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Mirco Menna

Così 'classico' da diventare moderno

  Come si cela nel titolo (i giochi di parole sono sempre stati un suo vezzo) Mirco Menna esce con un nuovo album e ci dice anche quale, il sesto. Non diremo che questo è il lavoro più “maturo”, perché sono ormai parecchi anni che la sua scrittura lascia tracce profonde nel panorama della musica che conta. A cominciare da quel “Nebbia di idee” del 2002 che colpì perché “saporito ed elegante” (non sono parole nostre, ma di Paolo Conte) e confermato tre anni dopo da “Ecco”, un disco bellissimo e, appunto, già maturo, portatore di una poetica e di un modo di raccontare che conquistava per lo spessore dei testi, per gli arrangiamenti e il carisma interpretativo. Arriverà poi un lavoro con la Banda di Avola (…e l’italiano ride, 2010) e prima ancora l'esperienza come frontman nel Parto delle Nuvole Pesanti (dopo l'uscita di Peppe Voltarelli a metà anni Duemila).                                
Prima di “Se Sto Qui” uscito qualche mese fa, troviamo anche “Il senno del Pop” del 2017, ma in questa veloce disamina della sua disco-biografia ne manca uno, il riuscito progetto su Domenico Modugno (oltre ad un paio di importanti lavori teatrali ed un libro). Un disco che è un ‘riconoscimento’ come dice Mirco - e non un omaggio - al padre storico di tutti i cantautori. Un artista che Mirco sente sulla pelle, due che si somigliano aggiungiamo noi e, per quanto possa sembrare irriverente il paragone, l’approccio alla musica per Mirco è lo stesso, senza contare che vederlo cantare i brani del Mimmo nazionale è un brivido che non si dimentica. Tutto nasce da un live registrato a Trieste nel 2014 che diventa disco dal titolo “Io, Domenico e tu” e che poi ritorna ancora live, con un tour che gli ha permesso di calcare palchi importanti e che ancora viene richiesto a distanza di anni (qui un trailer dello spettacolo). Questo perché la dimensione del live è quella dove Mirco Menna esprime il meglio di sé, sia quando canta Modugno sia quando propone brani dei suoi cinque album, quando affronta il pubblico in solo con la sua sei corde o quando è in formazione più allargata, con quegli amici-musicisti con cui condivide il cammino da ormai vent’anni e che anche in questo disco hanno dato il loro contributo a confezionare un nuovo capitolo, il sesto, della sua storia musicale. Un disco che lo rappresenta appieno "SeStoQui (è perchè vi voglio bene)", dove denuncia sociale e sentimenti (mai mielosi) si muovono tra i brani senza urlare, senza slogan preconfezionati, lasciando che sia sempre l’ascoltatore a chiudere il cerchio, a interrogarsi per trovare una risposta, dove mai ce ne fosse una. E se invece risposta non c'è, almeno "la si intuisce", come dice in un suo pezzo. Il tutto condito sempre con quell’ironia che, come dicevamo in apertura, è un po’ il suo marchio di fabbrica. Nelle canzoni come nella sua vita. Brani come Certi pensieri, Ti prometto, In fondo in fondo, Falena, tratti dall’ultimo album (così come Girolimoni, Ecco, Evviva, Portati da un fulmine, presi random dalla sua discografia) sono piccoli gioielli che viaggiano lontano mille miglia dal mainstream imperante. Attenzione però, non sono brani di nicchia, corrono solo su una strada diversa, meno asfaltata. Bisogna solo metterci un po’ più di attenzione, perché nel bosco delle 'novità' è un attimo perdersi. Per fortuna c’è ancora chi è qui a lasciare sulla via, quella maestra, qualche sassolino come nella famosa favola di Perrault…). Una volta trovata l'uscita, però, fermiamoci un attimo. Se il percorso era quello giusto, può sorgere il dubbio che la vera modernità nella musica stia nel ri-innovare quello che è "classico" senza tradirlo. Su questo Mirco ha capito tutto.

