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Egokid

Ragione e smarrimento

La ricerca di una nuova prospettiva etica e di senso, unita a un gusto musicale eclettico e all'attenzione al prodotto musicale: questi gli ingredienti che stanno premiando gli EgoKid, band milanese premiata anche dal successo radiofonico. Abbiamo incontrato Diego Palazzo, chitarrista della formazione, per parlare del loro ultimo LP, Ecce Homo.

Partirei dalla parte opposta. Vasco in una recente intervista ha detto: “se la verità è tale solo fino a prova contraria, ne consegue che la vita è un caso, non un dono”. È da questo presupposto che partite nel ricostruire il vostro Umanesimo musicale, o un’affermazione del genere è proprio la conferma del degrado della “civiltà contemporanea” che questo disco vuole affrontare?

Che la vita sia un caso, un inesorabile andare alla deriva, non è una conferma del degrado in cui versiamo oggigiorno. Lo è invece il fatto che ci si convinca che avere successo, metter su una famiglia tradizionale, condurre una vita sana ed equilibrata, credere in qualche divinità trascendente o in una ricompensa ultraterrena, siano tutti “valori utili” ad arginare quel sano senso di smarrimento davanti alle cose, cui solo, almeno così crediamo noi, la ragione e la consapevolezza dei propri limiti possono dare una misura.

 

In Credo, un po’ il manifesto del Kid-pensiero, la somma maggiore delle singole parti: il palese riferimento ai Beatles, l’atmosfera “da oratorio” delle strofe… in un certo senso non vi manca certo il gusto per la desacrazione (e dissacrazione)…

Più che il gusto alla desacrazione, la nostra è una vera missione. Cerchiamo di adempiere a un compito, che preferiremmo venisse portato avanti dalle istituzioni, e lo facciamo con i mezzi a nostra disposizione, ovvero quelli della musica, nella fattispecie del pop: un linguaggio leggero e ironico per parlare di cose importanti, all'ordine del giorno in questo paese. Credo, insomma, nasce proprio da un sincero moto di sdegno, non tanto verso la Chiesa e le sette politiche annesse, che del resto fanno il loro lavoro con coerenza luciferina. Ci rivolgiamo piuttosto a quella fetta di popolazione, più o meno illuminata, più o meno colta e partecipe al dibattito sul laicismo, che ancora oggi preferisce genuflettersi davanti al “mistero” della fede, piuttosto che assumersi la responsabilità di una posizione cristallina.

 

È interessante vedere che usate storie personali per parlare di temi socio-politici più vasti – mi viene in mente Con stile, o Una vita. Si può fare filosofia in musica? Che idea vi siete fatti dell’umanità alla fine di questo disco?

In musica si può fare tutto. Ma noi non siamo filosofi, siamo prima di tutto musicisti, autori che per forza di cose non possono che attingere alla sfera personale, cercando poi di comunicare questi stati d'animo, queste esperienze al pubblico, attraverso un linguaggio e un immaginario non per forza comune a tutti, ma abbastanza potente da poter attrarre soprattuto chi non conosce o deliberatamente ignora certi aspetti dell'esistenza. Oggigiorno la tendenza è quella di individuare un pubblico e far leva sul gusto di quello, per parlarsi addosso. Il pericolo è sempre quello del settarismo. A noi piace invece l'idea di poter “arrivare” potenzialmente anche a chi la pensa in modo diverso da noi, senza snaturare il messaggio. Per rispondere infine alla tua ultima domanda, l'idea dell'umanità che ci siamo fatti alla fine di questo disco, è che questa, e non il divino, sia davvero quel mistero affascinante su cui non bisognerebbe mai smettere di interrogarsi.

 

I Beatles, Faust’O, i Blur, la grande canzone italiana degli anni 60 e 70… a parte il gioco dell’individuazione delle influenze, da cosa vi sentite influenzati, anche non musicalmente?

Abbiamo ascoltiamo e ascoltiamo tutt'ora moltissima musica, ma per scrivere canzoni è meglio mantenersi alla larga dai modelli, tanto è inevitabile che questi riemergano nella scrittura, perché sono parte della nostra educazione artistica e perché la musica pop non è altro che il riciclo di elementi, schemi e sequenze già presenti nella tradizione. Nemmeno i Beatles hanno inventato nulla. Hanno solo riassemblato in modo diverso ciò che recepivano dal passato. Per quanto ci riguarda, cerchiamo semplicemente di mantenerci aperti, in ascolto come si suol dire, curiosi di tutto. E questa attitudine vale tanto per la musica, che per la vita stessa, una fonte ben più grande di ispirazione.

 

Cosa c’è dietro Come un eroe della Marvel? Nerdismo o poesia?

Poesia.

 

Siete un esempio di impegno da una parte all’altra del “fronte” – quella del fare musica e quello del fare critica musicale: questo vi facilita, vi stimola o vi complica la vita?

Passare da un lato all'altro della barricata, scambiare i ruoli non ci fa né caldo né freddo Anzi ci diverte. Magari, ecco, crea più imbarazzo a chi deve scrivere di noi, sapendo che poi gli faremo le pulci... ahahah.

Avete fatto un album dal concept di fondo piuttosto forte, anche se non si tratta di una “narrazione” unica; però anche i diversi singoli stanno funzionando con le loro gambe. Inoltre avete fatto appello anche allo streaming online per promuovere Ecce Homo. Come vi ponete verso le nuove modalità più parcellizzate e se volete frettolose di consumo musicale?

Non siamo dei grandi fan della rete e della comunicazione via web. Siamo piuttosto nostalgici di un mondo in cui il disco, cd o vinile che fosse, aveva ancora un proprio valore, un proprio peso, anche solo come oggetto. Siamo grandi consumatori di dischi noi per primi. L'idea stessa dell'mp3 ci piace sempre meno. Ma ci rendiamo conto che è un processo inarrestabile, con cui bisogna fare i conti nel bene e nel male. Cerchiamo di sfruttarlo per quanto possiamo. L'importante è non perdere l'entusiasmo e il divertimento nel fare musica e nel volerne rendere partecipi gli altri.

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