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Floraleda

#Darklight

Si parla dell’arpa ed immediatamente dopo aver focalizzato lo strumento lo si mette subito in relazione alla musica di ambito classic tout-court, ad un approccio coerente, magari anche didattico o didascalico, ma sempre scevro da qualsiasi tipo di contaminazione, quasi a preservare questo terreno salvaguardandone una sorta di purezza, artistica ed in un certo senso ideologica. Niente di più sbagliato, per lo meno in questo lavoro.

Più di vent’anni fa un chitarrista italiano che già godeva di una certa fama e considerazione, Riccardo Zappa, uscì con un album dal titolo significativo: Definire significa limitare, ed in quell’album, ma già da quelli precedenti in verità, aveva spinto la chitarra acustica oltre i suoi consueti ambiti di utilizzo, impiegando l’elettronica, allora ai primordi, come veicolo per ampliarne lo spettro sonoro ed il potenziale espressivo. Floraleda Sacchi, giovane ma già assai nota arpista comasca, quasi a raccogliere, probabilmente inconsapevolmente, una sorta di testimone da quel tipo di approccio, si è spinta ancora oltre: partendo dall’uso di uno strumento estremamente più “classico” della chitarra, ed attraverso l’applicazione metodica e ragionata dell’elettronica, non solo si spinge ben oltre il “range” consueto all’interno del quale l’arpa si muove comunemente ma, modificandone il suono ed ampliandone di conseguenza le potenzialità espressive, le permette di relazionarsi con ambiti musicali, originariamente non certo definibili come classici, andando di fatto a creare un territorio nuovo, in cui il concetto di “classico” deve essere, necessariamente, per lo meno ridefinito.

I musicisti che vengono coinvolti, attraverso i loro brani, nel progetto che prende il nome di #Darklight, si muovono già di per se stessi lungo il sottilissimo crinale che divide la musica classica tout court da quella cosiddetta contemporanea, crinale che dà sovente luogo a dispute di svariato genere e spesso, peraltro, di assai dubbia utilità. Floraleda salta a piè pari queste dispute, diciamo così, ideologiche, spostando il discorso su un piano differente, e lo fa partendo proprio dallo strumento e dalle “alterazioni” del suono; i brani, a quel punto, ma anche lo strumento stesso con cui vengono eseguiti, escono e si allontanano dalla loro dimensione originaria ed assumono un aspetto e caratteristiche completamente difformi, scivolando all’interno di un territorio differente da quello delle loro origini.

Il fatto che questo lavoro sia entrato nella Top Five della classifica italiana degli album di musica classica di ITunes significa davvero che, forse, certi confini, ritenuti intangibili da molti anni, si stanno per modificare. Il risultato di questo approccio è un lavoro arioso, in certi passaggi quasi liberatorio, che si esprime attraverso brani fortemente evocativi, Temple of sound ad esempio, che disegnano immagini rarefatte, eppure capaci di attirare l’attenzione. Il suono è squillante, l’andamento generalmente morbido ed i timbri, malgrado il “trattamento”, sempre molto discreto al quale viene sottoposto lo strumento acustico, sono naturali e per nulla artefatti: non dunque e non tanto suoni in sé nuovi, quanto un differente e sapiente uso dei suoni stessi e, fattore non secondario, dei sampling che permettono all’arpa ed alla sua interprete di avere una base sulla quale esprimersi in totale libertà.

La sintesi, probabilmente, di tutto questo lavoro, sta appunto nella parola libertà: Floraleda Sacchi e la sua arpa si sono avventurate senza porsi limiti di genere, di ambito musicale, e senza schemi mentali precostituiti o in qualche modo predefiniti.  Quanto alla domanda, ovvia quanto scontata, che da qualche parte potrebbe sorgere, ovvero di quale genere si tratti, vale la pena, probabilmente, di fare riferimento direttamente al titolo dell'album citato precedentemente: se definire significa limitare, è allora davvero necessario definire?

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Floraleda Sacchi, Filadelfo Castro
  • Anno: 2017
  • Durata: 65:11
  • Etichetta: Amadeus Arte/Naxos

Elenco delle tracce

01. Andras
02. Temple of sound
03. Hammers
04. Requiem for a dream/Lux aeterna
05. Welcome to lunar industries
06. Adagio for strings
07. Said and done
08. Europe after rain
09. Silencio du Park Guell
10. Antartica
11. The beatitudes
12. We arrive from far away
13. Till the end
14. Near light

Brani migliori

  1. Temple of sound
  2. Adagio for strings
  3. Silencio du Park Guell

Musicisti

Floraleda Sacchi: electric harp, electronics, sampling