 

Prima di farti qualche domanda sul nuovo disco, vorrei toccare con te un argomento di cui si sta parlando molto in questo periodo ovvero la contemporaneità o meno del termine “canzone d’autore”. Il Premio Tenco ha salvaguardato per decenni questo ambito ma a detta di molti, negli ultimi anni, ha sbandato dalla direzione originaria arrivando a dire che la canzone è ormai “senza aggettivi”, mentre di contro altrettanti plaudono al fatto che sono caduti degli steccati che non hanno più ragion d’essere. Tu, da artista che di questo mondo ne sei parte significativa, come vivi questa situazione?
Diciamo che riconosco quando una canzone è ben scritta, ben fatta o ben cantata.

Ok, ma è un po’ troppo poco liquidare il discorso dicendo che una canzone ti piace quando “è ben fatta”, così si apre un mondo di giudizi personalissimi…
Puoi avere una bella voce, per esempio come quella di Tiziano Ferro, e riconosco che un suo brano è ben cantato anche se io non mi riconosco in quella categoria. Salmo, per citare un altro artista lontano dal mio genere, non posso dire che non mi piaccia, anzi, mi piace come scrive seppure sia un mondo che non mi appartiene. Ma sul concetto di canzone “bella o brutta”, lanciata dal Tenco di quest’anno, vorrei prendere le distanze, perché credo che le “categorie” siano un’altra cosa. Faccio un esempio. Siamo due cuochi e tu sei uno bravissimo a preparare i primi mentre io sono specializzato in dolci, ecco, facciamo cose diverse pur facendo lo stesso mestiere.

Però se siamo tutti e due cuochi, chi stabilisce che uno è migliore dell’altro?
Ma no!! Infatti, non è questo il modo di affrontare la cosa. Sto parlando di categorie non di classifiche, solo che si gioca su tavoli diversi. Prendiamo esempio anche dallo sport, che magari diventa ancora più chiaro. Io posso essere un tennista che vince tornei internazionali e tu sei uno che gioca a ping-pong o un calciatore che ha vinto la Coppa dei Campioni, è chiaro che tutti e tre usiamo una palla ma facciamo sport diversi. Siamo tutti “sportivi”, questo sì (così come in parallelo siamo tutti “artisti”) ma è il fatto di mettere tutto dentro la stessa “categoria” che non accetto, perché così ci conformiamo ad una sorta di pensiero unico che ingabbia. Ci siamo un po’ abituati che tutto funziona così, anche fuori dalla musica.

A questo punto la seconda domanda viene da sola: ma in musica come dividi le categorie?
Chiarito che “canzone d’autore” non è un genere, è anche vero che ha delle caratteristiche e tra queste quella che non è semplicemente adolescenziale, intrisa di quella ragazzaggine infinita come sembra essere soltanto la canzone pop, o perlomeno quella che è più o meno dominante. Mi piace pensare che esista un modo di scrivere che possiamo ironicamente chiamare “canzone per adulti”, un concetto bene espresso qualche anno fa da Marco Ongaro e che sposo in pieno, in contrapposizione appunto a quello che dicevo poco fa. Il rischio è che quando esce un nuovo album di un cantautore diciamo ‘storico’, per esempio, sembra che sia relegato solo ad un pubblico di coetanei, che è rimasto sempre quello. Questo porta a pensare che non ci sia stata un’evoluzione dall’interno della canzone d’autore, nella scrittura così come negli arrangiamenti. Io, e quelli che come me che sono legati invece a questo modo di intendere le canzoni, credo che abbiamo il diritto di rivendicare un’evoluzione rispetto ai padri storici, pur nel solco della tradizione.

Il punto è che “canzone d’autore” è una categoria vaga per tradizione, avendo raccolto attorno a sé influenze molteplici…
Certo, ma quel che voglio dire è che una canzone classicamente intesa, paradossalmente ha smesso di avere cittadinanza. Non a caso troviamo artisti che si muovono dentro un linguaggio estetico “classico”, che magari hanno anche evoluto un linguaggio all’interno di quella categoria e non trovano più riferimenti. Probabilmente non è più un linguaggio che risponde agli stilemi che oggi sono in voga, ai suoni. Ma questo non deve considerarsi superato come modello tout court.

