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Auditorium Parco della Musica (Sala Petrassi), Roma

Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa

In una sala Petrassi stracolma è andato in scena all’Auditorium di Roma lo spettacolo 18.000 giorni. Il pitone, opera teatrale che vede sul palco uno dei migliori attori italiani in circolazione e uno dei migliori cantautori: Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa.

Su testo originale di Andrea Bajani e per la regia di Alfonso Santagata, i due artisti risultano intavolati a chiasmo, nel senso che Battiston monologa spalleggiato da Testa e Testa alterna e incornicia la recitazione con delle canzoni in cui Battiston fa spesso da seconda voce; i brani del cantautore faranno parte dell’album di inediti che uscirà nell’autunno del 2011, intitolato come questo spettacolo.

Di che si parla? Si parla di un uomo di 50 anni (18.000 giorni) che nel tempo della propria esistenza vede cambiare le cose, le sue cose, la sua vita in maniera drastica: aspettative, sogni, traguardi, attimi vissuti vengono mischiati e mutano di pari passo con il mutare della vita sociale. Il pezzo forte dello spettacolo forse è proprio la costruzione metaforica che unisce la vita del protagonista a quella del padre partigiano, per esempio: come il padre visse asserragliato sulle montagne, finto morto in una fossa comune e in condizioni disumane, così il figlio si barrica in casa e si autoesclude dal mondo che l’ha privato del lavoro, un diritto inalienabile di un alienato, e poi degli affetti e della dignità.

Figura emblematica è il pitone, animale che cresce gradualmente fino a prenderti le misure e farti fuori, impersonificato da un collega più giovane e dall’incedere della perdita dei valori ciclici della società.

Battiston sul palco è in mezzo a una miriade di vestiti in disordine, vite vuote, pelle di serpente per accostamento analogico al titolo, intento a incrociare in un delirio nostalgico ricordi affettivi e lavorativi, aneddoti in cui lucidamente riconosce delle occasioni perse e che sono tolti dal tempo e incastonati nelle canzoni di Testa: «Volerti soltanto per me/ sembrava rubare qualcosa» canta il cantautore, e così evidenzia una sottile nostalgia che parla all’anima.

Probabilmente nella poetica di Gianmaria Testa la cosa più riuscita è l’essenzialità, il fatto di saper parlare di argomenti giganteschi con un filo di voce e immagini puntuali e che risultano incredibilmente pregnanti, che risuonano dentro; è così che, nel rapporto tra i due artisti sul palco, il cantautore diventa una specie di contraltare rassicurante e balsamico nella tragedia umana dell’attore, un respiro senza tempo che gli parla del tempo naturale, lo rassicura. O almeno ci prova, ed è già tanto.

[fotografie di Nadia Cadeddu]

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In dettaglio

  • Data: 2011-03-05
  • Luogo: Auditorium Parco della Musica (Sala Petrassi), Roma
  • Artista: Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa

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