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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Il concerto dei suoni smarriti

AREA, il ritorno.

Il report de L'Isola dal Blue Note di Milano

 

 

 

Il fermo immagine è posizionato al 14 giugno del 1979, con il marasma che aveva condizionato il concerto in memoria di Demetrio Stratos. Non per colpa del pubblico, non per colpa degli artisti ma quando accade ciò che non dovrebbe, in maniera imprevista e crudele, quello che avviene dopo è sempre figlio dell’imponderabile.

 

Li abbiamo sentiti in altre occasioni, quasi sempre da soli. Li abbiamo amati e pensati, riscoperti e dimenticati e poi di nuovo scoperti. La loro musica, in fondo, non ci ha mai abbandonati. Un po’ perché non ci ha mai delusi, un po’ perché in quelle note c’erano anche tanti dei nostri sogni che non vorremmo mai pensare che si sono persi del tutto. Nel riflusso, nell’edonismo reaganiano, nel materialismo dialettico, nella Milano da bere, nella prima e seconda Repubblica, nel…peggio, a seconda delle personali esperienze, lo aggiunga il lettore.

 

Quando Giulio Capiozzosalutò, salutò, salutò…” eravamo convinti che tutto fosse finito. Ares Tavolazzi a suonare con Francesco Guccini e millanta altri musicisti; Patrizio Fariselli impegnato con Alberi Azzurri, progetti solisti, accompagnamenti di vari musicisti; Paolo Tofani, con un orecchio teso alla mistica orientale e l’altro alla sperimentazione sonora. Oramai, per molti di noi, questi musicisti, componenti di AREA International POPular Group, erano un ricordo, e gli album erano come memorie da ascoltare e su cui ricamare nostalgie.

 

Ma poi, la Gerontocrazia ha messo in campo le proprie regole e leggi ed i tre musicisti superstiti hanno deciso che si sarebbe potuta tentare una reunion. A Milano il famoso Blue Note ci ha creduto e coadiuvati dalla batteria di Walter Paoli e dall’estro di quel generoso genio artistico che risponde al nome di Mauro Pagani, i tre ultimi mohicani hanno ricevuto un (ap)plauso che, forse, non si aspettavano: un locale pieno come non mai ed un calore davvero d’altri tempi in cui il cuore, prima che la ragione, hanno decretato il meritato successo a questi straordinari musicisti.

Luci spente e dal buio, con un saio rosso da monaco buddista, entra Paolo Tofani che si va a sedere a gambe incrociate nello spazio a lui riservato. Con uno strano strumento, che poi ci dirà chiamarsi Trikandavida, probabilmente auto costruito, Tofani con un'Improvvisazione, dà subito vita ad un viaggio onirico fatto di suoni asciutti, quasi da raga indiano, in un gioco continuo di risonanze e simpatie delle corde dello strumento. Da quello che possiamo capire lo strumento è collegato ad un computer e le sonorità che ne scaturiscono sono molto particolari, inusuali, almeno per quello che oggi impazza nell’etere.

 

È musica da ascoltare in silenzio, con raccoglimento (quasi monacale, appunto…) e gli effetti sonori, quasi ci fossero dei gong e dei piatti sul palco, sono affascinanti. È suono e luce al contempo ed alla fine l’applauso è davvero sentito e visibilmente gradito dall’artista.

Tra i battiti di mani, che così sono doppi, entra Patrizio Fariselli, che inizia subito a suonare le tastiere in maniera soffusa, mentre Tofani è ora alle prese con la chitarra elettrica, che emana suoni secchi e stridenti. I due musicisti, con un'altra Improvvisazione, giocano a rincorrersi in un caleidoscopio di note alte e dissonanti, gravi e potenti, percussive e squillanti. L’assolo chitarristico di Tofani è memore di Robert Fripp mentre il ritmo aumenta sostenuto dal gioco pianistico di Fariselli incontrandosi su anime di suoni arabeggianti.

 

La canzone di Seikilos è introdotta dalle parole di Fariselli, manifestanti una grande passione per questo brano, che definisce essere uno stornello ritrovato su una stele tombale greca del II° secolo avanti Cristo. Il pianoforte inizia con morbide note, quasi fosse una sonorità alla Glenn Gould, per poi trasformarsi nella modernità di un suono da jazz club. La mano destra di Fariselli detta la melodia mentre la sinistra ne appoggia i bassi ed il ritmo. Il suono grave delle tastiere asseconda e si compenetra con il suono scaturito dal piano ed il tutto rende la sensazione di entrare nel buio della notte.

