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Milano, Castello Sforzesco

Fabio Concato

 

Un quadro bello può perdere di fascino se viene imprigionato in una cornice non all’altezza. Ma se un quadro bello viene valorizzato da una cornice superlativa, allora il risultato è qualcosa che niente, le parole non ti saltano fuori manco a piangere. Ecco, il 28 agosto il quadro era Fabio Concato, la cornice era il Castello Sforzesco di Milano. Permettetemi di raccontarvi come è andata.

Un giorno, sul finire di quest’estate rovente, ricevo una telefonata dalla redazione: “Abbiamo un accredito per Concato, è il recupero della data dell’8 luglio rinviata per pioggia. Vuoi andare al concerto?”. Sgrano gli occhi. Quel Concato? Quello che ha fatto la storia della musica italiana? Quello che una siglomane come me non poteva non venerare per la sua voce nei cori di Ufo Robot e Shooting Star, e per aver magistralmente interpretato Procton e Rigel nel monografico dedicato al celeberrimo robottone? “Però mi raccomando… l’articolo deve uscire nel giro di pochi giorni dopo l’evento. Ce la fai?”.
Eh… ce la farei volentieri, ma io sono esattamente in quella situazione che ho appena descritto, quella che le parole non escono manco a piangere… Perché Fabio Concato e i suoi Musici mi hanno spiazzata, come quando hai un’aspettativa, e questa viene superata senza che tu nemmeno te ne accorga.

 

“È colpa mia. Avrei voluto iniziare con Speriamo che piova, ma la situazione mi è sfuggita di mano ancor prima di salire sul palco”, ha esordito Concato quando, dopo aver rotto il ghiaccio con un brano, ha iniziato a dialogare con il pubblico, al quale ha chiesto subito scusa perché, a causa del Covid, non avrebbe potuto camminare in mezzo alla gente, come è solito fare. Ha chiesto scusa anche quando “è andato in palla”, per usare proprio le sue parole, durante un brano, pregando i suoi musici di ripartire da capo.

Vi faccio una domanda - la faccio a voi per farla anche a me stessa - in fondo: chi è Fabio Concato? Ci ho provato, ma appena cercavo di inquadrarlo con un aggettivo, me ne usciva un altro, diverso ma complementare. È un cantante, un musicista, un attore, un mattatore, un padre, un nonno? Quel che è certo è che Fabio è una persona di un’umanità e di un’umiltà spiazzanti. Ma dove lo trovi un artista del suo calibro che chiede dal palco alla figlia come stesse la nipotina? Uno che alla fine di quasi tutti i brani, ripete i nomi dei suoi musici, riconoscendo loro valore, bravura e importanza?
Evito di raccontarvi la scaletta del live, perché è stato un susseguirsi di brani storici e di quelli meno “fortunati” da un punto di vista commerciale ma che sono legati a filo doppio nel suo cuore e in quello di chi lo segue da sempre. Lui ricanta Giulia o Mi manchi con la stessa intensità con cui ripropone Una domenica bestiale e Guido piano, giusto per dirne due che di visibilità invece ne hanno avuta e non poca. In ogni caso parliamo di affreschi che dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, come l’artista milanese sia capace di raccontare i sentimenti con una grazia e un’eleganza unica.

Ecco… alla fine di questo articolo credo di poter tranquillamente affermare che Fabio Concato non è semplicemente un artista. È un’esperienza. Un’esperienza di vita, concedetemi il termine, perché nel momento in cui è salito sul palco ed ha iniziato a cantare, anche chi, come me, non lo vedeva in concerto da molti anni, ha avuto la sensazione di ritrovare un vecchio amico. E questo, è stato impagabile. 
(foto di Valentina Ghezzi)

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In dettaglio

  • Data: 2021-08-28
  • Luogo: Milano, Castello Sforzesco
  • Artista: Fabio Concato

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