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Gianni Mura

Confesso che ho stonato

Interno notte di osteria milanese. Tavolo imbandito e poi svuotato. Restano cinque bicchieri e ancora bottiglie da bere e cinque sedie scaldate da cinque paia di chiappe che appartengono a: il Luca Ghielmetti, l’Antonio Silva, il Vinicio Capossela e il Gianni Mura. L’ultimo culo è mio. Il vino ci ha già sciolto per bene ed ora si ragiona da pari. Io vorrei giocare a scopa ma capisco che non sarebbe una buona idea: mi dicono che il Gianni Mura sia fortissimo. Se capitassi suo socio lo farei incazzare, se capitassi suo rivale lo farei ridere. E poi siamo in cinque, non va bene. Poi il Gianni Mura dice: “Propongo una sfida: titoli di canzoni che contengono un colore. Comincio io: Bianco Natale”. Io penso che è finalmente arrivata la mia grande occasione: farò vedere a tutti quanto ne so. “Vincerò io”, penso mentre bevo alla goccia un rimasuglio di Rossese (a proposito, siete mai stati a Dolceacqua? No? Rimediate!). E in tutta sincerità mi sembra anche una cosa molto facile. Accetto la sfida e ribatto: “Nel blu dipinto di blu”. Seguono gli altri, a rotazione. Il gioco è facilissimo per i primi venti minuti. Poi è fatto di tanti silenzi e di impietose eliminazioni. Vincerà, due ore dopo, il Gianni Mura, togliendo dal cilindro un titolo di una canzone mai sentita, per di più citandone l’autore, anche questo mai sentito. Dopo breve verifica (eseguita di nascosto per non indispettire il presunto vincitore) viene fuori che la canzone esisteva davvero. Aveva vinto. Due ore dopo. Aveva vinto perché il Gianni Mura ha una memoria DISUMANA. Questa sua caratteristica mi colpisce sempre. Oltretutto la sua memoria non è solo vasta: è densa e bella. Perché è piena zeppa di aneddoti, di nomi e di cose che mi fanno impazzire: titoli di canzoni, incontri, concerti, libri, imprese, salite, partite. Lui ne racconta con dovizia di particolari e io resto, con l’espressione e la posa di un fagiano impagliato, ad ascoltare.

Ecco, il Gianni Mura è uno che una memoria sterminata, densa, bella e utile. Utile, certo. Una memoria che arricchisce chi ne ascolta la voce. Il Gianni Mura è un essere mitologico: in parte uomo, in parte biblioteca ed in parte negozio di dischi. Nella prima ci sono la generosità, la professionalità, la curiosità e la bontà (perché è una persona davvero perbene). Nelle altre c’è tutto quello che sa. E – e qui viene il bello – la maggior parte delle cose che sa le sa perché le ha “vissute”. E’ uno che si “butta dentro”, che si lascia invadere dalle emozioni. Che cerca sempre di capire (perché vuole sempre capire, ed anche questa è una cosa affascinante) senza mai essere solo un osservatore; se la musica fosse il mare, il Gianni Mura non lo guarderebbe dalla banchina: ci si tufferebbe dentro con tutti i vestiti, senza nemmeno levare le scarpe e le monete dalle tasche.

Ora ci confessa che ha stonato, cantando prima le canzoncine della gita scolastica e poi quelle di Endrigo, di De Gregori, di Jannacci e di tanti altri. Non sapevo che fosse stonato, ma non avevo dubbi che cantasse: chi ama le canzoni le canta per forza. Sono fatte apposta, del resto. Ci racconta della “sua” musica, della “colonna sonora” della sua vita, usando una “penna” che è anch’essa un essere mitologico: viva, con la parte che scrive fatta di becco di beccaccia (il più elegante e raffinato tra gli uccelli del bosco) e la parte che si impugna fatta di ossa e di pelle di Gianni Mura, come un prolungamento naturale del suo corpo. Abbiamo un gran culo che dove finiscano le sue mani debba in qualche modo incominciare l’inchiostro. Confesso che ho stonato è una testimonianza, un diario di bordo, una “confessione” per l’appunto, scritta con la mano leggera di chi sa fare cronaca e con il cuore pesante di chi la cronaca – da sempre – la fa diventare romanzo ed emozione. Io sono grato al Gianni Mura per avermi portato nello stereo dei suoi ricordi, perché è stato bellissimo leggerli. Bellissimo, sì, sembra un giudizio infantile ma non lo è affatto. Bellissimo è l’aggettivo giusto. Lo stesso che avrei usato da bambino, quando “bellissimo” era il concentrato di tutti i superlativi del mondo. Da ultimo segnalo che l’opera termina con una lista di artisti che, con una o più d’una canzone, hanno emozionato l’autore. Lo segnalo a dimostrazione del fatto che il Gianni Mura è un sincero generoso ed un riconoscente. In un mondo in cui tutti alzano un cartello con scritto “prima io”, lui ne alza uno con scritto “grazie a voi”. Quando in quella lista ho letto il mio nome accanto a quelli di tanti miei idoli, confesso che ho sognato. Tanto sognare, come cantare, è gratis, irrinunciabile e anche se non viene bene chissenefrega. G.G.G.: Grande, Gianni, Grazie. Ah, “Red house” (Eric Clapton). Mi sa che non l’avevamo detta. Ho vinto. Ciapa.


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In dettaglio

  • Artista: Gianni Mura
  • Editore: Skira Editore
  • Pagine: 112
  • Anno: 2017
  • Prezzo: 13.00 €
  • ISBN: 9788857235486