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Neorealismo d’autore

Speciale Premio Tenco 2011

Essere o non essere, il dubbio shakespeariano si ripete per il Tenco. I fondi ancora una volta tagliati, fino al 60% del consueto contributo, e la possibilità di chiudere i battenti ancora una volta, sempre più incombente. Ma stavolta la cinghia si stringe in pubblico, visto che la mortificazione del mondo culturale italiano è palese e capillare, e il transatlantico del Tenco non si nasconde, e anzi mostra le pezze con dignità.

Ecco allora che la scenografia non c'è, o meglio è rappresentata dalle pareti e dalle saracinesche del retro palco (più suggestive del previsto). La sigla storica, Lontano lontano, che ogni anno prevede la chiamata di un'interprete illustre, viene cancellata. Antonio Silva esce sul palco in maniche di camicia, e annuncia che questa sarà l'edizione "poveri ma belli". Sì, forse il club ha voluto calcare la mano, marcando ai limiti del didascalico l'attuale situazione economica, ma se questo doveva servire da stimolo a se stessi e a chi il Tenco lo vive, da socio, da ospite, da commentatore, il messaggio è pienamente arrivato. Ed è il caso di dirlo, ciò che non ha ucciso, ha fortificato.

Per anni, secondo i più oliati luoghi comuni, il Premio Tenco è rimasto arroccato nella sua forte identità di rassegna della canzone d'autore, nel suo esser una critica vivente all'Italia musicale del Festival di Sanremo, e allo stesso tempo diffidente da un rock alternativo nato per superare i cantautori dei dorati anni settanta. Sembrava una riserva naturale, dove respirare un aria pura, o un'aria polverosa, a seconda dei nasi coinvolti. Nel bene o nel male, questa storia si sta allontanando sempre di più.

Il Festival ha perso/incrinato la sua credibilità artistica ma anche la sua garanzia commerciale, la televisione (che ha sempre sottovalutato il Tenco) è stata soppiantata dalla democratica qualità del web, e i due sopravvissuti eccellenti, una manifestazione intransigente e un panorama musicale di alto livello in cerca di spazio e affermazione, hanno finito per incontrarsi. Per questo a posteriori possiamo valutare lo storico Tenco 2008 di Baustelle e Luci della Centrale Elettrica non come la presa della Bastiglia della musica indie, né un'astuta strizzata d'occhio da parte della rassegna alle più giovani generazioni e ai loro beniamini. È stato l'inizio di un lento processo tutt'ora in corso, di partenza e non di arrivo. Un dialogo accelerato dalla crisi discografica, che ha portato a ridimensionare molte branche del settore, portando ad accostarsi realtà che quasi si ignoravano, in una cooperazione creativa ed economica.

È qui, in questo neorealismo tutto italiano, che è nato l'illuminato progetto antologico dello scorso anno, La leva cantautorale degli anni Zero, il ciclo di incontri itineranti dedicati ad emergenti, Il Tenco ascolta, fino allo spericolato corollario di quest’anno, Sulle labbra di un altro, leccornia di interpretazioni del canzoniere di Luigi Tenco, curata da gianCarlo Onorato.

Passato e presente si uniscono, artisti emergenti ed etichette indipendenti (da Alabianca a Lilium) si vengono fatte incontrare per valorizzarsi a vicenda, fino ad accorgersi che in fondo il Tenco aveva già dentro di sé l'autorevolezza e l'ospitalità per accogliere non solo un gruppo di artisti, ma l'intera eccellenza musicale italiana.

Dimostrazione inequivocabile il programma delle tre serate, in sapiente climax: negli ospiti proposti, viene dilatato in coraggio e varietà  il ritratto delineatosi dai pur apprezzati vincitori delle targhe ufficiali 2011. Partendo dai nomi usciti dalle cinquine ma non solo, vengono inanellate scelte innovative sia nel campo delle nuove proposte (dalle Iotatòla ai Nobraino) che dei nuovi maestri di riferimento (Mariposa, Marco Parente,Cesare Basile).  E insieme ai voli pirotecnici di eccezionali conferme (vedi alla voce Laquidara e Capossela), possiamo brindare all'approdo simultaneo di un grande artista "in attesa di riconoscimento accademico" come Paolo Benvegnù e della sorprendente promessa, colta con inconsueto tempismo, di Iosonouncane.

Proprio quest'ultimo, protagonista di una performance multisensoriale, apocalittica e gioiosamente traumatica, avrebbe rischiato fino a pochi anni fa la dimensione di una parentesi controcorrente: e adesso si ritrova a guidare una sana evoluzione.

Non meno sorprendente risulta il pacifico arrivo di un Ligabue all'apice assoluto di popolarità, che duetta in premi ed esibizione con il simbolo della canzone d’arte che il Tenco incarna, il sulfureo Mauro Pagani. Un incontro che implicitamente simboleggia, anche da parte del mainstream, come l’ Ariston di novembre stia guadagnando maggiore considerazione rispetto a quello di febbraio, ad ogni livello di produzione musicale.

La scommessa che aspetta il Tenco non sarà quindi un lascia o raddoppia, bensì lo scoprire dentro di sé una nuova vocazione: quella di un Premio che non solo è obbligato a resistere e sopravvivere, ma che possa divenire catalizzatore di tutta la musica qualità italiana. Senza più luoghi comuni esterni e pregiudizi interni.

Precario, in una seconda giovinezza, e di belle speranze. Coraggiosamente attuale, perfettamente italiano.

                                                                            Alessio Zipoli

 

A seguire il report delle tre serate

Prima serata  a cura di Paolo Talanca

Seconda serata a cura di Alessia Pistolini

Terza serata a cura di Paolo D'Alessandro

 


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