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Luca Bonaffini

Nuovamente sulla strada, con Pierangelo nel cuore

Luca Bonaffini è un artista mantovano che da molti anni attraversa il mondo musicale italiano. Schivo, educato, faccia da bravo ragazzo quella di Luca, ma quando scrive sa essere anche tagliente e profondo. Molte le collaborazioni avute in questi anni e tra queste certamente merita un ricordo particolare quella con Pierangelo Bertoli.
E l’occasione ci viene data dall’uscita qualche mese fa di due progetti paralleli che Bonaffini dedica al suo rapporto con il cantautore di Modena: un libro (La notte in cui spuntò la luna dal monte) e un disco (Sette volte Bertoli). Lo abbiamo incontrato mentre è impegnato (un work in progress) con il suo nuovo tour acustico che lo vede in giro per l’Italia insieme a Marco Dieci, pianista e collaboratore storico di Pierangelo Bertoli. Un’occasione unica per riascoltare dalla viva voce di due protagonisti  un repertorio che non può e non deve essere dimenticato.
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Nella tua lunga carriera di autore e cantautore, un passaggio importante riveste l’incontro con Pierangelo Bertoli. Come nasce questa collaborazione e quali sono le caratteristiche che più lo hanno colpito di te (qui sotto una foto di Luca giovanissimo), della tua scrittura, tanto da condividere insieme esperienze di studio e nei concerti?
Sicuramente la parte musicale. Nei testi, diceva soprattutto i primi tempi, che ero un po' immaturo. Del resto a vent'anni, nel 1983, eravamo tutti figli di un decennio molto intenso. Poi, cominciando a scavare nel mio scrivere, si è appassionato della forma e della mia (diceva lui) penna raffinata. Sicuramente l'ariete che mi ha permesso di sfondare la porta Bertoli è stata la mia inclinazione naturale a comporre melodie popolari. Cose che, al di là della sperimentazione, ho sempre molto amato mettere su spartito.

Prima di parlare dell’attualità, facciamo un passo indietro, torniamo al 1988, anno del tuo esordio con l’album Astrologia. Un debutto decisamente in sordina e bisognerà aspettare cinque anni per avere tra le mani un lavoro più interessante, B.L.E.Z., scritto insieme ad Ermanno Zanfi (dove il titolo è l’acronimo delle vostre iniziali, giusto?); siamo nel 1993 e segnerà la tua collaborazione con la Sugar di Caterina Caselli. Un album più maturo che nasce da molti anni passati con Pierangelo, sia in studio che live. Come ricordi quei momenti?
Confusi ma felici, come direbbe la Consoli. Io ero ragazzo e sognatore, con tutta l'ignoranza tipica dei giovani intellettuali della nostra generazione. Adoravo i grandi cantautori, l'odore del vinile e le radio “libere” che (ancora) ti facevano ascoltare nuovi artisti. Poi, sopra tutto, sfogliavo le riviste di musica leggera per conoscere le novità.
Insomma, nel 1988 il mercato discografico stava cambiando, mentre io ero ingenuamente fermo a dieci anni prima. In Astrologia si capta la fragile fretta, la compulsione un po' fredda di chi ha ancora tanto da studiare. Alla ricerca di un identità, in quegli anni Pierangelo aveva preso una parte di me. La meno “Tenchiana”, direi. La più melodica e poetica, nel senso popolare, cercando di trasmettermi una logica compositiva meno Claudio Lolli, mio idolo adolescenziale, e un po' più Dylan. All'inizio è stata dura, poi dopo Oracoli (1990), album storico di Bertoli (che conteneva tutti i brani co- firmati Bertoli e Bonaffini, tra cui Chiama piano, cantata in duetto da Bertoli con Fabio Concato), ho iniziato a pensare un po' come Pierangelo. Immaginando cioè che una canzone deve arrivare al cuore della gente, che deve poterla – anche – cantare. Sintetizzando il concetto, ho voluto abituarmi a far sì che una canzone non diventi e non rimanga solo una gratificazione personale, ego-centrica. Infine, nel 1993, il miracolo:  Bertoli che produce un mio disco. Tardi rispetto al Bonaffini trasognante, rimasto al tempo del 33 giri. Presto, però, per entrare nella logica nuova dell'allora cd. Insomma, mai puntuale....

