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Paolo Talanca

Il canone dei cantautori italiani. La letteratura della canzone d’autore e le scuole delle età

La canzone d’autore può essere considerata una forma di letteratura? E, se sì, di che tipo? Queste sono domande che da decenni circolano nella cultura italiana (tra i primi a proporle, non caso, il grande semiologo Umberto Eco nei primi anni Sessanta) e che oramai chiedono non solo risposte generiche (e molteplici ne sono state date, tutte riportate criticamente nel volume di Talanca) ma una più articolata e matura riflessione quale quella proposta dal nostro saggista. Il Premio Nobel per la Letteratura consegnato a Bob Dylan nel 2016 ha rappresentato in questo senso uno spartiacque decisivo, anche se non c’era certo bisogno di aspettare l’Accademia svedese perché la canzone d’autore venisse “sentita” in Italia come una forma “particolare” di letteratura e, spesso e ‘di straforo’, venisse insegnata nelle scuole e, a contratto e precariamente, nelle università. Potremmo fare molti esempi e, per evitare un riferimento personale, ricordare in particolare il corso di Forme della poesia in musica tenuto da Roberto Vecchioni, prima all’Università di Torino e ora a quella di Pavia. Ma sono cose conosciute e allora è più interessante precisare che, ancora prima del riconoscimento a Dylan, nel 2013 è iniziato a Roma presso l’università di Tor Vergata il Dottorato di ricerca di Paolo Talanca, che puntava, in modo innovativo, a stabilire il canone letterario della canzone d’autore italiana, ovvero gli autori e le opere che meglio rappresentassero questa forma d’arte.

Dalla tesi è stato tratto il libro Il canone dei cantautori italiani. La letteratura della canzone d’autore e le scuole delle età, che è stato pubblicato da Carabba, una casa editrice che rappresenta, da parte dell’autore, una scelta di campo ben precisa, visto che con Carabba, nel corso del Novecento, hanno lavorato intellettuali come Papini, Soffici o Borgese; Carabba è in effetti un editore storico e di alto profilo in ambito letterario e questo sarebbe già una traccia significativa ma ancora più valore ha il contenuto del volume e il suo taglio metodologico. L’autore, infatti, non si limita a scrivere una semplice storia della canzone d’autore (operazione ormai tentata molte volte) ma stabilisce invece (questa la sua precisa ambizione) il canone di quel fenomeno complesso che definiamo “canzone d’autore” (dietro il termine “canone” vi è un uso totalmente personale del volume di Harold Bloom intitolato Il canone occidentale. I Libri e le Scuole delle Età, ed. or. 1994, trad. it. Bompiani, Milano 1996). Ne viene che il libro, dopo aver isolato la materia di studio e stabilito cosa si intenda per canzone d’autore, stila un canone, cioè esprime “una rappresentazione plastica che una certa tradizione ci ha consegnato, tenendo conto dei cambiamenti sociali, di ascolto e di proposta in riferimento a un preciso codice espressivo, e vuole fungere da primo passo, propedeutico all’inserimento della letteratura della canzone nei programmi ministeriali della scuola italiana” (è così che leggiamo dalla quarta di copertina).

Definito tutto questo, Talanca sceglie trentanove cantautori, ne descrive le singole particolarità e i motivi canonici e li colloca in differenti epoche di appartenenza, così da fare ordine in maniera filologicamente funzionale allo studio e a un approccio consapevole alla materia. Ma necessario a questo punto presentare la “mappa” che Talanca disegna per sintetizzare, in maniera davvero originale, la propria proposta critica e i “magnifici 39” (pregevole anche il fatto, assolutamente condivisibile, che l’autore del libro parta storicamente dai tardi anni Cinquanta e arrivi ai giorni nostri; ed inoltre si ha modo di precisare che non è detto che siano “i migliori”, ma quelli che ne rappresentano in maniera più esaustiva il linguaggio; rimangono quindi fuori dal Canone alcuni cantautori di altissimo profilo, ma era indispensabile non comprendere gli artisti derivativi, per quanto talentuosi; per Talanca cioè il nuovo non è un valore in sé, lo è però la genialità autentica di chi sa entrare in rapporto dialettico esclusivo con il linguaggio espressivo di riferimento; ho messo – precisa Talanca in un’intervista – “autori che, nelle rispettive epoche storiche, hanno portato il linguaggio verso strade potenzialmente presenti nel codice e che per questo fanno da esempio, costituiscono una tradizione”).

 

Si può eccepire sui nomi, le esclusioni e la partizione (ho scritto quasi vent’anni fa un libro, ormai introvabile, che Talanca cita ma che, giustamente, dal suo punto di vista, Talanca non segue e che proponeva una ben diversa e più semplice cronologica partizione) ma non su un altro fondamentale principio teorico che muove il giovane saggista e che è invece pienamente condivisibile per chiunque studi la canzone d’autore italiana: la canzone non è, da un punto di vista semiotico, poesia e non è, tantomeno, una sua sorella “minore” (o minorata) o, peggio, c’è sempre un peggio per gli idealisti accademici italiani che mai hanno instituito una cattedra universitaria di ruolo dedicata alla canzone d’autore, di una sua sorella “puttana” e commerciale…

No, è un altro oggetto comunicativo, utilizza una diversa strategia comunicativa: la poesia utilizza infatti un solo codice, mentre anche musica e interpretazione sono tra i codici costitutivi della canzone. E dunque un aspetto importante del volume di Talanca è che egli non prescinde mai dalla musica e anzi individui la struttura del linguaggio “canzone d’autore” nel trittico testo-armonia-melodia, con analisi semiotiche sempre molto approfondite, e che non prendono mai in considerazione le parole come puro elemento verbale, quindi semplicemente scritte sulla pagina: la canzone - afferma ancora l’autore - è un’arte performativa, come il teatro. Si potrà allora essere più o meno d’accordo con Talanca e la sua proposta di un Canone; si potrà fare il gioco ‘stupidino’ del “questo manca, questo non l’avrei messo” (e sono invece felice della presenza, del riscatto e delle attente analisi di un artista altre volte ciecamente ignorato da certa critica pseudo-ideologica, parlo di Claudio Baglioni, cui Talanca dedica delle pagine profonde e ben motivate); ma credo non si possa non tenere in considerazione il presupposto, già prima evidenziato, che muove sempre il nostro saggista: il primo passo indispensabile per approcciarsi alla canzone d’autore come forma di letteratura in musica è il considerarla differente, ontologicamente e semioticamente, dalla poesia e da tutte le altre forme letterarie.

Pensato per le università, il volume di Talanca potrà certo essere utile anche per formare gli insegnanti di lettere e di musica delle scuole medie inferiori e superiori, nonché interessare i lettori colti e i fans del meglio della nostra musica contemporanea. Quello di Talanca è un volume corposo, di non semplice lettura, ma sempre informato e motivato, uno studio serio con il quale, da ora in avanti, non si potrà evitare di confrontarsi criticamente.

Le foto sono tratte dai rispettivi social ufficiali

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In dettaglio

  • Artista: Paolo Talanca
  • Editore: Casa Editrice Rocco Carabba
  • Pagine: 400
  • Anno: 2017
  • Prezzo: 28.00 €