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Secondo disco per gli Amor Fou, la nostra recensione

I Moralisti (Capitol/EMI, 2010)

Uno degli album più celebrati dell'anno visto sotto i nostri riflettori

 

 

Un disco atteso, quello dei milanesi Amor Fou, un secondo capitolo della loro produzione che assomiglia più ad un nuovo inizio.
Un formazione rinnovata che vede Alessandro Raina e Leziero Rescigno accogliere Giuliano Dottori e Paolo Perego in una band che ha finalmente trovato la propria strada e la libertà di seguirla, realizzando questo album in cui la qualità e la maturità della scrittura lirica e musicale conferma e amplifica la bellezza de “La stagione del cannibale”, il disco d'esordio.

 

I moralisti è un ritratto della contemporaneità, un lavoro moderno, che raccoglie un immaginario solido, profondo e profondamente italiano dove la canzone d'autore raggiunge quelle vette che fanno gridare (quasi) al miracolo. Quasi, perché un miracolo arriva quando meno ce lo si aspetta, qui invece i presupposti per avere un bel disco c'erano tutti. Creatività, talento, bravura e gusto questi gli ingredienti de “I moralisti” che in tredici brani (il primo, senza nome, è una intro strumentale) danno voce ad altrettanti personaggi. Coloro, appunto, che hanno scelto una propria particolarissima condotta - perché non avrebbe (forse) senso di parlare di una moralità condivisa – sono i protagonisti di questo album in cui musica e parole danno voce a realtà quotidiane, personaggi reali e vita vissuta.

 

Il bellissimo brano “De Pedis”, in cui il bandito sospeso tra il male e il bene si racconta, sullo sfondo di una Roma che non perdona e di una coscienza che non è in pace ma che non si preclude alla speranza, apre questo disco in modo eccezionale. “Anita”, in cui un'adoloescente affida alle note l'appello estremo, nell'impossibilità di sentirsi accettata nella propria omosessualità: in questo brano la musica, concitata, arriva dove le parole non possono approdare e il dramma si dispiega nelle note.


Amara e dolce è “Le promesse”, il canto protettivo e trasparente di una madre di fronte alla sua creatura: esame di coscienza e speranza nella consapevolezza che nella vita si può cadere e ancora di più ci si può rialzare. Segue “Peccatori in blue jeans” dall'atmosfera decisamente beat ma che ritrae l'universo dei giovani d'oggi, sospesi tra social network, narcisismo e disaffezione verso la società. Il contrasto tra la musica e le parole è profondamente significativo in questo che è tra i brani più belli dell'album e ben rappresenta la solitudine imperante nella mancanza di valori e riferimenti.

 

“Il mondo non esiste” narra una vicenda delicata e triste: l'isolamento e la stranezza, con una suono dolce, morbido, di fronte ad una realtà aspra e pungente. Al centro del disco la bellissima “Filemone e Bauci”, straziante, perfetta e intensa con un testo che lascia senza fiato: una dichiarazione sulla resa e sul fallimento.
“Cocaina di domenica” da' voce alle mille contraddizioni del padre di famiglia contemporaneo, sopraffatto dalla tensione verso i valori e dai modelli proposti dalla società. Ipocrisia e vuoto supportate da una musica leggera e allegra, una evidente contraddizione che è ben manifestata dal brano.

 

Attenta e rispettosa è “Un ragazzo come tanti” dove la coerenza con le scelte effettuate, difficoltosa e apparentemente ingiusta, porta alla profonda integrità della persona, così in grado di portare avanti il proprio progetto di vita, con dignità e forza. “a.t.t.e.n.u.r.B” è la riproduzione al contrario del discorso di un noto ministro: il brano rievoca atmosfere new wave in cui ben si colloca la registrazione che ha un effetto inquietante. “Il sesso degli angeli” e “Dolmen” sono dedicate alla crisi del rapporto di coppia e inevitabilmente della famiglia. Rapporti falsi, sofferenza e un ritmo quasi dub, che ammalia e rattrista , nella prima, e una sperimentazione inaspettata in “Dolmen”, brano riuscitissimo, completo, essenziale che ben ritrae l'incomunicabilità nella densità del post rock più autentico.

 

Conclude questo bel disco il brano omonimo che raccoglie le parole di Sandro Penna, aprendo alla speranza con la voce di un bambino, emblema delle della possibilità e del futuro. Con un disco così tra le mani la tentazione è di voler sentire dell'altro dai questi Amor Fou, ma per ora è opportuno ascoltare e ascoltare, ancora.

 

 

www.amorfou.it


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