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Sergio Secondiano Sacchi

Storie e amori d'anarchie - Le canzoni e gli avvenimenti che raccontano un’idea di libertà e...

Luigi Molinari che nel 1893 scrive ‘L’Inno della rivolta’. È avvocato, e l’anno dopo a Viterbo nel corso di uno dei tanti processi-farsa difende Pietro Gori. Condanna a tre giorni di reclusione. Non per Gori, per lui. Ingiurie alla corte. Auguste Vaillant, primo francese condannato a morte per un reato che non ha causato vittime. E Sante Caserio, che lo vendicò (pugnale, non bomba).
Il mito purificatore della dinamite.
La rivolta dei fasci siciliani, e i 13 braccianti che l’esercito lascia morti tra le zolle.

La settimana di sangue che nel maggio 1871 strangola la Comune di Parigi. La fucilazione davanti alle mura del cimitero di Père Lachaise.
Bruxelles, non solo il luogo in cui Verlaine spara a Rimbaud, ma anche dove si rifugiano Proudhon, Louise Michel e Auguste Blanqui che qui pubblica ‘Ni Dieu, ni Maitre’.
La lotta per la giornata lavorativa di otto ore, i martiri di Chicago, i “mandanti morali”.
“Non ho mai letto Marx, ma ho i segni del capitale su tutto il mio corpo” (William “Big Hill” Haywood).
Anarchia & Ferrovia, Anarchia & Tipografia. La vera storia del “macchinista ferroviere” di Guccini (che poi anarchico non è) e di Casey Jones: entrambi deviati in binario morto. Ah, le Allegorie!
Le brevi estati delle anarchie argentine, spagnole, italiane.
Durruti e Bonnot.
Il tango è di destra, la milonga di sinistra (Paolo Conte li ha messi entrambi nei titoli di due sue canzoni: avanti al centro contro gli opposti estremismi).
La strategia della tensione inventata a Barcellona, nel 1892. Il giovane Andreotti prende appunti.
La “galleria di sangue” del Gottardo. Pensateci.
La Svizzera che non è il Belgio: i diciotto che se vanno cantando “Addio a Lugano”.
Andrea Salsedo e Giuseppe Pinelli, gli anarchici volanti.
I canti di Joe Hill.


Sacco e Vanzetti: “Che cosa possono chieder di più due immigrati italiani? Non è da tutti essere condannati a morte dal rettore di Harvard. Se questo è un linciaggio, almeno il pescivendolo e il suo amico operaio possono vantarsi di morire per mano di uomini in smoking e in toga” (qui in alto una foto di repertorio)
Bartolomeo Vanzetti: “Spero di vedere morto il giudice Thayer prima della sentenza”. Webster Thayer che muore sei anni dopo sul water, colpito da un ictus, mentre sta defecando (Valerio Isca, del comitato di sostegno a Sacco e Vanzetti così commenta: “la sua anima è andata direttamente giù nello scarico.”).
Individualizzar o organizzar.
La festa di autoscioglimento dei Provos a Vondelpark.
Il Maggio francese.
Uomini, donne. Storie, facce, esistenze gettate sul tavolo, vincere o perdere. Perdere.

‘Storie e amori di Anarchie’ di Sergio Secondiano Sacchi (con le illustrazioni di Staino) edito da Squi[libri] per la collana “I libri del Club Tenco”, è tutto questo e molto altro ancora. Ma è anche qualcosa di più di un libro di storia. Quel di più è dato dalla passione, dal racconto partecipato, dall’aperto schierarsi.
Molti conoscono Sergio Secondiano Sacchi per essere da sempre una delle anime del Club Tenco, curatore di molti dei migliori progetti musicali immaginati in quel contesto (su tutti spicca lo storico omaggio a Vladimir Vysotsky), nonché suo attuale responsabile artistico.
Chi non ha letto i suoi precedenti lavori ‘Vent’anni di Sessantotto’ o ‘Multifilter- mito e memoria del padre nella canzone’, avrà ora la possibilità di scoprire uno scrittore avvolgente, dotato di uno stile che risulta di rara efficacia in virtù di una sua notevole chiarezza, lucidità, e talvolta, perfido sarcasmo (“Le esecuzioni sommarie da parte dell’esercito sono ampliamente giustificate dall’insopportabile Georges Sand, all’apice del suo declino”).


