proteggi

 

Share |

0 commenti


Iscriviti al sito o accedi per inserire un commento


In dettaglio

  • Data: 2015-12-12
  • Luogo: Teatro Dal Verme
  • Artista: Vinicio Capossela

Altri articoli di Giulia Romano