Scatta l’applauso ed insieme entra Ares Tavolazzi e prende in consegna il contrabbasso mettendosi subito in confidenza con il pubblico con Notturno insonne, mostrando subito le indubbie qualità strumentali. Si crea una sorta di suono della jungla, cupo e percussivo, mentre Fariselli gioca con gli effetti sonori creati dalla sua tastiera e dal PC ad essa collegato, con vento ed inquietudine. Basso e pianoforte dettano su crinali di tecnica strumentale, con il primo a imporre suoni scuri ed il secondo a cercare atmosfere luminose.

 

Un suono per palati fini ed attenti alle sfumature; un suono per musicisti di lungo corso dove il pianoforte è una marea in piena, colma di vigore e luce ed il contrabbasso è un mantice che non conosce soste. Il finale è una dissolvenza sonora quasi immediata.

Tavolazzi, in solitudine, riprende il centro dell’attenzione costruendo suoni gravi e rimbombanti, con una manifestazione particolare, quasi uscissero dai cassetti del tempo. Parte l’accenno di una melodia nota ma dura pochi istanti subito celata dal suono percussivo ed oscuro di Esfratios.

 

Rientra Paolo Tofani e si posiziona nuovamente a gambe incrociate mettendosi a suonare uno strumento a corde metalliche (Cymbalon?), pizzicato da due bacchette ricurve, che fanno scaturire suoni secchi, pungenti ed oltremodo evocativi dall’originale strumento. Il contrabbasso, suonato con l’archetto, si apre ad un suono aspro e misterioso che si aggiungono a quelle create da Tofani sulle corde dello suo strumento, anch’esso suonato con un archetto; l’effetto che se ne produce è fortemente straniante per una bella Improvvisazione. Le sonorità che derivano dal connubio paiono essere di origine balcanica o turche e ricordano immagini di popolazioni in cammino tra le steppe e le montagne dei paesi attraversati dalla mezzaluna. Il suono è come quello di un vibrafono, ma più secco e metallico, e si innesta in maniera compiuta con il contrabbasso, che si esprime come una feroce macchina di suoni.

 

Altro grande applauso a salutare la fine della cavalcata sonora e l’ingresso, alla batteria, di Walter Paoli. La linea sonora è, letteralmente, nelle mani di Fariselli che ricama note su note, tessendo una tale fatta di pianismo liquido che ben si aggrega con la sezione ritmica scura, asciutta, essenziale. Il ritmo è sincopato e la chitarra di Tofani detta tempi alla Pat Metheny, con sonorità agili e potenti al contempo ricordando che lui c’era prima dell’artista americano…Lo stop della musica, ad un cenno di Fariselli è secco ed istantaneo…Il basso elettrico di Tavolazzi introduce Arbeit Macht Frei e l’applauso scatta immediato all’apparire delle note di questo grande brano musicale.

Il brano è sulle sue spalle/mani ed ogni passaggio è dettato dalla sua arguzia musicale. Bel lavoro del bassista che si inerpica, continuamente, su scale sonora di grande fattura e suggestione. La batteria è veloce ed essenziale mentre il piano è brillante quasi fosse impegnato in una cavalcata sonora piena di gioia (e rivoluzione…) in Skindapsos. Applausi, come da copione.

 

Il brano che andiamo ora a presentare” dice Fariselli “si chiama Sedimentazione, ed ingloba tutto il materiale suonato dagli AREA”. Dopo questa breve introduzione parte una cascata di suoni straziati e quasi cacofonici, assolutamente non fastidiosi, che illuminano il palco e si diramano verso il pubblico colto di sorpresa e disposto in religioso silenzio.

 

Quello che si è creato è una sorta di muro di luce sonora grazie ad un effetto sonoro posto su una base. Il tutto durerà, forse, tre minuti ma è di una potenza sconvolgente ed annichilente. “Immagino avrete riconosciuto il suono di Lobotomia” dice Fariselli quando il silenzio è ritornato ad albergare al Blue Note. Ma nessuno gli risponde perché il pubblico è troppo occupato a capire che cosa fosse accaduto in sala…Straordinaria performance...Nervi scoperti parte subito con il giro di basso ed il suono della batteria che si accompagnano alle tastiere spaziali ed al pianoforte saltellante e spigoloso.

