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LaBase

Antropoparco

Arriva dall’Abruzzo questo trio che potremmo definire di rock “cattivo”: cattivo perché, oltre alla grinta con cui suonano (basso e chitarre svettano per aggressività e groove), hanno deciso di sviluppare testi sferzanti, abrasivi, che poco lasciano all’immaginazione e, per dirla in sintesi, parlano chiaro. Antropoparco, album d’esordio della band teramana LaBase è un concentrato di energia, a tratti persino non del tutto espressa, perché i suoni, saturi ed ai limiti del noise, non riescono a liberare in maniera compiuta la loro probabile potenza.

Scelte di produzione, probabilmente, produzione vagamente lo-fi che ha come effetto principale, quello di comprimere e “schiacciare” i suoni, rendendoli in un certo senso chiusi ed un po’ claustrofobici. Ne deriva il fatto che, a tratti, i brani si posizionino in una sorta di rampa di lancio, pronti a spiccare il volo, ma risultino contratti, compressi, e non riescano davvero ad esplodere come le premesse fanno pensare. Certo, rimane il cantato grintoso, quasi gettato addosso all’ascoltatore, in questo senso sicuramente debitore rispetto ad influenze grunge, batteria e basso che martellano impietosamente e le chitarre che macinano riff senza soluzione di continuità, sferragliando con timbri acidi, ruvidi, che solo occasionalmente si placano e si concedono passaggi meno aspri.

Grunge, si diceva, ma anche qualche goccia di punk e, perché no, di new wave, soprattutto nei momenti meno impetuosi, sono gli elementi che i tre componenti de LaBase combinano insieme nelle nove tracce del loro lavoro; atmosfere soffocanti, a tratti oscure, da periferie del mondo o luoghi post-industriali, in cui a cieli lividi e plumbei si affiancano paesaggi spettrali, lugubri, in cui regna il senso dell’abbandono, della separazione o dell’assenza. Siamo però lontani, lontanissimi, da qualsiasi influenza dark/gothic metal, anche perché di esoterico, di spirituale, di tenebroso non c’è nulla. c’è invece disperazione, desolazione, senso di rivalsa, desiderio di vendetta, crudo realismo: in certi passaggi l’immagine che più salta alla mente è quella, ad esempio, di un gasometro rimasto in piedi in una periferia industriale, di capannoni cadenti, industrie abbandonate oppure, perché no, la Battersea Power Station immortalata sulla copertina di Animals. Luoghi di solitudine, quindi, da cui alzare un grido contro il mondo, un grido di rivincita, che sia ottenuta oppure negata, luoghi in cui l’amicizia diventa viatico alla sopravvivenza, il tradimento una sorta di condanna a morte, l’amore un’illusione, o una speranza, mai del tutto tenuta realmente fra le dita. Un mix di sensazioni forti, quasi fossero dipinte sui muri con tinte violente, e solo in parte espresse, anche se la strada conduce, sicuramente, ad una maggiore capacità di renderle esplicite.

Foto di Fabio Careddu

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: La Base, Davide Grotta, Riccardo Ricci
  • Anno: 2015
  • Durata: 45:23
  • Etichetta: La Noia

Elenco delle tracce

01. Comepietradicalcare
02. Caos X
03. Primavera
04. Dejà vu
05. Il martello
06. Mai una gioia
07. Unnuovodisordine
08. Il rettile
09. Alprazolam

Brani migliori

  1. Caos X
  2. Il martello
  3. Alprazolam

Musicisti

Mirco Lucidoni: voce, chitarre  -  Antonio Campanella: basso  -  Francesco Amadio: batteria