Castello Visconteo, Pavia
I tempi in cui viviamo sono talmente bui che certi momenti d'incontro paiono quasi miracolosi. Il caso ha voluto che Franco Battiato sbarcasse a Pavia proprio in una data particolare: l'11 settembre, simbolo dell'oscurità che avvolge il nostro presente, un’oscurità che – è la storia a dimostrarlo – si dirada solo quando la luce della ragione incontra il cuore di un'umanità disperata ma ancora vitale, solo quando sono i concetti più umani (come democrazia, uguaglianza e così via) a prevalere. Ed è per questo, non solo per la stima che grandi artisti come lui si sono guadagnati praticamente solo grazie all'umiltà intellettuale, che il pubblico sembra esplodere alle prime note di Up patriots to arms, brano del 1980 che dà il titolo a questa tournée di sensibilizzazione al futuro. D'altronde, il titolo parla da solo.
Battiato non è mai stato così popular – in tutti i sensi. La lunga scaletta del lungo show (oltre due ore di musica, trenta i brani in setlist, da Autodafé a La Stagione dell’Amore) attraversa tutti i trent'anni di carriera del cantautore siciliano, lasciandosi alle spalle solo uno sparuto numero di hit e tutto il repertorio di chicche bramate dagli aficionados. Ed è sorpresa: si accantona in un colpo solo la leggenda metropolitana del Battiato ascetico, distaccato, troppo celebrale. Una volta tanto, parola e pensiero si amplificano grazie ai giovani (tantissimi), ai beat a volte agée (gli arrangiamenti recuperano quasi filologicamente quelli originali, tranne Un’altra vita, presentata nella Inneres Auge-version) ma infallibili, e da un Maestro sciolto e travolgente nel suo goffo ballicchiare. Da non sottovalutare neanche il wall of sound generato dalla nutrita band (Quartetto Italiano sempre al seguito), tra cui spicca l'adrenalinico chitarrista Davide Ferrario.
La carica è altissima. I patriots non resistono, e nell'ultima parte del concerto si riversano sotto il palco, per ballare e cantare insieme al Maestro raggiante. Un concerto che è di per sé incontro, elaborazione, non solo entertainment: al di là delle parole – a dire il vero le solite che rimbalzano ovunque -, è questa la vera rivoluzione che Battiato perpetua ad ogni concerto. Quella della condivisione. E chissà cos'avranno pensato (blackberry permettendo, certo) certi personaggetti dell'amministrazione locale venuti solo a far vetrina…
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