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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Matteo Castellano

Ezio

Ricordo ancora la prima volta che incrociai Matteo Castellano. Correva l’anno 2009, e dal palco del Mei d’Autore arrivò uno strepito, un vortice stramazzato al grido di “Il telefono nooooooooo!!!”, con alcune gentili signore che uscivano ad occhi circoncisi dalla saletta adibita. Mi affacciai, vidi Red Ronnie fuggire con alcuni protégée come Plinio il Giovane dalla Pompei del 79 d.C., e decisi di accomodarmi nella platea presto deserta.

Era arrivato un giovane cantautore torinese, e stava violentando con allucinata maestria Fotoromanza di Gianna Nannini. Era arrivato Matteo Castellano, con una manica di saltimbanchi polistrumentisti, altri compari della neonata scuola torinese che si davano il turno nell’accompagnarsi durante i rispettivi spettacoli. Avevo subito compreso di aver davanti il crin blanc” del gruppo, impressione confermata in altri frangenti live, dove ho intravisto il nostro improvvisare cabaret in accappatoio, oppure fare il finto messia in piedi con la chitarra sopra le sedie, sempre con invidiabile savoir faire da professionista della performance, incurante dello scherno del pubblico, del disprezzo accademico, pronto a ringraziare i pochi ascoltatori ogni volta soggiogati.

Sicuramente fu una sorpresa ritrovarlo lo scorso anno nella raccolta La leva cantautorale degli anni zero, inserito tra le migliori proposte del decennio. E ancor più l’esibizione al Premio Tenco con Brunori Sas e Giovanni Block per presentare il progetto, in una trinità di fresche promesse. Innamorato lungo il nome del brano che risuonò per il foyer dell’Ariston, tra i tanti volti sgomenti, e alcuni orecchi attenti che cominciarono a maneggiare quella strana emissione di poesia.

Il giullare timido e imprevedibile, che schizzava e indugiava sulle sei corde, ce l’aveva fatta. Mancava solo l’album.

È dopo cinque anni di gloriosa gavetta che nasce Ezio, e il nome proprio fa capire di trovarsi davanti a una creatura vera, non un semplice disco. Atteso da pochi, ma da quei pochi con la schiuma alla bocca, e quindi non semplice da presentare, tra la necessità di rimanere fedele al proprio piccolo “mito”, di amalgamare canzoni sparse in molti anni, e la legittima ambizione di ampliare la fascia di pubblico. Escono così undici canzoni, ma soprattutto due tempi, con una suddivisione da vinile.

Il lato A sembra comprendere brani più canonici, per composizione o arrangiamento, che potremmo definire quasi un omaggio alla tradizione. Castellano fa capire da dove viene, quel cabaret innaffiato di Gaber e Jannacci, e snocciola novelle ermetiche e circensi che parlano di autobiografia vera (Così, Un po’ per i tuoi occhi), fino a ricalcare e aggiornare i moduli dei maestri. Così, per De André, Per morire con più stile aggiorna il modulo de La ballata dell’amore cieco, e Grigio l’invettiva anti-omolgazione di Canzone per l’estate. Un po’ per i tuoi occhi è una dichiarazione che odora degli albori romantico-demenziali di Skiantos e Vasco Rossi, mentre Se dipingessi Cristo è l’ennesimo figlio, seppur indovinato, dell’inno trans-generazionale Dio è morto. Se tutto finisse qui, saremmo davanti a un buon successore, ad una eredità rassicurata. Ma c’è dell’altro.

Il lato B tira fuori un tocco netto e sconvolto, totalmente personalizzato nella schizofrenica oscillazione – splendidamente recitata come esegesi di una realtà attuale – tra crudo e delicato, tra coccole a unghie lunghe e soffi insicuri che graffiano, che trovano vie di fuga, ma le rifiutano. E quindi partono samba spaziali in cui anche l’incertezza diventa una fiera dichiarazione (Non lo so), e si studiano tutte le tipologie umane (Fagiolino nel vento) mescolando virtù, tic, difetti, come un demiurgo giocherellone che cerca solo amici e curiosità. I sax tremano, gli arpeggi cinguettano quando non dovrebbero, e i peni galoppano in bocca a femmine serpenti, in un immaginario impazzito e sardonico che spaventa e conforta.

Nel gran finale, con La telefonata, arriva il papocchio voodoo che fa piovere di tutto, dalla psicomagia ai fioretti dedicati a produttori e discografici, tirando dentro anche noi per una scoordinata danza macabra corale che ci lascia, complici e appagati, tutti giù per terra.

La constatazione, amichevole o non, è inevitabile: Matteo Castellano ha l’unicità del cavallo pazzo di razza. E siamo solo all’inizio.

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In dettaglio

  • Produzione artistica:
  • Anno: 2011
  • Durata: 41:21
  • Etichetta: K-Brothers

Elenco delle tracce

01. Così

02. Per morire con più stile

03. Un po’ per i tuoi occhi

04. Grigio

05. Se dipingessi cristo

06. L’acqua spacca i ponti

07. Nino aveva due femmine

08. Non lo so

09. Fagiolino nel vento

10. Boccuccia

11. La telefonata

Brani migliori

  1. L’acqua spacca i ponti
  2. Fagiolino nel vento
  3. La telefonata