Il progetto C.F.F. ..." />

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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

CFF

Eleganti per vocazione, essenziali per scelta

Arriva dalla Puglia uno dei progetti musicali che più stanno facendo parlare di sé nel mondo della canzone d’autore e dintorni. Si tratta dei CFF, duo semi-acustico femminile formato da Anna Maria Stasi e Anna Surico, a cui si aggiunge il bassista Vanni La Guardia, che pur non esibendosi quasi mai nei live del gruppo è parte integrante nella creazione dei brani. Dopo l’esperienza “CFF e il Nomade Venerabile” arrivano ad asciugare il nome lasciandone però intatto lo spirito iniziale, quello di unire più forme d’arte, seppur la componente musicale rimane protagonista. Maggior spazio al testo ed una nuova voglia di arrivare all’essenza dei contenuti, il tutto su due voci che riescono a dare peso e spessore ad un modo personalissimo di raccontare la quotidianità. Dopo l’Ep “Al Cuore” uscito nel 2014, il nuovo album è atteso per Ottobre 2015.                                               --------------------------------------------------

Il progetto C.F.F. così come lo conosciamo adesso, e cioè come duo femminile, affonda però le sue radici nei primi anni Duemila. Fatto salvo che le esperienze musicali, così come quelle nella vita, servono per crescere, provate a ricordarci un paio di momenti speciali che ricordate con piacere.
Di intensa emozione e altrettanto valore è stata l’esperienza allo Sziget Festival di Budapest nel 2005, per esempio, per l’atmosfera che si respirava, il contesto internazionale e il calore del pubblico (qui a fianco una foto di repertorio del mega palco, ndr). Tuttavia se di solito si pensa che i momenti memorabili per una band siano imprescindibilmente legati al palco, è anche vero che forse in pochi si soffermano a pensare a tutto quello che accade prima e dopo il concerto, che a nostro parere costituisce il vero valore aggiunto di questo mestiere, soprattutto quando non hai alle spalle una produzione che fa le cose per te ma vivi in totale autogestione. Penso alla fatica di caricare e scaricare strumenti e amplificatori, al montaggio, al sound-check, ai chilometri macinati in furgone o in auto, a tutti i dischi ascoltati, alle risate e ai discorsi durante i viaggi. Caldo bruciante. Freddo pungente. Pioggia. Il panino in autogrill, il navigatore che a volte sembra prendersi gioco di te per quanti giri è capace di farti fare, le indicazioni stradali improbabili quando il Tom Tom ancora non esisteva, le attese spesso interminabili e snervanti. Il cibo consumato in fretta che cambia a seconda del posto in cui suoni e che spesso ti rimane sullo stomaco per tutto il concerto, cambiarsi d’abito in furgone, un filo di rimmel in bagno o con uno specchietto di fortuna e il cuore che dopo quindici anni continua sempre a batterti forte in petto prima di cominciare. La stanchezza che penetra nelle ossa dopo il concerto e l’incertezza di non sapere quando e dove andrai a dormire quella sera. Prima c’è tutto da smontare e caricare in auto. L’enorme riconoscenza e le chiacchiere fino a tardi con chi si è fatto chilometri solo per venirti ad ascoltare e vuole conoscerti, l’imbarazzo ogni volta che qualcuno ti chiede un autografo, la bellezza di nuovi e vecchi incontri, la meraviglia di certi paesaggi che ti si aprono davanti e di cui ignoravi l’esistenza, la natura che ti coglie sempre alla sprovvista. Tutto questo rappresenta il nostro unico interminabile momento speciale. Un sogno che ci accompagna da quindici anni e da cui non riusciamo proprio a svegliarci (qui a fianco nella foto con Vanni).

