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Francesco Bommartini

La musica Indie? Un teatro sociale

Riserva indipendente. La musica italiana negli anni zero è il titolo del libro di Francesco Bommartini, giornalista veronese (qui nella foto) che segue il panorama underground italiano da 14 anni. Una pubblicazione che ha il merito di presentare, attraverso il metodo dell’intervista, il sottobosco prolifico di artisti, etichette, boooking agency, uffici stampa e festival. 18 band, la partecipazione di 2 tra i giornalisti musicali più competenti quali Federico Guglielmi ed Enrico De Angelis e la prefazione di Giordano Sangiorgi; fondatore del Mei (Meeting delle etichette indipendenti). Un saggio di facile lettura, arricchito con foto; e dipinto dalle opinioni dei protagonisti di un mondo che è la realtà della musica italiana contemporanea, spesso considerata con troppa superficialità sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori.  

Da dove nasce l'idea di questo libro?
L'idea di scrivere Riserva Indipendente nasce nel 2011, ma comincia a concretizzarsi solo ad aprile 2012. La lavorazione è durata fino a gennaio 2013, quindi circa otto mesi. Si tratta di un periodo di tempo non molto lungo per portare a termine un libro di 240 pagine con 18 interviste lunghe, 30 brevi e approfondimenti dedicati alla situazione della musica indipendente italiana degli anni Zero.

 

Perché hai scelto come titolo "riserva indipendente"?
Perché mi sembra adeguato. La scena musicale indipendente italica è un ambiente che riceve attenzione, ma non a livello del mainstream. Quindi rimane un panorama piuttosto intimo. Da questa considerazione è venuta l'idea di utilizzare "Riserva", che è un termine a cui io do un'accezione romantica e non necessariamente negativa. Anzi, ritengo che gran parte delle peculiarità della cosiddetta musica indipendente sia da ricercarsi proprio nei limiti apparenti che in realtà spesso permettono agli artisti di approfondire il discorso musical-testuale con modalità molto differenti rispetto a quelle proposte dai dinosauri del rock-pop italiano.

 

Da più di un decennio si parla di musica indie, ma cos'è? Quali sono le caratteristiche della musica indipendente?
Dare una definizione di indipendente che metta d'accordo tutti è pressoché impossibile. Preposto questo, è un termine che rimanda alla libertà, sia sotto il profilo della composizione che per quanto concerne altre scelte. A mio parere è innanzitutto un'attitudine mentale, ma senza dubbio esistono dei limiti pratici di cui, nel mio libro, ha parlato Tommaso Colliva dei Calibro 35 (qui nella foto in primo piano). Riporto quello che mi ha detto: "La scena indipendente comprende gruppi che riescono a fare dalle quaranta alle cinquecento, settecento persone a concerto, con biglietti che costano 10, 12, massimo 15 euro”.

 

Dalle interviste contenute nel tuo libro traspaiono volontà divergenti: l'aspirazione di emergere dal circuito underground ma allo stesso momento rimanere fuori dal "sistema". Pensi che le band indipendenti abbiano qualche responsabilità riguardo alla poca diffusione della loro musica?
Argomento spinoso. Irrimediabilmente la reale libertà artistica si può scontrare con le esigenze del music business. Ma è anche vero che il gap tra musica indipendente e quella mainstream si sta riducendo. E questo per una questione pratica: mancano i soldi. A mio parere si può parlare di responsabilità solo se un artista indipendente si lamentasse della propria condizione. Altrimenti parlerei di scelta.
Senza dubbio trovo deleteri i giudizi sommari di certo pubblico indipendente che si scaglia senza se e ma contro Sanremo, ad esempio. È successo recentemente per Marta Sui Tubi (nella foto) che, se possibile, hanno fatto un disco ancor più indipendente dei precedenti, per certi versi. E questo nonostante abbiano partecipato a Sanremo. Allargando orizzonti e pubblico.