 

L’atmosfera sonora è stralunata, grazie alle tastiere sintetizzate ed alla chitarra di Tofani che corre sulle scale delle note. Basso e batteria sono un sostegno indispensabile al ritmo del brano, sempre impreziosito dalla potenza sonora e melodica del pianoforte che pare combatte contro i suoni prodotti dagli altri musicisti. Il riff del brano, suonato magistralmente da Fariselli, è evocativo e malandrino e conduce tutti i presenti verso il precipizio del termine delle note che si trasformano in uno stop surreale ed inatteso. Il suono caldo di un’antica melodia ellenica, ritrovata così racconta Fariselli, da Demetrio Stratos, ci approccia con delicatezza, quasi fosse una languida ninna nanna.

Le sonorità sono morbide e moderne al contempo ed il brano pare non avere età alcuna. Grande pathos nell’interpretazione del solo Fariselli che crea un’atmosfera di grande rigore e magia attraverso le note che scaturiscono dal suo pianoforte.

 

Col potere delle cose posso avere la tua vita e si chiama libertà” declama Fariselli prima che Gerontocrazia venga aperta dal suono potente del basso elettrico. Il piano pare come un fucile che spara note come una raffica, la sezione ritmica è un maglio e la chitarra pare essere uno spillo che si infiltra nella mente. Fariselli macina note in puro stile jazz progressivo, con arie da medioriente nelle mani alla ricerca di “sonorità smarrite”.

La chitarra elettrica è filtrata ed i suoni si accavallano senza sosta, intensificati da quanto la tastiera riesce a far scaturire dalle musiche generate a ritmo incalzante. La sezione ritmica corre veloce come un treno imbizzarrito ed i suoni shorteriani della tastiera giocano a rimpiattino con la chitarra di Tofani. La mano destra di Fariselli si inerpica sulla tastiera mentre la sinistra è impegnata al pianoforte generando una melodia di straordinario impatto emotivo.

 

Chitarra distorta, ritmica soft, piano jazzato e liquido, veloce e ricco di “visioni” per Implosion, Una sorta di cavalcata in luci e colori pieni di ritmo ma esteso ad una morbidezza quasi irreale per giungere ad un suono campionato con il basso elettrico che crea note veloci ed asciutte che, insieme alla batteria, sostengono il suono della chitarra mentre la tastiera detta i tempi per la chiusura del brano.

Ed arriva il momento di Mauro Pagani accolto da una sentita e dovuta ovazione ed il gruppo parte con una bella versione di un vecchio brano di Pagani, Europa Minor, presente sul primo album solista del musicista bresciano al quale parteciparono gli AREA al completo. Il violino ha sonorità turche, la ritmica è quella di tipico marchio AREA, la chitarra elettrica ed il pianoforte sostengono la melodia. Il violino aggancia scale micidiali e Pagani, in scioltezza, sciorina mitragliate di note.

La melodia mediorientale si fonde con asperità sonore da mittleuropa. Mentre il suono del pianoforte apre le porte per il nuovo ingresso del violino che viaggia veloce in mondi lontani, pieni di atmosfere arabe immerse tra le note della chitarra, secca e forte al contempo.

 

Applausi a scena aperta e subito Fariselli accende la miccia dell'intro di Luglio, Agosto, Settembre (Nero), con Pagani alla voce ed al violino, che entra alla grande mentre il ritmo si accende e si trasforma in un grande magma sonoro, con il piano che lancia strali di note mentre il suo “padrone”, Fariselli, è curvo sullo strumento quasi volesse spremerne tutte le possibilità sonore. Il basso elettrico riprende il memorabile riff del brano mentre il suono si alza ed esplode insieme ai tanti anni che abbiamo atteso questo momento...applausi, applausi, applausi...Due ore e tutto è finito...No, il pubblico non è sazio e chiede almeno un bis che arriva con La mela di Odessa., che vede Tofani alla voce. Piano, basso elettrico, tastiere, violino suonato come un mandolino.

 

La voce recitante di Tofani accompagna le liriche, semplici ma efficaci del brano ed il pensiero corre a quando lo sentimmo, dal vivo, in cento differenti circostanze e luoghi, in cento differenti speranze e sogni. Il suono è morbido ed essenziale, eppure costruisce un solido muro di suoni. Lo sguardo di Tofani guarda lontano mentre canta, assaporando le parole. I musicisti si cercano con lo sguardo e comprendono che il tempo è scaduto e la chiusura della band è secca ed immediata.

 

 Applausi sentiti dal pubblico, inchini commossi dai musicisti. Adesso il tempo riprendere a scorrere e nell'ombra Demetrio Stratos e Giulio Capiozzo stanno sicuramente sorridendo colmi di soddisfazione...


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