 

Dal 2014 arriva poi la svolta artistica, mettendo al centro una voglia di “essenzialità” compositiva che non deve passare come l’aver semplificato il vostro approccio musicale, ma piuttosto una ricerca di sintesi nelle melodie che diventa stile personale. Provate a spiegarci meglio come ci si siete arrivate?
La nostra ultima produzione discografica come C.F.F. e il Nomade Venerabile, Attraverso, era caratterizzata da un’impronta particolarmente rock, dovuta alla formazione e alle propensioni musicali di quel periodo: due chitarre elettriche particolarmente distorte ed effettate e un basso poderoso che costituivano il canovaccio su cui veniva costruita la trama delle nostre canzoni.
Già allora in verità stavamo pensando ad una soluzione unplugged per proporre live più raccolti quando la situazione lo richiedeva, per esempio nei locali più piccoli e con determinate esigenze acustiche. Da allora il percorso che ci ha portato fin qui si è arricchito di altre e più profonde riflessioni, tanto che in maniera naturale ci ha messi davanti al bivio tra la necessità di continuare a percorrere quella strada più arrabbiata e acida, basata su una notevole potenza sonora e quindi sicuramente di maggiore impatto live, e l’esigenza di rimettere al centro il testo, recuperando un approccio più intimo con chi viene ad ascoltarci, capace di coinvolgere il pubblico non solo con la pancia ma anche col cuore e la testa. Per questo abbiamo deciso di ricominciare dall’inizio, semplicemente da una voce e una chitarra, a cui progressivamente abbiamo aggiunto qualche intervento elettronico, una manciata di percussioni e una Korg Microstation. Intuivamo, forse non del tutto, i rischi insiti in un’operazione di questo tipo, che mira a sottrarre più che ad aggiungere e proprio per questo può apparire impoverita, scarna, eccessivamente semplificata. Tuttavia ci siamo fidati della forza della parola, dell’evocatività dei suoni, delle emozioni generate da un confronto onesto, sincero, senza filtri come quello che cerchiamo di instaurare con chi ci ascolta ogni volta che saliamo su un palco. Il resto è venuto da sé.

 

In solo un anno e mezzo avete già raccolto grandi soddisfazioni in Premi e Concorsi nazionali, con giurie diversificate e diverse per estrazione e gusti. Quali sono i ricordi più significativi e più in generale che opinione avete sulla nuova musica italiana che state ascoltando in questi anni?
La partecipazione a concorsi nazionali così prestigiosi come il Premio De Andrè, Musicultura, il Premio Pierangelo Bertoli, è stata davvero una sorpresa, meravigliosa quanto inaspettata, perché avendo iniziato da poco questa nuova avventura in duo elettroacustico, non credevamo possibile per noi ottenere già importanti riconoscimenti come questi. Non neghiamo una certa tensione iniziale, la paura di non essere all’altezza, di non essere ancora pronte per esperienze simili. Tuttavia, a  posteriori, confrontarci con palchi di questo tipo è stato fondamentale perché ci ha spinto a metterci immediatamente alla prova e a chiederci continuamente se la formula che abbiamo scelto di perseguire fosse convincente non solo per noi, ma anche per gli altri.
Ricordiamo con piacere particolare la vittoria al Premio Pierangelo Bertoli presso il Teatro Carani di Sassuolo (in alto una foto di Anna Maria Stasi, mentre qui sotto una di Anna Surico, entrambe riprese dalla loro esibizione a Sassuolo), sia per il clima disteso e privo di competizione che si respirava tra i partecipanti, sia per l’accoglienza e la grande umanità che ci hanno riservato i familiari del cantautore scomparso, il pubblico, la giuria e la band storica di Pierangelo Bertoli con cui abbiamo avuto l’onore di eseguire una speciale rivisitazione del brano Spunta la luna dal monte. Con altrettanto piacere ricordiamo il Festival Music Week di Vico Equense, che ci ha dato la possibilità di conoscere Andrea Rodini e Max Carola, due professionisti che sono stati per noi fonte di autentico arricchimento, anche umano, nonché i ragazzi dello staff, che sono diventati nostri amici.
Riguardo ai partecipanti a questi concorsi, la sensazione generale è quella di un sostanziale ritorno al cantautorato (lo dimostra anche il successo dei vari Brunori SAS, Mannarino, Vasco Brondi...) e di un notevole abbassamento dell’età degli artisti, forse per l’influenza dei talent televisivi che tendono a privilegiare “prodotti discografici” abbastanza giovani. Tuttavia, tra ciò che passa in questi concorsi e ciò che poi andiamo ad ascoltare in radio, c’è un certo scollamento frutto di un divario più profondo tipicamente italiano tra la musica mainstream e la musica che si suona nei locali, nei circoli Arci e più in generale nei club.
Rispetto alla nuova musica italiana, esiste un panorama molto vasto (per generi) e valido ma che purtroppo ha difficoltà ad emergere, tenendo anche conto che i coraggiosi gestori di locali che propongono musica dal vivo inedita sono sempre meno. Sarebbero tante le band da citare, per tutte menzioniamo Karma in Auge, Pane, Carolina Da Siena, Puntinespansione, Leitmotiv...

