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Patrizia Cirulli

Musica e poesia, quando l’unione fa rima con bellezza.

Dopo aver presentato a Milano il nuovo album Fantasia – Le poesie di Eduardo in musica, il nuovo progetto di Patrizia Cirulli ha iniziato a girare l’Italia. Dopo le prime date in Lombardia, in questo inizio di gennaio si riparte dalla Sicilia: quattro le date previste, 10 e 11 al MA di Catania, il 12 a Palermo nella cornice del Teatro Jolly (per la rassegna Nomos Jazz) e infine il 13 gennaio a Caltanissetta, al Teatro Comunale Regina Margherita Caltanissetta (per la 31° Stagione Concertistica Jazz di Musicarte Associazione Culturale). Una terra molto amata da Patrizia (ci piace ricordare anche il suo riuscito duetto con artista molto rappresentativo di questa terra, Mario Venuti, con cui ha duettato sul brano Un altro posto nel mondo, brano inserito nell’album “Sanremo d’Autore” (Egea 2018) che la Cirulli ha dedicato alle canzoni sanremesi che pur non avendo vinto si sono dimostrate perle che durano nel tempo. vedi il video )                            
Abbiamo incontrato l’artista milanese prima della trasferta in terra siciliana, per approfondire meglio come nasce l’idea di musicare le poesie di Eduardo e lo facciamo partendo dalla splendida data di presentazione che si è tenuta ad ottobre allo Spazio Teatro 89 di Milano dove L’Isola era presente. Accompagnata sul palco da Mattia Boschi (violoncello elettrico), Renato Caruso (chitarra classica e acustica), Gaetano Cappitta (percussioni) Patrizia ha trasformato dieci poesie del grande Eduardo in altrettante canzoni di particolare spessore artistico. Una serata che si è mossa su quel sottile filo che lega ‘musica e poesia’ e infatti, oltre a presentare tutte le tracce del nuovo lavoro, ha riproposto alcuni brani del suo album, “Mille baci” (Egea 2016), dove si era già cimentata in questa sfida letteraria, musicando poesie di altri grandi autori, da Catullo a Baudelaire, da D’Annunzio a Quasimodo, passando da Pessoa, Alda Merini, Frida Kahlo, Oscar Wilde e altri ancora. Per suonare qualche brano ha chiamato al suo fianco il chitarrista Simone Pavia, con cui ha poi condiviso anche qualche cover (ottimo l’arrangiamento de La cura). Tornando alla parte dedicata ad Eduardo, comunque centrale rispetto alla serata, si è assistito ad una sorta di transfert della cantautrice nei panni del grande drammaturgo napoletano ed anche l’utilizzo del dialetto, certamente non semplice per una milanese, ha dimostrato di essere credibile, consegnando ai presenti un cantato non banale, non da cartolina, bensì un grande lavoro in cui Patrizia ha studiato e assimilato con grande attenzione e passione. In altre parole, un grande rispetto nel porsi davanti al microfono. Un bel concerto, reso possibile dal particolare stato di grazia dell’interprete e del gruppo che, con grande perizia strumentale, l’ha assecondata sul palco al fine di fare emergere il profondo senso artistico e culturale di questo progetto, che certamente è figlio di un grande coraggio culturale. 

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Il tuo precedente album “Mille baci” proponeva poesie da musicate di svariati poeti con le più diverse estrazioni culturali. Ora, con “Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica” hai voluto focalizzare il tuo percorso artistico scegliendo un unico, grande, autore del ‘900: Eduardo De Filippo. Quale la ragione di questa scelta?
In realtà, già nell'album “Mille baci” era presente una poesia di Eduardo diventata canzone, Quanno parlo cu te, la prima delle sue che ho musicato. Mi sono avvicinata a questa poesia con grande rispetto e timore. Ricordo ancora come rimasi colpita da quel testo e da quel momento mi sono appassionata alle sue poesie, tanto che nei giorni seguenti ho iniziato a musicarne altre. Sono stata rapita da queste atmosfere, dalla magia dei suoi testi e da quello che mi evocavano; nel giro di pochi mesi altre sette, otto, poesie sono diventate canzoni, rimaste però nel cassetto per un bel po' di anni. Non lo avevo fatto per uno scopo preciso, ma solo per un’esigenza interiore a cui ho dato ascolto. Negli anni successivi, pur lavorando su altri progetti, di tanto in tanto mi tornava la voglia di riprenderle in mano ma non sapevo se un giorno sarei mai riuscita a pubblicare un disco interamente dedicato a Eduardo. Alla fine, posso dire che il sogno si è realizzato nel modo migliore possibile.

