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Due giorni di musica al femminile nella splendida cornice del Teatro Cimarosa di Aversa. Tosca la madrina della 15ª edizione

Cristiana Verardo vince la 15ª ediz. del Bianca d'Aponte

A Lamine il Premio della Critica

Bianca d'Aponte ha due splendidi occhi larghi e verdi, quelli di sua madre Giovanna, con cui continua a guardare piena di tenera accoglienza tutti noi che ogni anno ci troviamo nella sua "casa" aversana. "Magia", ormai si sa, è la parola che ricorre in habitué e neofiti, artisti e critici, che si trovano a vivere la due giorni del Premio, giunto quest'anno alla quindicesima edizione. Viene così, spontanea, a tutti quanti.

Ma giusto perché non si pensi che questo sia l'ennesimo articolo scritto solo sotto la spinta di uno slancio emotivo, per quanto sincero, che tutti coglie in fase post premio e di cui tanto si è già letto in questi giorni, mettiamo subito in chiaro una cosa: è di canzone che si parla, qui come altrove. Di musica e di parole fuse insieme in quella forma d'arte che è la parola cantata; un'alchimia complessa che Bianca, sostenuta da una sensibilità, da un'intelligenza e da un talento straordinari, ha saputo maneggiare con tale poesia da trasformare le sue creazioni in un meraviglioso universo: umano, sì, ma fatto della stessa sostanza di cui è fatta la musica.

Così, ancora una volta tutti abbiamo lasciato le agende delle nostre vite libere nell'ultimo fine settimana di ottobre, attratti dal flauto magico suonato dal suo elfo seduto sullo spicchio di luna. È di musica che si parla. E di donne, come lei, che di musica riempiono la loro vita. Le dieci finaliste del 2019 si chiamano Eleonora Betti, ChiarablueChiara Bruno, Rebecca Fornelli, Jole, Martina Jozwiak, Lamine, La Tarma, Giulia Ventisette e Cristiana Verardo.

Tutte e dieci, cui si aggiunge, come tradizione vuole, la vincitrice della scorsa edizione Francesca Incudine, hanno acceso su di sé l'attenzione di giurie e pubblico del Teatro Cimarosa nel corso di entrambe le serate: durante la prima con una canzone non in gara, e nella seconda con il brano selezionato per il concorso. È dunque un insieme di elementi che permette l'assegnazione finale dei tanti premi in palio, e di cui vi daremo conto più avanti. Al momento le omaggiamo una per una, ché, come diceva Fausto Mesolella, sono loro le portatrici del messaggio di bellezza che da Bianca continua a volare a noi.

Francesca Incudine (qui in alto nella foto) è un'artista che non ha più nulla da dimostrare, e il titolo di vincitrice del Premio Bianca d'Aponte 2018 è probabilmente l'ultimo gradino del trampolino prima del suo tuffo definitivo nel mare degli artisti affermati: in abiti coloratissimi, armata di tamburo a cornice e voce dolce e precisa, mentre afferma con sempre maggiore determinazione la sua potenza emozionale e raccoglie applausi entusiasti, le sono accanto il fedele (ed eccellente) chitarrista Manfredi Tumminiello e il batterista Salvatore Compagno.

Eleonora Betti è un'altra autrice che ama mettersi in gioco nonostante sia già ampiamente riconosciuta nel mondo della musica; eppure è qui, seduta al pianoforte, a cantare prima la bella composizione "fuori gara" e poi Quaranta volte, il brano finalista, peraltro ottimamente arrangiato, dai variegati accenti ritmici che giocano con piccole perle di saggezza apprese a scuola e che… a volte ritornano, e diventano canzoni.

Chiarablue (qui a fianco nella sua esibizione in trio) esprime capacità creative, preparazione, originalità, spirito e sensibilità, raccontando dapprima la fine di una storia d'amore annichilendo il dolore con l'ironia di Dinosauri, e poi la struggente DueAgostoMillenovecentottanta, ispirata dalla visione di un documentario sulla strage di Bologna.

