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Ivano Fossati

Decadancing

Zeitgeist, lo spirito nel tempo. Le opere d’arte riescono sempre a trattenerne un po’ - volontariamente o meno, coincidentalmente o meno. Il nostro zeitgeist, l’onnipresente impronta sul nostro vissuto collettivo può essere sintetizzata nel triangolo rovina-inerzia-commiato. Il commiato. Ed è stato proprio il commiato, la necessità del distacco da uno stato di cose che non si può più cambiare, a ricorrere in questi ultimi mesi, dal passo indietro di Steve Jobs prima di morire, alle dimissioni di Zapatero in Spagna. Dallo scarto laterale di Vasco all’addio alle scene dei R.E.M. E quello di Ivano Fossati.

È impossibile parlare di questo ultimo disco di inediti firmato Ivano Fossati senza parlare dello scontro frontale della cultura umana contro la propria decadenza, e non solo perché lo impongono titolo e traccia d’apertura (rispettivamente Decadancing e La decadenza), ma soprattutto perché è il contesto in cui è uscito l’album (l’annuncio del ritiro dalle scene del cantautore ligure) a parlare da sé. Alla necessità di resettare il corso della storia, alla mancanza di idee radicali che salvino il mondo, si può rispondere solo in due modi: restando avvinghiati ai propri piedistalli, o lasciando il proprio posto a chi può. Soprattutto se, come sembra trasparire da queste undici nuove canzoni, il cuore è davvero altrove.

Questo album arriva dopo il progressivo spegnersi della fame compositiva di Fossati, testimoniata da L’arcangelo e Musica Moderna, dopo una progressiva resa a un linguaggio musicale poco sorprendente, poco appassionato, quasi distratto, salvato soltanto dall’invidiabile maestria nel padroneggiarlo (e lui se ne rende conto: «c’è gente che parla d’amore in una lingua morta»). A emergere, più di ogni altra cosa, la retorica del vecchio che redime la propria goffaggine grazie all’amore (qui in La normalità), metafora dello stesso fatto musicale: la ricerca di immediatezza diventa il vulnus dell’insipido singolo La decadenza, ma si capillarizza poi come un plot cancer nella quasi interezza nel disco. Decadancing diventa quindi la storia della toccante necessità di “rinnegare la realtà” e darsi a una totalità esistenziale possibile solo attraverso un privato “emancipato”, il “noi due” (e a proposito Fossati sta molto attento a non confondere – v. l’ironia del recitato monolitico di Mercedes Martini sul finale di Un natale borghese). Non è un caso che il nostro allacci perennemente questi intensi quadretti sentimentali a un senso più ampio, sociale in Laura e l’avvenire, esistenziale nella suggestiva Tutto questo futuro.

Però c’è dell’altro. C’è, appunto, il commiato: Settembre. È il gioiello del disco, una struggente canzone d’abbandono che pare quasi ripescata da Lampo viaggiatore. È il saluto necessario a quello che si lascia alle spalle, è il dolore che lascia il vuoto a venire. Poche parole da dire a proposito, e chiarissime: «tenera è la notte, ma la vita è anche meglio.»

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In dettaglio

  • Anno: 2011
  • Durata: 39:14
  • Etichetta: EMI Music Italy

Elenco delle tracce

01. La decadenza

02. Quello che al mondo manca

03. La sconosciuta

04. Settembre

05. La normalità

06. Laura e l’avvenire

07. Un natale borghese

08. Nella terra del vento

09. Se non oggi

10. Tutto questo futuro

Brani migliori

  1. Settembre
  2. Nella terra del vento
  3. Tutto questo futuro