La penna di Sergio Secondiano Sacchi è capace di disegnare epoche e ambienti, di accompagnare per mano il lettore nelle anarchie (il plurale è più che mai d’obbligo), che, come cantava Léo Ferré, sono la forma politica della disperazione (la quale, a sua volta, sempre a dar credito a Ferré, è una forma superiore di critica. Qui sopra uno splendido ritratto su lastra di alluminio a cura di Massimo Chioccia, 2016). Ma, ancor prima, l’anarchia è forma politica della speranza, della fede in un ideale in cui giustizia e libertà non si azzannino a vicenda.

A dispetto della storia personale dell’autore, del sottotitolo e del CD che raccoglie le esecuzioni dell’omonimo spettacolo andato in scena in Spagna e in Italia (ne parleremo), non pensiate di trovarvi davanti un cantaintasca dell’Anarchia, da intonare tutti insieme al Campeggio Bakunin. I versi delle canzoni (e delle poesie) che hanno dato parole e note a quella fiaccola sono infatti solo un (importante, sia chiaro) corollario alla narrazione di un secolo di Anarchie, di quella galassia di pensieri ribelli che magari ci staranno nei cuori, ma che intanto nei manuali scolastici sono liquidati in quindici righe, di cui più della metà odora di quelle bombe che, in una delle tante forme di Anarchia, dovevano rappresentare, per chi non contava nulla, almeno un qualcosa. Un gesto, un gesto naturale.

L’apparato storico messo in campo dall’autore è notevole, tuttavia sapientemente Sacchi evita che si prenda troppo il centro del palcoscenico, preferendo lavorare sulla narrazione, sulle storie di uomini perlopiù dimenticati. Apprezzabile anche l’espediente di “alleggerire” il testo assegnando ai vari paragrafi i versi di alcune canzoni, anche molto distanti dal tema, a meno che Eros Ramazzotti non sia un occulto seguace di Errico Malatesta, cosa di cui c’è da dubitare, mentre invece è ormai accertata la vicinanza ad Andrea Costa di Michelle Hunziker (nata a Sorengo, distretto di Lugano: tout se tient).

Il libro si legge d’un fiato e arrivati alla fine, tanto è lo scuotimento a cui siamo stati sottoposti che quasi ci si dimentica che allegato al libro c’è un corposo CD che raccoglie i 21 brani dell’omonimo spettacolo da cui tutto è cominciato. Sull’asse Italia-Spagna, ci troverete pezzi storici e diverse sorprese, inni di lotta e canzoni d’autore, il tutto cantato da artisti come Joan Isaac, Peppe Voltarelli (qui nella foto), Alessio Lega (non poteva mancare), Juan Carlos Flaco Biondini, Olden, Vittorio De Scalzi, ed altri ancora. Il picco più alto è, a parere di chi scrive, l’iniziale Inno della rivolta, ben arrangiato dalla Scraps Orchestra. Quello più ‘basso’ La locomotora di Silvia Comes con i suoi quasi 9 interminabili minuti della gucciniana locomotiva tradotta in spagnolo. (“Elvira, la facciamo arrivare in una stazione qualsiasi, questa benedetta locomotiva?”- Marcello Mastroianni in ‘Verso sera’ di Francesca Archibugi, 1990).

Sottolineato - ce ne fosse bisogno- che si tratta di 25 euro ben spesi, dobbiamo rilevare alcune piccole ombre, cui magari si potrebbe ovviare in un’auspicabile seconda edizione (in cui correggere anche il refuso della data del “Martin Fierro”). Per esempio la mancanza di un indice dei nomi, strumento assai utile in testi del genere, e quella delle riproduzioni di foto e quadri la cui descrizione è invece ben presente nel testo.

Ma sono davvero piccolezze, ragazzi: Sergio Secondiano Sacchi ha fatto davvero un bel lavoro. 

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In dettaglio

  • Artista: Sergio Secondiano Sacchi
  • Editore: Squilibri Editore
  • Pagine: 271
  • Anno: 2020
  • Prezzo: 25.00 €

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