Chiara Bruno, che appare un po' incerta nella prima serata cantata tra inglese e italiano, sfodera invece coraggio nelle parole e nell'interpretazione al secondo colpo, nella sua Ammazziamo questi padri, dal testo istintivo e forte, sincero fino alla sfrontatezza, ma addolcito da un ritornello disarmante.

Rebecca Fornelli è la più giovane della tornata: classe 2000, prima di affrontare il concorso si è assicurata una solida preparazione culturale e artistica, tra studi classici e scuola di chitarra e di canto, esplorandone diversi aspetti espressivi. Seduta al centro del palco con la sua sei corde, propone dapprima un brano semplice solo all'apparenza, perché non è per nulla scontata l'armonia, molto ben cantata, e nella serata seguente non perde colpi e pur con un brano molto diverso, Quello che ci manca, dall'incedere ritmico e poetico, resta convincente e attira su di sé particolare attenzione da parte dei giurati.

Jole, oltre a una preparazione artistica che già l'ha già portata più volte alla ribalta televisiva, presenta due brani che colpiscono fin dal titolo: Il respiro di un gigante, la prima, e La turista e il gondoliere nelle sfere di vetro con neve: poetica ed evocativa, decisamente.

Martina Jozwiak, che del canto ha fatto professione di insegnante e vocal coach, qui ci presenta alcune sue creazioni (il brano in gara: Scrivimi) che, come racconta in conferenza stampa, hanno alla base l'idea che bisogna sempre vedere il lato più bello della vita senza mai abbattersi anche nei momenti più duri.

Lamine (qui in alto, si è aggiudicata il Premio della Critica) comincia con l'incedere ritmico regolare e rassicurante di Non è tardi, per poi presentare, non senza una buona dose di coraggio e tanta personalità, una canzone onirica, Penna Bic, "un incubo", in effetti, come lei stessa dichiara in conferenza stampa, brano suggestivo che lascia per un attimo il pubblico sospeso prima di sciogliersi in un caldo applauso: anche lei non passerà inosservata alle giurie.  

La Tarma canta L'amore che muove tutte le cose, ma non vi inganni il titolo, che non è quello che appare, e si capisce quando poi parla del suo Usignolo meccanico che "allontana la morte". Un'artista originale, poliedrica e certo interessante, che lascerà il segno in queste notti aversane.

Giulia Ventisette si descrive dapprima con la melodica Mio fratello, che occhieggia a Rino Gaetano, e poi con il canto-racconto in prima persona de La bellezza, in cui si immerge in acque di speranza e disillusione nei panni di un migrante.

Cristiana Verardo si presenta al pubblico con Il tuo nome, una deliziosa canzone dallo spirito leggero e profumo retrò, dalla scrittura fluida e cantabile; poi lo saluta lasciandolo stordito con l'interpretazione in chiave introspettiva di un episodio devastante, tratto da un fatto di cronaca che da evento giornalistico si immerge nel traumatizzante vissuto familiare: colpisce tutto il brano Non potevo saperlo, ma quel che fa precipitare il pubblico giù giù nel fondo nero dello stato d'animo della protagonista è il finale, un grido di angoscia tanto devastante da far perdere le parole, e non resta che esprimersi in forma di ritmo e canto. Trascinante. Tutto questo, lo anticipiamo qui, gli varrà il Premio assoluto di questa edizione. (qui sotto nella foto, con a fianco Tosca e Ferruccio Spinetti da una parte e Gaetano d'Aponte dall'altra).

La musica che gira attorno a queste ragazze nelle due serate, anche quest'anno deliziosamente presentate da Carlotta Scarlatto e Ottavio Nieddu, è come di consueto grandiosa, seppure siamo qui costretti a raccontarlo in poche parole e in ordine sparso.

C'è Fausto Mesolella, naturalmente, che con la sua Aria di te vive e canta tra le dita e le braccia degli amici Mimì Ciaramella e Ferruccio Spinetti, suo successore alla direzione artistica del Premio. C'è, ed emoziona con la sua musica come quando era in vita, e su questo palco non mancherà mai perché manca insopportabilmente al mondo.

Al centro della ruota festosa degli ospiti ci sono due ex madrine del Premio, Cristina Donà e Ginevra Di Marco (qui sotto nella foto), uno scambio in canto di stima e amicizia tra vecchie e nuove creazioni dell'una e dell'altra, fino alla meravigliosa Ma l'amore no di Bianca, particolarmente cara alla Donà. Queste due donne sono la luce, l'emozione, l'amore, la bellezza, la femminilità. Sono tutto. Sono lo spirito puro del Premio Bianca d'Aponte.

C'è Enzo Gragnaniello, per la prima volta ad Aversa, accolto - anzi - travolto dall'entusiasmo di un pubblico a lui tanto vicino, che ne esige il bis; è tornato Carlo Marrale, con la sua inconfondibile voce, la chitarra magistralmente suonata e le sue canzoni senza tempo, anche quest'anno in difficoltà a lasciare il palco come lo è il pubblico a smettere di applaudirlo; c'è Pilar, avvolgente e intensa, tornata a cantare da madre con nuove profondità da raccontare.

Ci sono gli amici della grande casa d'Aponte Gabriele Avogadro, Kaballà, Tony Canto, Giuseppe Anastasi, Mariella Nava; ed Elena Ledda, sempre prodiga di emozioni, la cui esibizione è impreziosita dalla chitarra, intensa ed evocativa, di Mauro Palmas.

C'è poi la freschezza giovane e colorata del collettivo AdoRiza, ragazzi reduci dalla Targa Tenco per il loro innovativo lavoro sui canti di tradizione, allievi all’Officina Pasolini guidati dalle mani sapienti e solide di Piero Fabrizi e di Tosca. E i Suonno d'aiere, con la voce di una ex concorrente del Premio, Irene Scarpato, che ricevono il Premio Bianca d'Aponte International.

L'ultima artista dell'edizione 2019 è la madrina: Tosca (nella foto di apertura)Lei, innamorata, appassionata e straordinaria interprete della musica di ogni dove, presenta qualche perla del suo repertorio e del disco appena uscito, canzoni di cui narra la storia e il significato prima di cantare per permettere al pubblico di entrare appieno nello spirito di ciascuna. Con poche e rispettose parole, poi, introduce Anima scalza: si tratta di uno dei tanti piccoli capolavori di Bianca, ma questo la rappresenta in modo particolare; e nella voce e nei suoni di Tosca e dei suoi musicisti tutto il suo senso diventa chiaro, e lascia la platea sopraffatta di emozione.

Infine, siccome al Premio Bianca d'Aponte non si vuole dare troppa importanza alla gara, qui in fondo elenchiamo i premi e le vincitrici di questa edizione.

Il Premio assoluto (insieme al premio Nuovo Imaie) è consegnato Cristiana Verardo; il Premio della critica "Fausto Mesolella" va a Lamine; ancora per Lamine è il premio per l'interpretazione, mentre per la miglior composizione vince La Tarma; per il miglior testo viene premiata Chiara Bruno. Altri riconoscimenti sono andati a Rebecca Fornelli (produzione di un singolo e borsa di studio Virginia Vita), a Cristiana Verardo il premio Soundinside Basemant Record per la realizzazione di un video, e a Chiarablue il premio 'Na stella di Virus Studio e pure il premio Suoni dall'Italia di Mariella Nava.

Si chiude così il sipario sotto lo sguardo dell'impagabile Gennaro Gatto, gli occhi paterni e lucidi di papà Gaetano, e gli occhi grandi di Bianca sul viso di mamma Giovanna; e sotto il nostro sguardo, grato loro per l'anima grande che hanno dato al mondo, e che sempre canta per noi.

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Per le foto si ringraziano Mary Addari e Giorgio Bulgarelli

 

https://www.facebook.com/PremioBiancaDAponte/


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