 

Nel libro sono presenti anche interventi da parte di giornalisti. Vista la situazione attuale del giornalismo e il cambiamento dei mezzi di diffusione, ha ancora senso pubblicare recensioni di album e concerti?
Penso che questo senso si stia perdendo, specie quello delle recensioni di album. Da quando esiste lo streaming gratuito tutti possono ascoltare tutto, o quasi. Basti pensare a Spotify o all'ascolto selvaggio proposto da molti siti. Per i concerti invece è diverso, credo che i live report siano ancora sensati, nel momento in cui sono scritti bene. E forse è proprio questo il punto.

 

Non pensi che il giornalismo musicale sia un po’ troppo "indie" dal punto di vista della scrittura? Qualcuno potrebbe pensare che la lettura di un articolo/rivista musicale sia appannaggio di laureati in filosofia del linguaggio...
Non totalmente, ma anche a me capita di leggere cose che non capisco dove vogliano andare a parare. Sicuramente descrivere la musica che si ascolta non è semplice. Ma ci sono alcuni critici che lo sanno fare. Due li ho intervistati.

 

Quale degli artisti intervistati ti ha colpito di più?
Forse Pierpaolo Capovilla (qui a fianco nella foto). Ha una lucidità di ragionamento non indifferente. Ma dicendo questo non vorrei fare un torto agli altri. Ad esempio Rico degli Uochi Toki mi ha esposto delle teorie interessanti, ma sono rimasto affascinato pure da Lodo dei Lo Stato Sociale e molti altri.

 

Riusciresti a descrivere con un solo aggettivo ciascuna delle band che hai incluso nel libro?
Difficile. Ma mi piacciono le sfide. Ci provo:
Il Teatro degli Orrori - elettrici, Tre Allegri Ragazzi Morti - efficaci, I Ministri - trascinanti, Dente - sarcastico, Verdena - sintetici, Ca­libro 35 - polizieschi, Perturbazione - sereni, Zen Circus - bonaccioni, A Toys Orchestra – internazionali (qui a fianco una foto di Enzo Moretto), Paolo Benvegnù - gentiluomo, Lo Stato Sociale - energici, Il Pan del Diavolo - fraterni, I Cani - filtrati , Uochi Toki - destabilizzanti, Bud Spencer Blues Explosion - potenti, Lom­broso - vivaci, Sick Tamburo - quadrati, Marco Parente - impegnato

 

Cosa si ricorderà della musica indipendente tra 50 anni?
La differenza di stili unita sotto un unico termine, forse. Questa per me è una scena più sociologica che prettamente musicale. Solo se la si vive la si può capire fino in fondo. E non è sempre facile. Certo, anche per altre si potrebbe dire lo stesso. Ma le scene metal, punk ecc. avevano una comunanza musicale molto più evidente.

 

Se tuo figlio ti dicesse che da grande vorrebbe fare il giornalista come reagiresti?
Il futuro, ahimè, non riesco ad intravederlo. Viviamo momenti difficili. Anche i giornalisti. Non parlo tanto dei direttoroni o di chi sta in alto, bensì dei collaboratori, dei freelance, che devono arrabattarsi e che molto spesso non possono sbarcare il lunario. Sempre più spesso sono costretti a ricercare, pregando tutti gli dei, un lavoro che li faccia sopravvivere.
Ma a quel punto possono mantenere il giornalismo solo come hobby, con una conseguente decrescita della qualità media. Quindi se, ipoteticamente, mio figlio mi paventasse la volontà di intraprendere la strada giornalistica, oggi sarei un po' preoccupato. Ma lo appoggerei. Con lealtà e con tutto quello che potrei dargli. Cioè me stesso e le mie conoscenze.
C'è una frase di Gibran che trovo eccellente: "Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce vive, sono scoccate lontano. L’Arciere vede il bersaglio sulla strada dell’infinito, ed Egli con forza vi tende affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane. Piegatevi nelle mani dell’Arciere con gioia: Poiché come egli ama la freccia che vola, così Egli ama l’equilibrio dell’arco". Anche se poi, tra il dire e il fare c'è davvero di mezzo il mare.

 

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IL LIBRO IN DETTAGLIO

Artista: Francesco Bommartini

Editore: Arcana Edizioni

Pagine: 238

Anno: 2013

Prezzo: 18.50 €

ISBN: 9788862312851


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