 

A proposito di suoni, torniamo al tuo disco e parliamo di arrangiamenti. Di norma ci si affida a qualcuno di esterno o ad un solo musicista di riferimento interno al gruppo utilizzato in studio. Nel tuo caso possiamo parlare di arrangiamenti ‘collettivi’, come li hai definiti tu stesso. Ci spieghi un po’ meglio questa cosa?
Sì, mi piace questo termine “collettivi”, perché è una formula tipicamente cantautorale. Diciamo anche che i musicisti che trovi nel disco sono gli stessi che suonano con me da molti anni, sia in studio che nei live. Oltre che suonare insieme siamo anche amici “fuori” dalla musica, ci frequentiamo fin da quando ho iniziato a fare il cantautore, cioè da circa vent’anni. Questo legame ci ha portato a pensare, se vuoi anche con un po’ di sana autostima, che nessuno poteva mettere le mani su dei pezzi nuovi meglio di noi. Abbiamo una sensibilità comune ed è difficile che io dica esattamente ad ognuno cosa deve fare, posso dare delle indicazioni, ma non porto uno spartito preciso da seguire. Suoniamo, registriamo e risentiamo tutti insieme e si trova il modo migliore per affinare l’arrangiamento. Aggiungo anche che sono un po’ così nella vita e quindi quando porto dei pezzi in studio mi viene normale condividere in questo modo il lavoro.

Hai sempre avuto la capacità di racchiudere in una frase, a volte in poche parole, un concetto, un pensiero preciso. Una capacità di sintesi che ti è propria e che anche in questo album troviamo più volte, come ad esempio in Canzone per Carla (vedi il video), dove dici “…mentre intorno è ringhio e violenza, terremo a mente che fascismo non è roba da museo e nemmeno lo è resistenza”. Un concetto su cui puoi scriverci un libro e tu l’hai racchiuso in una riga.
È un brano dedicato a Carla Nespolo, personaggio straordinario per coerenza e tenacia. Dal 2017 fino al maggio 2020 (quando è venuta a mancare dopo una malattia) è stata la responsabile nazionale e Presidente dell’ANPI, l’Associazione Partigiani d’Italia e, aggiungo, è stata anche la prima donna a ricoprire questo ruolo. Deputata prima e senatrice poi (nel PCI e successivamente nel PDS), è una figura che non ha mai smesso di ricordarci i valori fondanti della nostra Repubblica, lei che ha vissuto in una famiglia partigiana in terra piemontese. Ho avuto la fortuna di conoscerla qualche anno fa e c’era un rapporto di grande stima e affetto reciproco. Dedicarle una canzone è stata una cosa che mi è venuta spontanea ma nello stesso tempo ho fatto fatica a mettere da parte la commozione e trovare parole adeguate. Riguardo poi la frase che dicevi credo che rispecchi uno dei suoi insegnamenti più concreti e che ci interroga tutti. Ora e negli anni a venire.

A proposito di frasi che colpiscono, nel brano Certi pensieri - tra l’altro uno di quelli che personalmente mi piace di più - dici espressamente “… Pino che canta mentre guido e mi commuove”. Presumo sia riferito a Pino Daniele o sbaglio?
Sì, esatto, parlo proprio di lui, anche perché poco prima dico “…eppure lo sai che mi basta una giornata di sole”, che è una voluta citazione proprio di Pino (Basta na jurnata ‘e sole, dall’album Pino Daniele del ’79, ndr). Alla fine è proprio così, poche cose mi fanno stare bene, ad esempio una canzone di Pino mentre guido o quando cammino senza fretta. Daniele è stato uno dei miei preferiti per tutti gli anni Ottanta. È stato, in riferimento alla canzone d’autore, un cantautore puro, e quando scriveva nella lingua in cui pensava ha raggiunto dei picchi lirici notevolissimi.