 

Scorrendo velocemente la tua discografia dal 1993 in poi, troviamo altri album, nuove collaborazioni, ma nello stesso tempo una costante che possiamo notare è che i tuoi interessi si sono orientati anche su altre direzioni, per esempio la regia teatrale. Ci racconti qualcosa della tua passione per il teatro e del teatro-canzone in particolare?
Credo che la definizione di regista teatrale sia grande e grossa, rispetto al vestitino che io sono in grado di cucire intorno ad uno spettacolo. Amo scrivere, è vero. E vedere realizzato ciò che scrivo. Che si tratti di musica, di teatro, di letteratura, di altro che sia, mi piace sapere che non resta in un cassetto. Anche se si pecca di umiltà, è lecito provare e magari sbagliare. Della mia produzione teatrale (che si rifà comunque al genere “teatro-canzone”) sono molto affezionato a tre opere: ‘Nessuno è scomparso’, ‘D(i)ario Gay’ (scritto insieme a Enrico Ruggeri, straordinario autore) e poi ‘Happy Birthday Frank’, pronto a giugno 2015. Amo anche le altre, è ovvio, ma prediligo quelle non interpretate da me. È facile dirigersi da soli. Guidare gli altri è più difficile, ma meraviglioso. E nel caso di Visentini (Nessuno è scomparso, 2010), di Dario Francesco Maria Gay (D(i)ario Gay, 2012) e del nuovo show scritto e diretto in occasione del centenario della nascita di Sinatra, interpretato dalla mia cantante Gio Canevese, ho tratto il massimo della soddisfazione.

Arriviamo adesso alla tua ultima fatica, anzi usiamo pure il plurale visto che si tratta di un disco (‘Sette volte Bertoli’) e di un libro (La notte in cui spunto la luna dal monte). L’argomento è Pierangelo Bertoli. Ci racconti come nascono questi due progetti, iniziando magari dal disco?
Nasce dal quotidiano. Sette canzoni, una al giorno, come una terapia. Non volevo riproporre l'ennesimo tributo/omaggio a un grande. Dio, me ne guardi.... Volevo solo ricordare a me stesso e a chi lo ha conosciuto, la sua grandezza. Ho disintegrato tutti i dubbi che avevo grazie ad alcuni amici come Mario Bonanno, Alberto Bertoli e colleghi che mi hanno spinto a provarci. Si, perchè cantare Bertoli è davvero difficile. Non è un remake cinematografico, è un documentario in divenire che non devi mai smettere di proporre alla gente. La gente, quella vera. Non quella che c'era – o non solo - , ma quella che c'è ancora....Il libro invece è stato più facile. Essere testimoni della creazione di un brano di grande successo è davvero un'esperienza unica. E allora ho raccontato la mia. Quando Bertoli decise di andare a Sanremo con quel brano che, sotto i miei occhi e le mie orecchie, nacque in una notte. O almeno, prese prima forma, passando attraverso altri consigli e rimaneggiamenti come il mio e quello di colleghi-amici.

A distanza di qualche anno dalla sua morte, proviamo a fare un sintetico bilancio dell’eredità di Pierangelo Bertoli. Quale impatto credi abbia avuto sugli artisti ma anche e soprattutto sul pubblico?
Se non fosse stato per Fiorello, oppure per la versione di A muso duro di ‘Italia Loves Emilia’ o ancora per la personale versione di Eppure soffia di Carboni (qui in una foto con Alberto, figlio di Pierangelo), e di poche, pochissime  altre situazioni, sarebbe rimasto impigliato nella storia del passato. I fan club hanno lavorato bene, molti artisti cantano qualche sua cover nei concerti, ma senza i grandi media si può fare poco.
Oggi in pochi conoscono il Bertoli che ha dato tutto e si è consumato dietro parole e concerti, per gridare la rabbia e l'amore della gente. Alberto, il figlio, sta facendo tantissimo per far si che suo padre non venga dimenticato. Ma una cosa è certa: quando sul palco io canto Eppure Soffia o Per dirti t’amo la gente è lì. Dove Pierangelo è passato o dove deve ancora passare. Ricordo con piacere un’intervista-spettacolo che ho fatto in Svizzera sulla Rete Radio, nel loro bellissimo auditorium. Con Gianluca Verga, storico conduttore della Radio Tv Svizzera (qui nella foto), abbiamo ripercorso un po’ di carriera di Bertoli (clicca qui per vedere la serata:  http://www.rsi.ch/rete-uno/speciali/Showcase-e-incontri-pubblici/Luca-Bonaffini-3034090.html Questa, così come tutte le altre volte che ripropongo uno spettacolo su questo straordinario personaggio, mi fanno capire quanto sia stato amato il suo repertorio.

Chiudiamo parlando un po’ del tuo futuro prossimo, molto prossimo, visto che insieme a Marco Dieci, storico pianista (nonché co-autore con Pierangelo di molte sue straordinarie canzoni) avete preparato uno spettacolo molto suggestivo che vi vede fianco a fianco riproporre alcune perle del repertorio di Bertoli, sia in dialetto che in italiano. All’artista Bonaffini invece cosa frulla in testa, quale sogno latente prenderà vita prossimamente, sarà musicale con inediti, produttivo verso nuovi artisti, teatrale o….?
Non lo so. Per il momento, insieme a Marco Dieci, abbiamo scritto una canzone che da il nome al tour, ovvero Nuovamente sulla strada. Ci siamo in tanti su questa strada ed è il momento di spingere. Quindi, il Bonaffini artista al momento spinge la macchina in salita. Ma finché c'è salita, c'è speranza. E poi, lo sappiamo tutti, quasi sempre dopo una lunga salita ci attende un panorama impagabile. In questo caso, per me, di bellissimo c'è anche il viaggio...

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