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Libet

Il primo ritratto

In un’atmosfera impregnata d’ipnosi sofisticata si muove il duo torinese formato da Marco Natale e Alan Spanu, due abili musicisti che hanno scelto il nome di Libet, una decisione linguistica impopolare come impopolare è la musica che confezionano. Un colpo al cuore delle orecchie rappresenta il loro primo lavoro Il Primo Ritratto, in bilico tra un indie estremo e un’elettronica incombente.

Come nei vecchi dischi di musica degli anni ’70 la voce viene spesso sovrastata dal suono, un wall of sound continuo e ingombrante, che copre l’ascolto e ci getta nell’universo dell'incomprensione. E sorge quindi la domanda legittima: geni incompresi oppure musica confusionale casuale? Difficile rispondere e per quanto questo compito debba toccare ai critici, oggi la proliferazione di ascolto, recensione e commento è talmente diffusa che probabilmente non serve più una scelta da giudice che sentenzia, ma ognuno di noi può esprimere la propria opinione.

Se si ascolta un brano come Dashi le intuizioni sonore fanno generare il dubbio che nell’atmosfera rarefatta si riesca a scorgere qualche perla di preziosità estrema, che contrasta con atteggiamenti più pop di brani come Lei. Poco si concede in totale alla varietà, ma il sound è riconoscibile tanto da non riuscire a comprendere bene il confine netto tra le tracce. Poi nella traccia finale, chiamata Anastasia, sembra esserci uno stacco netto, un punto di arrivo di una canzone, ma è l’ennesima illusione perché sul ritmo coinvolgente e l’armonia piana, non si riesce a identificare alfine una struttura.

Così dall’inizio alla fine non c’è un vero e proprio punto su cui ruotare, un fulcro da cui poter sollevare il tutto: il primo ritratto risulta più che astratto, evanescente, come l’immagine dei due musicisti che campeggia in copertina.

Insomma un album da ascoltare con il cipiglio alzato, con curiosità e umiltà di chi non può del tutto giudicare. Se proprio mi si costringe all’opinione personale, al primo ascolto non mi è mai venuta la voglia del riascolto; ma più cercavo di capire, più qualcosa rimaneva nella testa, come se fosse il primo solco acerbo di un lavoro che deve portare ancora i suoi frutti migliori futuri. Li aspetteremo e saremo pronti a quel punto a sferrare un giudizio di condanna senza pietà, o di esaltazione incondizionata.

 

 

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Manuele Miceli
  • Anno: 2020
  • Durata: 25:37
  • