Cuore Vivo apre la stagione dei Nomadi da indipendenti e ripropone per l’ennesima volta un disco non di inediti (tranne Toccami il cuore e Cosa cerchi da te). Ci si aspettava un lavoro che mettesse a frutto le tante vene poetiche e musicali presenti nella band, ma ciò non è stato, lasciando solo il gusto di riascoltare 8 delle canzoni della storia del gruppo che almeno, fortunatamente, non sono la tra le più famose.

La scelta ha voluto rispolverare non a caso soprattutto brani pubblicati nel decennio ‘67/’77: se in quegli anni la voce era quella di Augusto, in questo lavoro, oltre a Danilo Sacco, fanno capolino Sergio Reggioli (Isola ideale) e Massimo Vecchi (Un figlio dei fiori non pensa al domani e Cosa cerchi da te). Nel primo caso è la presentazione ufficiale di Sergio in veste di cantante, mentre Massimo ha interpretato lo spirito nomade diverse “fortunate” volte, con la sua voce ruvida che ben si presta a certi pezzi che si vestono di un abito più rock. La scelta delle canzoni segue un filo conduttore che pare ripercorrere temi che, seppur originariamente calzanti alla società degli anni sessanta e soprattutto settanta, sembrano rivivere oggi. Ad esempio le parole di Mamma giustizia, di La storia o di Noi, frutto delle collaborazioni con Francesco Guccini, sembrano ancora molto significative; per non parlare di Un figlio dei fiori non pensa al domani, inno pacifista che qualcuno potrebbe considerare troppo legato a un'epoca passata, ad un movimento di quel periodo che però ha ancora qualcosa da insegnarci, in questo tempo di “missioni” nascoste dietro la maschera della pace o dell’intervento umanitario.

Dei due inediti, Toccami il cuore sembra continuare quel percorso che “riflette” sulla malattia di Danilo e quindi anche se ben suonato e ben cantato, ha qualcosa di “già sentito”, che non dà un particolare valore aggiunto al disco. 

Forse, la più grande novità del CD è quella della produzione discografica, e su questo il leader Beppe Carletti ha dichiarato in una sua recente intervista: «La nostra scelta è caduta su Artist First di Claudio Ferrante per tanti motivi. Anzitutto perché il ruolo delle major va sciamando e poi avevamo da tempo questa idea che ci frullava in testa di renderci totalmente indipendenti. Dopo 48 anni di carriera era arrivato il momento. Ormai abbiamo la maturità giusta per certe scelta». Una scommessa che speriamo sia duratura e vincente anche nelle possibilità di regalarci nel prossimo lavoro un vero disco di inediti, non solo perché non sono mai stai pubblicati prima, ma perchè respirino davvero libertà e non  compiacimento.

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