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Piazza Castello, Torino

Omaggio a Lucio Dalla

Gli ingredienti per vivere una serata piacevole ci sono tutti: il clima quasi fresco, una bella piazza, il tutto esaurito (cioè 1100 spettatori), un teatro artificiale all'aperto con un'acustica decente. Poi loro, quattro musicisti esperti quali sono Fabrizio Foschini al pianoforte, Raffaele Casarano ai sax, Paolo Fresu al flicorno, tromba, effetti e talvolta percussioni e Gaetano Curreri, leader degli Stadio e motore di questa serata ricordo. Le cito per ultime, ma sono le principali protagoniste, le canzoni di Lucio Dalla. L'esito della serata è di fatto scontato con tutto questo materiale schierato.

Questo è il secondo anno di una rassegna organizzata dal comune di Torino, con spettacoli e concerti di musica “classica” e non, a prezzi popolari (questa sera a dieci e dodici euro). L'anno passato avevamo recensito un concerto omaggio a Lucio Battisti suonato e cantato da una band di musicisti italiani di alto livello. In effetti da anni vanno per la maggiore i concerti tributo per artisti scomparsi o per celebrare dischi a decenni dalla loro uscita. Quest'anno dunque le canzoni di Dalla rivivono grazie ad uno che lo conosce molto bene, cioè Curreri, che per anni lo ha accompagnato sul palco e gli ha fatto da gruppo spalla con gli Stadio. I brani eseguiti sono tredici, non molti quindi. L'organico è essenziale, senza contrabbasso e batteria e in alcuni pezzi la cura dimagrante non giova.

Mentre il tramonto lascia spazio alla sera, entrano i tre strumentisti che introducono il cantante che apre con la suggestiva Il cielo. Segue uno dei simboli di Dalla, 4 marzo '43, che porta qualche abbellimento di flicorno, vocalizzi, con una garbata personalizzazione ma senza uscire troppo dal solco. Anna e Marco si espande e si ritrae nello scat, che verrà riproposto in molti brani, a volte anche troppo. Tra un pezzo e l'altro ci sono racconti e aneddoti, piacevoli chiacchierate che riescono a rimanere tali senza sfociare nella retorica o nella lungaggine, anche se a volte si avvicinano pericolosamente a questi confini perché le lodi allo spirito di Dalla che aleggia sempre, sono numerose e ripetute. Dopo una introduzione concettuale, al testo questa volta, ecco Quale allegria, che penso non abbia bisogno di aggettivi particolari. Curreri dice che in questo progetto musicale hanno deciso di inserire anche qualcosa che contribuisse a incorniciare l'ambiente o il periodo storico e allora ecco una versione de Il pescatore di De André, che tuttavia non è particolarmente azzeccata con questa orchestrazione ed anche il pubblico applaude più che altro per stima. Ma una delle perle della serata viene presentata subito dopo e si tratta di un brano che poteva essere il più difficile da proporre a causa di un’usura pesante che subisce da più di trent'anni, ovvero Caruso. Questa volta invece viene resa eterea grazie ai fiati ricchi di eco, alle note lunghe, ai tempi dilatati delle battute strumentali. Non possiamo dire che segue un classico perché sono tutti dei classici, ma giunge L'anno che verrà. A questo punto Curreri racconta anche un po' la sua storia musicale personale ed interpreta una canzone di successo di circa vent'anni fa, E dimmi che non vuoi morire, indimenticabile brano scritto insieme a Vasco Rossi e “regalato” a Patty Pravo che la portò sul palco di Sanremo nel 1997. Non vinse il festival (per la cronaca lo vinsero i Jalisse….) ma quel brano diede nuova visibilità ad un’interprete che arrivava da un decennio di appannamento profondo. Tornando al concerto omaggio su Dalla, il brano successivo sono, nell’ordine, La settima luna e Futura, con ampie improvvisazioni sia di voce sia strumentali.

L'aspetto che dà ossatura e vita alla canzone è l'interpretazione, ma la voce intesa proprio come emissione sonora ha la sua importanza. Curreri ha un timbro ben noto, che anno dopo anno diviene una carta vetrata, ora come ora è una ‘numero zero’, gli appassionati di bricolage capiranno. La voce a volte pare che sia strozzata in gola o che lotti per non farsi soffocare, altre volte misteriosamente si apre e prende note alte, tenute a lungo. È un marchio di fabbrica, che fa comunque stile (si pensi a Rod Steward) e realismo interpretativo. I brani rispetto agli originali subiscono generalmente sottili cambi di metrica, di accenti, ci sono nuovi stop ma senza esagerare; l'aspetto strumentale per ovvie ragioni diviene invece più libero. Le luci non sono mai invasive, usate con un carattere teatrale, cioè con pochi cambi nel pezzo. Se si hanno presenti le luci delle pop star, anche nostrane, è esattamente l'opposto. La sera dei miracoli, brano a parere di chi scrive molto adatto ad una sera estiva, viene vestito con classe dalle luci. Siamo verso la conclusione e Gaetano ci propone un classico, suo questa volta, ovvero Chiedi chi erano i Beatles, dove i due fiati si scambiano i ruoli da protagonisti ancora una volta. Il pubblico apprezza le scelte, che, per quanto concerne Dalla, a parte Caruso, non superano il 1980; pubblico peraltro molto maturo, perlomeno anagraficamente. Questo pezzo degli Stadio è come segnare un goal a porta vuota circa il gradimento e allora il bis è Piazza grande (clicca qui per il video), eccessivamente  dilatata al punto da sembrare terminata quando invece riprende il finale. L'amplificazione è adatta al pubblico, ovvero non eccessiva e nitida, ma con un mixaggio non sempre ottimale. E dopo un'ora e trentacinque di canzoni, racconti e aneddoti, sempre con cornici strumentali saggiamente d'atmosfera anche se talora un po' leziose, si accendono le luci per l'applauso in piedi, in una sera d'estate. Non sappiamo se questa fosse proprio la ‘sera dei miracoli’, però, ‘fate attenzione’, queste canzoni il segno lo hanno lasciato davvero in più di una generazione.

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In dettaglio

  • Data: 2018-07-05
  • Luogo: Piazza Castello, Torino
  • Artista: Omaggio a Lucio Dalla

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