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Quintorigo

Nasce il nuovo progetto su Jimi Hendrix

I Quintorigo stanno per tornare con un nuovo, strepitoso album, interamente dedicato a Jimi Hendrix. Una rielaborazione che l’ensemble aveva già affrontato in questi anni, seppur “in pillole”, e che veniva proposta dal vivo sempre con grande presa verso il pubblico. Oggi ecco un'operazione più corposa, una sfida affascinante: smontare e ricostruire con lo “stile Quintorigo” i brani più famosi del mancino di Seattle. L’Isola ha incontrato il gruppo alla vigilia della 2ª edizione di "Parabiago d'Autore", dove i Quintorigo saranno ospiti sabato 16 giugno.

Dopo l'omaggio a Charles Mingus avete realizzato “Quintorigo Experience”, un sentito tributo a Jimi Hendrix, del quale in passato si ricorda la vostra rilettura di Purple Haze. Da cosa nasce l’esigenza di dedicare ora un intero cd a questo genio della chitarra?

Ci sono una serie di ragioni. Innanzitutto siamo convinti che Hendrix sia un artista imprescindibile, oggi più che mai. Ha rivoluzionato lo stile chitarristico, ha contaminato le radici della musica afroamericana (il blues in particolare) con espressioni più moderne, ha realizzato la colonna sonora di un’epoca, a livello globale, dall’America all’Europa. E poi, a noi è sempre piaciuto tanto: lo dimostra la cover che hai citato tu, uno dei primi brani che abbiamo iniziato a suonare e che probabilmente non abbandoneremo mai.

 

Torniamo per un attimo a Mingus, perché in questo disco - tra i vari vocalist presenti - figura anche il figlio Eric. Come è nata questa collaborazione?

In teoria questo lavoro discografico dovrebbe coprire lo stesso segmento di “Quintorigo play Mingus”. Abbiamo quindi cercato un link fra questi due colossi. Hendrix conosceva e apprezzava la musica di Mingus, così come il jazz in generale. C’è dunque una prossimità artistica. Ma non solo: il figlio di Charlie, quello cui fu affibbiato il nome di Eric Dolphy, il figlio prediletto che ha continuato la professione del padre, è un grandissimo cantante di blues. Era un’occasione imperdibile: lo abbiamo contattato e gli abbiamo mandato la nostra monografia sul padre, che ha apprezzato tantissimo. È stato entusiasta di collaborare al nuovo lavoro su Hendrix.

 

A dimostrazione di una certa continuità tra i due progetti, per “Quintorigo Experience” avete ritrovato anche Maria Pia de Vito, già con voi dal vivo in molte date del tributo a Mingus…

Maria Pia de Vito è una donna eccezionale e una professionista unica, con un cuore grande: ci ha regalato un cameo (Angel, una delle più belle ballad mai scritte) nel segno di un’amicizia e collaborazione che non avrà mai fine. La ringraziamo per questo.

 

Una new entry importante è quella di Moris Pradella.

Nel disco ci sono almeno quattro vocalist diversi, per scelta nostra, per dare spazio a più interpreti, per conferire una molteplicità di colori all’opera. È una scelta coerente con la nostra politica interna: la band è da tempo costituita da noi quattro, che ci avvaliamo di cantanti diversi a seconda dei progetti. Dal vivo ovviamente dobbiamo operare una scelta, e sarà proprio la bellissima voce di questo giovane cantante mantovano a interpretare Quintorigo Experience.

 

L’English Garden Tour è stato un successo. Noi abbiamo avuto modo di ascoltarvi un anno fa a Pescara, in occasione del festival “Estatica”: eravate alla vigilia della partenza per l'Inghilterra. Cosa ricordate di quei momenti?

L’English Garden Tour, durato circa un anno, non è stato povero di soddisfazioni, soprattutto a livello artistico: abbiamo raggiunto un forte livello di impatto sonoro, abbiamo fatto i rockettari, insomma, con suoni potenti e distorti, offrendo una performance emotivamente molto carica. Le nostre due puntate all’estero (Londra e Parigi) sono state un’esperienza interessante e divertente: il pubblico si è dimostrato curioso e soddisfatto, anche se si trattava di concerti occasionali, non supportati a livello discografico e promozionale. È stato un primo importante approccio con l’estero, ma il cammino per la conquista dell’Inghilterra e della Francia è duro (come sosteneva anche Hitler…). Dovremmo trovare i canali giusti per una distribuzione discografica e poi tornare per un tour più nutrito. Chissà, forse Hendrix potrebbe portarci fortuna in questo senso.

 

Avevate già inciso una versione di Goodbye Pork Pie Hat di Mingus nel vostro cd del 2006 'Il cannone'. Si può dire che l'idea del progetto 'Quintorigo play Mingus' sia partita da lì? Ed è successo lo stesso per il disco su Hendrix?

Sì, può essere. In questo senso, a volte, l’amore per un brano può essere la scintilla per la progettazione di un intero album. Dobbiamo dire, ad onor del vero, che la musica di Hendrix è bella nella sua interezza, non c’è una pagina priva di interesse o ripetitiva. Jimi, insomma, è un autore fatto apposta per essere studiato e rielaborato.

 

Siete stati in passato al Festival di Sanremo. Domanda classica: ci tornereste?

Perché no! (ridono) Tutto sommato abbiamo un bel ricordo del festivalone. E forse gli dovremmo un po’ di riconoscenza. Certo è che non possiamo tornarci finché il meccanismo non si sarà un po’ svecchiato, finché non verranno accolte proposte realmente innovative e non verrà rispecchiata la molteplicità delle realtà musicali italiane. In mezzo ai fuoriusciti dei talent show non ci stiamo…

 

Al giorno d’oggi, Internet è da considerare come una risorsa o come una minaccia per i musicisti?

Internet è senza dubbio una risorsa. Il nostro lavoro non sarebbe più concepibile senza la Rete. È la più grande invenzione del secolo scorso, ha consentito lo scambio in tempo reale di informazioni su scala globale: come si potrebbe criticarlo? Certo, come effetti collaterali Internet ha comportato il tracollo del mercato discografico (e cinematografico), ma tutto sommato non è poi questa gran perdita in raffronto al guadagno.

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