 

Come ha reagito la famiglia De Filippo di fronte alla tua richiesta di poter utilizzare alcune poesie dell’indimenticato Eduardo?
Il primo a cui ho chiesto autorizzazione è stato il grande Luca De Filippo, figlio di Eduardo. Parliamo sempre di quando dovevo pubblicare Quanno parlo cu te, brano inserito in “Mille baci”, quindi a cavallo tra il 2015 e inizio 2016. Mi sono presentata personalmente dopo un suo spettacolo teatrale e gli ho parlato della poesia musicata chiedendo, come si fa in questi casi, di poterla usare. Successivamente, dopo qualche mese, avevo perso un po' le speranze, pensavo che non avrei ricevuto il permesso per pubblicarla. Inaspettatamente, invece, mi è arrivata una mail da parte di Luca in cui si complimentava per la musica che avevo composto sulla poesia di Eduardo e mi accordava quindi il permesso per la pubblicazione. Non ti nascondo la felicità che ho provato. Avevo affrontato i testi di tanti poeti per quel disco, ma a quella canzone ci tenevo davvero tanto, mi sarebbe dispiaciuto lasciarla fuori. In un secondo momento ho chiesto l'autorizzazione agli altri eredi De Filippo per poter pubblicare l'intero album su Eduardo con le altre nove poesie che avevo musicato. Anche questa volta è arrivato il permesso e la loro approvazione. Sono estremamente riconoscente e grata a Luca De Filippo e agli eredi De Filippo per avermi dato questa straordinaria possibilità.

Che criterio hai usato per la scelta delle poesie che fanno parte dell’album? Hai lavorato anche con altre che alla fine non hanno trovato spazio sull’album?
Dopo varie esperienze (vedi l’album Mille baci…) ho affinato la capacità di percepire quali poesie, a mio giudizio ovviamente, possono essere trasformate in canzoni e quelle che a pelle non mi trasmettono un feeling immediato. Come dire, capisco se un testo “suona” oppure no. Questo al di là del fatto che ogni poesia ha già una sua musicalità, intendo quali testi possono “suonare” in forma canzone.

 

Aggiungiamoci il fatto che la tua caratteristica è anche quella di non toccare una parola del testo originale e questo rende ancora più complessa la ricerca di una melodia adeguata…
È vero, è una scelta che mi sono imposta. Una volta che ho scelto la poesia da musicare, individuo quelle che possono essere delle strofe o eventuali ritornelli per costruire la parte principale della forma canzone. Per alcune mi è venuta in mente l'idea musicale solo leggendo il testo, praticamente già le cantavo. In questo senso ho un ricordo bellissimo e preciso, per esempio, quando lessi ‘Aprile’ di D’Annunzio, ‘E più facile ancora’ di Alda Merini o ancora la struggente lettera scritta da Frida Kahlo al marito Diego Rivera (qui sopra una foto di Patrizia in visita alla mostra dedicata alla grande pittrice messicana). Il criterio di scelta è stato quindi quello che utilizzo sempre, scelgo i testi che mi emozionano o che attirano il mio interesse per vari motivi e poi mi metto ‘in ascolto’, mettendo in musica ciò che quel testo mi sta trasmettendo.

In generale, la parte musicale del tuo lavoro sulle poesie è molto ricca di sfumature sonore che ben si integrano con i testi scelti. Parlando nello specifico di questo nuovo disco su De Filippo, vuoi parlarci delle scelte musicali fatte e delle caratteristiche dei musicisti che ti hanno accompagnata in questo percorso?
Come dicevo mi avvicino sempre con molto rispetto e attenzione ai testi dei poeti che ho avuto modo di musicare, cerco di percepire la musica che esce da quelle parole coniugandola con il mio sentire. Mi sono resa conto strada facendo che tutte le poesie di Eduardo a cui stavo lavorando avevano preso una strada musicale che andava a toccare vari confini, dalle atmosfere che ricordavano la musica da camera alla canzone d'autore, con un sapore generale che mi portava alla tradizione napoletana più nobile, a qualcosa di ‘antico’ che sentivo fortemente attuale. Questo era quello che mi frullava in testa mentre componevo la struttura base delle canzoni. Poi ovviamente riuscire a portare questo afflato nelle registrazioni non è stato facile. Ho registrato questo disco ad Alghero -parlavi del mio amore per la Sicilia, ma è forte anche il mio legame con la Sardegna, due isole meravigliose… - e ho avuto la fortuna e il privilegio di poter lavorare con grandi musicisti, a cominciare da Marcello Peghin a cui ho parlato di questa idea e ho trovato subito un’intesa emotiva molto forte, tanto che gli ho affidato la direzione musicale del disco. Marcello è un chitarrista d'eccezione, oltre alla direzione musicale del lavoro, ha suonato chitarra classica 10 corde, chitarra baritono, chitarra basso e viola caipira, ma più in generale vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutto il gruppo di lavoro che si è mosso intorno a Peghin, come Maria Vicentini, una presenza preziosa all'interno del disco, dove ha suonato magistralmente violino, viola, bandolim, oppure Mauro Palmas, straordinario e talentuoso musicista che ha impreziosito i brani suonando liuto cantabile, mandoloncello, mandola. Altro musicista di spessore è Salvatore Maltana che ha suonato il contrabbasso, mentre le percussioni sono state affidate a Paolo Zuddas, ad eccezione del brano A...B...C...D... dove sono suonate da Salvatore Corazza. Sul fronte del “cantato”, ci sono poi due duetti a cui tengo molto. Nel brano Io vulesse truvà pace canto in duetto con la straordinaria Fausta Vetere (voce inconfondibile dell’inossidabile Nuova Compagnia di Canto Popolare), mentre nel brano L'ammore ched'è?, la mia voce si fonde magicamente con quella di Dario Sansone, voce e frontman dei Foja, da molti anni gruppo di punta della nuova scena napoletana. Come dire, tradizione e innovazione insieme nello stesso disco…