 

Parliamo anche degli arrangiamenti dei vostri pezzi. Seppure le atmosfere sono spesso eteree, soffuse, l’uso di un’elettronica minimale riesce a colorare i brani e a renderli coinvolgenti senza schiacciare le parole. Quanto è importante per voi far uscire bene il testo, salvaguardandolo bene dal gorgo musicale che in molte produzioni viene invece soffocato?
Come accennavamo prima, la necessità di veicolare nel miglior modo possibile il testo è stato uno dei motivi che ci ha spinto a intraprendere questa nuova strada. Le atmosfere create in questo progetto elettroacustico cullano bene tutta la parte vocale e testuale per via delle linee soffuse ed eteree come dici, il testo è facile da cogliere anche durante i live .
Molte produzioni italiane, alcune per scelta, altre per sterile emulazione, tendono a riprodurre il cosiddetto missaggio “all’inglese”, relegando l’intellegibilità del testo all’ultimo posto. Se è una scelta formale e sostanziale, funzionale alla veicolazione di un messaggio (ad esempio di un testo volutamente dallo stile futurista o non sense, che utilizza le parole per il loro suono, più che per il loro significato), può essere interessante. Se invece le parole vengono seppellite dalle saturazioni elettriche per distogliere l’attenzione dalla mancanza di idee testuali, allora le cose cambiano.

Nella vostra intensa attività live (ricordiamo le oltre trenta date in tutta Italia tra novembre e metà marzo) avete abituato il pubblico a condividere cose apparentemente lontane tra loro. Oltre alle canzoni di nuova composizione tratte dall’ep “Al cuore” e ad alcune riprese dalla vecchia produzione, avete proposto brani di De André e dei Cure, dei CCCP e dei Depeche Mode. Sulla carta una sfida complicata. Come è andata invece?
Ascoltando i vari pareri del pubblico durante il tour pare che le cover siano piaciute, la sfida non è stata complicatissima, trattandosi di brani che amiamo profondamente. Peraltro, l’orecchio sa catturare la bellezza, anche se non la codifica in un brano immediatamente (ri)conosciuto, e per noi canzoni come Io sto bene dei CCCP, Ho visto Nina volare di De Andrè o Nutshell degli Alice in Chains sono transgenerazionali. Avercene oggi di canzoni come queste! Sono un patrimonio inestimabile e rappresentano le diverse facce del nostro progetto. Come i tagli di un prisma che riflette un unico fascio di luce. Rappresentano le radici musicali su cui si innestano le nostre canzoni e a cui non ci stanchiamo di attingere, e poi riproporre brani come questi è per noi quasi una missione e ha, nel nostro piccolo, un intento dichiaratamente divulgativo e pedagogico. Una doverosa lezione di storia della musica per un pubblico che negli anni è molto cambiato, diventando sempre più distratto e superficiale.

