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Deaf Kaki Chumpy

Deaf Kaki Chumpy

Il fatto che una band, nelle sue note autobiografiche, incominci a raccontarsi ricordando i momenti in cui, ai tempi della scuola, aveva iniziato a muovere i primi passi nel mondo musicale, è un passaggio abbastanza comune, considerando che la musica, al pari ad esempio della pratica sportiva, è ancora oggi un catalizzatore importante nella vita degli adolescenti. Per quanto riguarda i Deaf Kaki Chumpy questa narrazione si arricchisce di alcuni dettagli interessanti e, per certi versi, sorprendenti: intanto la scuola, ovvero i Corsi della Civica Scuola di Jazz “Claudio Abbado” di Milano, all’interno della quale questi ragazzi si sono incontrati, si sono piaciuti, hanno unito le forze ed hanno iniziato a progettare un futuro comune che andasse oltre la frequenza e la partecipazione alla didattica.

Ma, soprattutto, ciò che balza davvero agli occhi, non tanto leggendo i credits del booklet quanto invece andando a vederli, ed a sentirli, dal vivo, è il numero dei componenti di questo ensemble, perché di ensemble ha più senso parlare: sono diciotto, con una poderosa sezione vocale, un’altrettanto potente sezione fiati, un reparto ritmico che annovera, oltre al basso, ben due batterie e le percussioni, e l’area, diciamo così, “melodica” che allinea due chitarre ed una doppia tastiera.

Insomma, hanno fatto le cose in (molto) grande, ma il risultato è, davvero, assolutamente eccellente: hanno messo insieme la tecnica derivante dallo studio e la fantasia propria di ognuno di loro, realizzando un ep con cinque brani, quasi tutti di una lunghezza superiore a quella di un brano jazz tradizionale, ed in queste cinque tracce hanno sviluppato parecchie idee, interessanti spunti ed originali suggestioni, arrivando a creare un loro proprio metodo di comporle e di eseguirle. Ne è venuto fuori uno stile davvero riconoscibile, che riesce a spaziare dai suoni di una “big band” al free jazz innestando passaggi più tipici della fusion: jazz, quindi, ma anche funk, qualche accenno di latin jazz e, altro aspetto interessante, alcune architetture tipiche del progressive filtrate attraverso l’inserimento di alcuni fraseggi tipici della musica elettronica.

Contrariamente a quanto possa sembrare, l’esito di questa commistione di stili e di generi è tutt’altro che caotico, anzi: i brani, intanto, sono assai piacevoli e scorrevoli, e pur non essendo affatto rigidi, ben difficilmente si “attorcigliano” su se stessi alla ricerca di soluzioni improbabili o meramente ad effetto; ogni strumento viene valorizzato e trova una dimensione sia nel guidare che nell’accompagnare il pezzo e l’insieme, oltre che compatto e solido, risulta essere molto equilibrato e ben definito, a tutto vantaggio dell’ascoltabilità. A tratti i brani di Deaf Kaki Chumpy sfiorano il pop, o forse più propriamente il prog melodico, addentrandosi in un territorio musicale di confine, magmatico ed indistinto, in cui è facile riconoscere echi di “altro” senza che però quel preciso genere caratterizzi in toto i brani stessi. In questo senso è già sufficiente ascoltare il brano di apertura, Delirium tremens, per comprendere appieno in quale direzione si muova questa giovane e numerosa band che, dal vivo, aggiunge alla precisione esecutiva ed alla espressività una verve ed una carica davvero invidiabili, considerando anche il fatto che, per forza di cose, è costretta a suonare spesso in spazi davvero angusti e, malgrado ciò, riesce a proporre suoni di ottimo livello.

Per ora sono una gran bella scoperta: in futuro potrebbero essere, davvero, una gran bella conferma.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Antonio Polidoro, Francesco Borrelli, Nate Wood, Tonino Restante
  • Anno: 2017
  • Durata: 45:38
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Delirium Tremens
02. African Fire
03. Bougan Ville
04. Come my way
05. Space Pt. 2

Brani migliori

  1. Delirium Tremens
  2. African Fire
  3. Bougan Ville

Musicisti

Marta Arpini: voce  -  Virginia Mai: voce  -  Emma Lecchi: voce  -  Enrico Scanu: voce  -  Giaime Mannias: flauto, percussioni, voce  -  Marco Castello: tromba  -  Pietro Selvini: sax contralto, clarinetto  -  Nick Rizzi: sax tenore, armonica  -  Giulio Galibariggi: trombone  -  Giovanni Sferrazza: sax baritono  -  Simone Longoni: chitarra  -  Alfonso Pagliuso: chitarra  -  Alberto Mancini: pianoforte  -  Matteo Ranellucci: tastiere  -  Andrea Daolio: basso elettrico  -  Sebastiano Morgavi: percussioni  -  Marco Fugazza: live electronics, batteria, percussioni  -  John De Martino: batteria