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Edoardo De Angelis e Stelio Gicca Palli hanno chiamato a raccolta amici e artisti per ricantarla insieme

‘So’ stato io’, Lella 50 anni dopo

Serata speciale a L'Asino che Vola di Roma

Ci sono amicizie di lunga durata, che non si esauriscono con l’infanzia o con l’adolescenza, addirittura virtuose al punto da sfociare in collaborazione artistica. Edoardo De Angelis e Stelio Gicca Palli hanno continuato a frequentarsi dalle elementari al liceo, e ancora nel periodo universitario divisi tra giurisprudenza e lettere, e hanno composto così molte canzoni germogliate sulle suggestioni d’oltreoceano, dalle note che arrivavano alla fine dei ‘60 dal folk revival americano di Baez, Dylan, Simon & Garfunkel. Proprio dall’arpeggio di Saigon Bride di Joan Baez, Stelio aveva composto un brano musicale davvero ispirato sul quale Edoardo aveva cesellato un testo crudo, ispirato dalle assidue letture di Gadda e Pasolini, in un romanesco approssimativo all’epoca criticato dai puristi ma di grande potenza evocativa. Musica e parole avevano quella perfezione simbiotica, quella emotività condivisa da tutta una comunità, una drammaticità poetica e una magia che capita rarissime volte (pensiamo soprattutto al destino simile di Brigante se more di Eugenio Bennato) e tale da renderla in pochi anni una canzone ‘tradizionale’, fino a trasformarsi in un classico senza tempo.
Lella, censurata durante il Cantagiro del 1971 dove aveva sbaragliato le concorrenti tra i ‘giovani’, era stata subito adottata da Edoardo Vianello e Wilma Goich superando i veti televisivi e diventando un successo ripetuto poi negli anni nelle versioni di Schola Cantorum, Lando Fiorini (qui la cover del suo 45 giri), Antonello Venditti, Mannarino, Paola Turci, fino a quella contestata de L’Orchestraccia. E ancora.

Il 4 dicembre 2019, dopo cinquant’anni, eccoci a festeggiarne ancora l’esistenza, la persistenza nella memoria collettiva, il testo e la melodia patrimonio di tutti, anche canto allo stadio prima delle partite. L’evento, prodotto da Bearts Studio e promosso insieme a MEI, Carta Da Musica, Musicarte e Radio Rock 106,6, a cura di Federico Guglielmi, si è svolto presso ‘L’Asino che Vola’ a Roma, con una nutrita schiera di ospiti a rappresentanza di una scena vernacolare romana di tutto rispetto.

Dopo la proiezione del corto di Capuano sono salite sul palco Le Romane per la voce di Raffaella Misiti, i recitativi di Arianna Gaudio, gli arpeggi di Annalisa Baldi e la fisarmonica di Desirèe Infascelli, seguite dagli Ardecore e da Alessandro Pieravanti del Muro del Canto (autori questi ultimi due gruppi, di proprie versioni di Lella). A seguire Bianca Giovannini della Banda Jorona titolare di un album “Io so’ me” e di un live set davvero coinvolgente. Altrettanto brava Lavinia Mancusi con la sua voce potente a cantare una emozionante Le mantellate e a condividere poi lo spazio vocale con Sara Jane Ceccarelli (qui insieme nella foto in alto), che ha presentato per l’occasione un’originale versione in inglese della canzone festeggiata. Al piano per l’occasione Edoardo Petretti ha dato il cambio a Primiano Di Biase.

Dopo un energico Edoardo Vianello con Semo gente de borgata e Vojo er canto de ‘na canzone scritta proprio da De Angelis, è stata la volta di Mimmo Locasciulli (qui sotto nella foto con De Angelis) che ha sorpreso tutti con una versione recitata in abruzzese del testo di Lella. Sul palco anche Lucilla Galeazzi, con la sua solita grazia e simpatia, che ha presentato Voglio una casa dall’Arpeggiata di Christina Pluhar e Cinturini. Arriva anche il momento per Stelio di presentare alcuni brani del suo ultimo album e poi tutti insieme a cantare Lella, con emozione e gratitudine.


Una serata speciale, dove “Lella” vive così la sua maturità con piglio giovanile, battagliero, resistente. Allora, nel 1969, quando fu composta, c’era ancora il delitto d’onore, le donne morivano sì, ma non si conteggiavano perché morivano ammazzate in nome della legge. Una legge assurda cancellata solo nel 1981 che ancora echeggia scandalosa in alcune contemporanee miti sentenze di condanna. Sono passati 50 anni da allora e quella canzone che, a sentire gli autori, non voleva avere connotati di denuncia e non si riferiva a un vero fatto di cronaca, quella canzone ha preso una sua direzione, una vita propria, è diventata suo malgrado canzone contro i femminicidi, di denuncia di tutti quegli stronzi che uccidono una donna solo perché vengono lasciati, dirigendosi poi al bar più vicino a bere e a scherzare con gli amici facendo finta di niente. Oggi come allora. Poco importa che “Lella” sia nata inconsapevole della sua forza, che il cravattaro non sia l’usuraio dell’immaginario collettivo ma un vero venditore di cravatte, che abbia avuto o meno riferimenti alla realtà. Oggi li ha.

Una bella canzone ha sempre vita propria, un proprio destino, diventa costume e segnale di svolta, perché una bella canzone, proprio come la poesia rubata da Troisi a Neruda, “non è di chi la scrive, ma di chi gli serve”.
E oggi serve. A tutti.

Servizio fotografico a cura di Alberto Marchetti
 

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