 

Oltre alla musica, sembra di capire che la vostra passione comune sia anche l’Arte in tutte le sue forme, visto che il mondo della danza, del teatro, della poesia interagiscono fortemente nel vostro modo di essere, sia come persone che come essere artiste. Quanto c’è di tutto questo nelle vostre canzoni?
È inevitabile che ciascuno di noi sia il frutto di ciò che ha ascoltato, letto, visto, vissuto. La componente teatro/danza è stata sempre fortemente voluta, sul palco ad interagire con il pubblico ed i musicisti. Tuttavia il teatro non è solo quello che si fa nei luoghi preposti ma accade ogni volta che viene raccontata una storia. Perciò anche l’approccio alla composizione di una linea vocale e alla sua esecuzione è assolutamente teatrale nella misura in cui cerchiamo sempre di porci nella condizione sia di chi racconta, che di chi ascolta, perché la musica e il teatro sono le uniche forme di spettacolo dal vivo. C’è bisogno di una sinergia, di uno scambio, di una reciprocità tra artista e spettatore, per farle essere. Questa sinergia è data proprio dal fatto di essere entrambi presenti nel momento in cui si fa arte (a differenza del cinema o delle arti figurative) hic et nunc, carne e sangue, respiro, battito, l’uno di fronte all’altro, l’uno insieme all’altro. La questione poetica, poi, è del tutto naturale: amiamo scrivere così, ci appartiene profondamente perchè la poesia e la letteratura ci accompagnano e ci aiutano da sempre in ogni momento.

 

Prima dicevamo della full immersion di questi mesi in giro a suonare e a far conoscer “Al cuore”. Cosa faranno adesso Anna Maria Stasi, Anna Surico e Vanni La Guardia nei prossimi mesi? Vi dedicherete alla composizione o avete già materiale nel cassetto e siete già proiettati su un nuovo lavoro in studio?
Pensiamo di pubblicare il nuovo album a Ottobre 2015. Per questo stiamo raccogliendo idee e spunti, sia musicali, che testuali. L’ep “Al cuore” rappresentava una dedica ma anche un moto a luogo, in quanto espressione dell’esigenza di un ritorno all’essenziale per i C.F.F., sia musicale, che esistenziale. È questa la premessa che ci muove rispetto agli attuali lavori di scrittura e composizione del primo vero e proprio album in questa nuova veste. L’intenzione è di continuare nell’operazione di sottrazione, enfatizzando maggiormente la componente acustica, e di raccontare storie, sussurrandole all’orecchio di chi decide di dedicarci tempo e attenzione, di farsi prendere per mano ed attraversarle, in una relazione più autentica e confidenziale, così come è accaduto magicamente nei numerosi e partecipati concerti che hanno preceduto questo lavoro di studio.
Cogliamo l’occasione per ringraziare tutte le testate e i siti web per lo spazio concessoci, per ringraziare tutti i gestori dei locali che hanno ospitato il nostro ultimo tour e tutte le persone che, da anni o da pochi giorni, ci seguono e ci sostengono con un affetto che ci sorprende ed emoziona moltissimo: non ci stancheremo mai di dire che riempiono d’anima e di senso il nostro percorso!
Proveremo a restituire almeno una parte di quanto ci viene magnificamente donato mettendoci al lavoro sul nuovo album, dando il massimo di noi stessi e partendo ancora una volta dalla convinzione che tornare a dedicare tempo ed attenzione all’ascolto, alla lettura, alla riflessione, alla contemplazione non solo non è fuori moda ma, anzi, è l’unica strada per ricostruire un futuro condiviso, fertile, luminoso e responsabile. Veniteci a trovare su nostri spazi multimediali e avrete modo di seguire gradualmente gli sviluppi del futuro album e di tutto ciò che vi ruoterà attorno… Il vecchio hashtag  #‎CFFalcuore lascia il posto al nuovo ‪#‎CFFallavoro. Anche questa è una dedica: per l’appunto, alla dignità di questo straordinario lavoro.

 

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