Diciamo subito che di questo che è il gruppo più “intellettuale” del polistrumentista torinese Carlo Actis Dato, con i vari avvicendamenti di organico, Eqqueqquà!!! (omaggio a Pappagone?) è non più del quarto album in vent’anni. E già questo ne evidenzia, se vogliamo, l’eccezionalità. C’è poi la musica, che anche stavolta non lascia certo inappagati. Attraverso sei brani del leader, e quattro a testa dei suoi attuali coéquipiers, tutto si sviluppa lungo coordinate in fondo attese, ma non per questo scontate.

Si parte in tipico clima à la Actis Dato (suo l’iniziale Xhosa), estroverso e un po’ chiassoso. Tipico pure lui – à la Zappa, qui, almeno così ci informa il titolo – è il successivo Zappatipico, di Tilotta, tutto sassofonistico (soprano, alto e baritono) e più compassato, finché non guadagna un’esplicita ballabilità (pur’essa elemento squisitamente actisdatiano). Debuttano qui anche i canticchiamenti caratteristici del Nostro, che raggiungono le vette più alte nel dittico Sanchi/I comunisti mangiano i bambini (e chi è che ce lo dice? “sempre quello lì/ che ha i capelli finti e che sta lì”: chi potrà mai essere?), entrambi ancora di Actis Dato, il primo dall’avvio insolitamente pacato (poi si rifà), il secondo quasi epico.

In mezzo, non vanno trascurati il vagamente arabeggiante Khamma (Di Filippo) e il trittico che segue, sempre molto florido (a tratti persino troppo), mentre nel seguito si segnala la bella solennità di Tilmit (ancora Di Filippo), l’espansione centrale (di nuovo per la triade soprano/alto/baritono) di Un giorno di fuoco (c’entrerà Fenoglio?), il clarinettistico Atropico e soprattutto il conclusivo Pagliacci a 50 metri (Tilotta), che trascorre da un avvio quasi cameristico (ascrivibile, anche qui, alla “colonia” clarinettistica del trio) a sviluppi schiettamente, gustosamente bandistici. C’è altro?             

Altri articoli di Alberto Bazzurro

Isis