 

Tu possiedi la capacità di cantare di tutto riuscendo a fare “tue” le canzoni di autori più disparati. Quale è stato il tuo atteggiamento interpretativo per costruire questo album?
Qui torno un po' al discorso che facevo prima sulla ‘verità’ dell’approccio ad un testo, ovvero, cerco di andare all'essenza e di avvicinarmi il più possibile all'autenticità. Non mi piacciono i fronzoli e cerco di togliere il superfluo. Per questo album ho quindi seguito questo mio modo di procedere. Poi alla fine mi lascio guidare dalla musica e mi metto al servizio del significato e del suono dei testi. Mi sono poi confrontata con persone di Napoli che mi hanno guidato nella pronuncia e introdotto in una bellissima atmosfera partenopea, non tanto cercando una pronuncia esatta legata all’attualità, ma piuttosto cercando di rispettare il più possibile il “dialetto” che ha usato Eduardo quanto scrisse quelle poesie. Parliamo degli anni Venti e Trenta del secolo scorso, per cui certi passaggi, certe sfumature magari oggi non si usano più, per cui il mio tentativo è stato quello di non tradire “quel” mondo di ottanta, cento anni fa.

Devo riscontrare, con grande piacere, che “il prodotto album” si presenta in maniera eccellente (se penso alla povertà di alcuni packages di artisti blasonati…) con un libretto che contiene i testi in napoletano ed italiano corredati da immagini di dipinti (di Beppe Stasi) ed una introduzione di Pasquale Scialò (studioso della cultura napoletana). Quali le ragioni di un lavoro così accurato immaginando il suo costo?
Si, devo dire che il libretto e la confezione del disco sono realizzati con grande cura e attenzione e questo merito è dell'editore che lo ha pubblicato, Squilibri Editore, che pubblica sempre lavori di qualità e spessore. Le ragioni credo che si debbano ricercare nella voglia di riscoprire e valorizzare creazioni musicali che nascono da motivazioni artistiche e culturali e dalla voglia di operare cercando di inseguire un ideale di bellezza. I dipinti a cura di Beppe Stasi ne sono un esempio. L'introduzione di Pasquale Scialò mi onora, sono estremamente grata per le sue parole.

Considerando la grandezza della cultura/canzone napoletana di fine ottocento/primi del novecento di cui la famiglia De Filippo è stata grande continuatrice, che cosa vorresti che fosse principalmente recepito da chi ascolterà, in “Fantasia”, il tuo approccio a questa grande cultura?
Musicare Eduardo è stata una grande sorpresa anche per me. Mi sono fortemente appassionata alle sue poesie e da lì è nato tutto, aggiungendo che in molti non sanno che Eduardo scriveva anche poesie. Il mio contributo è di tipo musicale, avendo composto tutte le musiche e mi onora aver avuto la possibilità di farlo. Mi farà quindi piacere far conoscere queste poesie a chi ancora non le conosce e proporre l'ascolto della forma musicata a chi, invece, già le conosce. In rimando alla grande cultura/canzone napoletana a cui fai riferimento, posso solo inchinarmi e augurarmi che vengano recepiti principalmente il rispetto e la passione che hanno generato e avvolto questo lavoro musicale.

Che cosa ti aspetti da prossimi concerti dal punto di vista del riscontro del pubblico e quale sarà l’atteggiamento musicale con il quale tu è il gruppo che ti assiste vi proporrete dal vivo?
La formazione con cui presenterò questo lavoro al momento prevede chitarra, violoncello elettrico e percussioni. Sarò felice di poter presentare il disco ovunque sarà possibile e mi piacerebbe poterlo portare nel caso anche all'estero. Il progetto è interamente cantato in napoletano, una lingua straordinaria e molto musicale. Il problema di non poter magari capire immediatamente il significato dei testi per i non napoletani, può essere superato dal linguaggio musicale che arriva prima della parola e dalla voglia di approfondire la conoscenza di poesie scritte da uno dei più importanti autori teatrali del Novecento.

Nuovo anno e nuovo inizio del tour di “Fantasia. Le poesie di Eduardo in musica”. Si parte dalla Sicilia…

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