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Rev Rev Rev

Des fleurs magiques bourdonnaient

Il concetto più comune ed identificativo per l’alternative - rock definito “Shoegaze” (se ci si riferisce alle band fine anni 80 – tra tutte  Jesus and Mary Chain o My Bloody Valentine -  che d’abitudine si fissavano i piedi durante i concerti come se fossero assenti o non interessati alla facciata edonistica del rock, mentre in realta’ più che altro “combattevano” con la pedaliere degli effetti) o “NuGaze” (per le band che hanno rilanciato questo genere musicale nella prima decade degli anni 2000) è quello di un  “muro di suono”: chitarre che sovrabbondano di feedback, di riverbero e distorsione sino a creare una barriera di onde sonore talmente potenti e dense da poterne quasi toccare la consistenza, il tutto miscelato  a melodie vocali, anche queste cariche di effetti, tendenti all’impalpabile come onirici spifferi di fumo e ad  una base di basso e batteria ridondante nella sua ritmicità, che ti ancora saldamente alle fondamenta della struttura sonora. 

Il muro che ci presentano i Rev Rev Rev in Des  Fleurs  Magiques  Bourdonnaient, secondo album della band modenese uscito a Febbraio 2016, è in gran parte pura ortodossia di genere, tanto che sin dal loro primo disco autoprodotto nel 2013, riviste, siti-web specializzati e produttori del settore  si sono interessati alle loro performance: niente fronzoli da glam rock, mattonate di chitarre nei timpani e voci eteree di sottofondo - quasi fossero antiche favole noir - bisbigliate ad un orecchio impaurito. Ma c’è molto di più. Una volta scardinata la membrana del primo impatto, il rumore diventa melodia e riesci a scorgerne ogni sfaccettatura, ogni ricamo, ogni virtuoso volo sonoro. Il muro che sembrava inaccessibile, piatto ed  uniforme, in realtà è formato da una moltitudine di eterogenei mattoni: alcuni del dark più scuro, altri più rabbiosi, altri più armonici, sino a scoprirne alcuni più dolci quasi come ricami floreali, celati all’udito cosciente come una poesia immaginaria. Il risultato complessivo è estremamente intenso e magnetico e riesce a far scaturire nell’ascoltatore emozioni sinceramente genuine.

Da sottolineare poi come il primo singolo di uscita Nightwine insieme al brano di chiusura Aloft, integrino l’uniformità del disco con quello che sembra  un omaggio ad un gruppo (The velvet underground) universalmente riconosciuto tra i padri del rock psichedelico, a cui sicuramente un po’ tutte le band di genere hanno attinto nel corso dei decenni. Laura Iacuzio - novella Nico – ci accompagna con la propria voce a una sorta di marcia macabra e pare distribuire nel suo dondolare  quei Fleurs  Magiques Bourdonnaient di Rimbaudiana memoria che fanno germogliare nell’ascoltatore oppiacee visioni lontane. Inconsciamente veniamo fatti prigionieri dalla dolce ragnatela di chitarra e sitar in un intrigante e claustrofobico spazio senza tempo da cui ci lasciamo cullare sino a rimanere nudi e disarmati in un nuovo sogno.             

 

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In dettaglio

  • Anno: 2016
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Buzzing
02. Nightwine 
03. Travelling westbound
04. We can but dream          
05. Caffe     
06. Je est un autre
07. A ring without an end
08. Ripples
09. Plymouth morning
10. Blame
11. Just a spot
12. Aloft

Brani migliori

  1. Nightwine
  2. Just a spot
  3. Je est un autre

Musicisti

Sebastian Lugli: chitarra  -   Laura Iacuzio: voce e chitarra  -  Andrea Dall'Omo : basso  -  Greta Benatti: batteria