 

Parlaci invece della cover che hai voluto inserire nel disco, Canzone per te di Sergio Endrigo. Avevi davanti a te una prateria di brani tra cui scegliere, come sei capitato su quello?
Mah, diciamo che non è stata una scelta studiata a tavolino. Nasce un po’ per caso. Un giorno che eravamo in studio, durante una pausa, si diceva che forse in un disco di dieci brani, di cui nove inediti, una cover ci poteva stare. E così ho cominciato a farmi venire in mente dei titoli, delle suggestioni. Tra le prime canzoni che mi giravano in testa c’era questa e non ci ho pensato due volte, abbiamo acceso il microfono e l’abbiamo registrata, così in maniera nuda e cruda, buona la prima. Mi è uscita in maniera naturale e l’abbiamo lasciata così, senza rifarla con l’aggiunta degli altri musicisti. Endrigo è un artista che stimo, aveva un modo di scrivere “classico”, che è ancora piacevole da sentire e che si potrebbe recuperare. Ci sono cose molto italiane che non perderei e che mi sento vicine più di quanto non mi sia vicino il blues, per dire. Anche se poi vai a vedere in certi miei pezzi il blues lo trovi, perché è talmente dentro l’alfabeto comune che quando scrivi scorre sotterraneo come un fiume e a volte emerge. Nello stesso tempo però si sono perse altre vene compositive che avremmo potuto conservare, almeno dal punto di vista della piacevolezza, dello stile, di una tipicità squisitamente italiana. Un certo garbo che nasce con la canzone italiana degli anni Sessanta andrebbe recuperato, una sfumatura che mi piacerebbe far emergere nei miei brani, anche se per molti può essere anacronistico.

 

Canzone per te la dedichi a Gianni Mura, c’è un motivo particolare?
Diciamo che è stata una coincidenza. Quando il disco era pronto e si era deciso di farlo uscire il 21 marzo 2021, ho fatto mente locale e quella data arrivava esattamente un anno dopo la sua scomparsa; aggiungici che ho un libro con una sua dedica a cui sono molto legato e soprattutto era notoria la passione di Gianni Mura verso Endrigo. Mi è sembrata una bella cosa dedicargli quel brano.

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Crediti di “SeStoQui (è perché vi voglio bene)

 

Mirco Menna (voce, chitarra, percussioni)
Maurizio Piancastelli (trombe)
Roberto ‘Red’ Rossi (batteria, percussioni)
Massimo Tagliata (fisarmonica, flauto)
Max Turone (basso)

Ospiti:
Manuel Franco (tammorra #3)
Fabio Galliani (ocarina #3 e #7; Figulino #7)
Carlo Atti (sax tenore #8)
Davide Blandamura (basso #8 e #9)

Registrato, mixato e masterizzato da Gian Luca Gadda
in Red Pill Studio (Bologna)

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DISCOGRAFIA (a fianco di ogni copertina il link a un brano dell’album)

NEBBIA DI IDEE - (Crisler, 2002)
Girolimoni
https://www.youtube.com/watch?v=N5bKfntkWfs

 

 

ECCO - (Storie di Note, 2005)
Ecco
https://www.youtube.com/watch?v=r9Gs3mu8A90

 

 

…E L’ITALIANO RIDE - (Felmay Records, 2010)
Evviva
https://www.youtube.com/watch?v=RaN6JmE0Fdo

 

 

IO, DOMENICO E TU - (Protosound Polyproject, 2014)
‘u pisci spada

https://www.youtube.com/watch?v=k0PSQwg4Hj8

 

 

IL SENNO DEL POP - (Mirco Menna, 2017)
Portati da un fulmine
https://www.youtube.com/watch?v=uX0NMdVm7Lw

 

 

SE STO QUI (è perché vi voglio bene) – (Platonica, 2021)
Certi pensieri

https://www.youtube.com/watch?v=hjX3FxNExQM

 

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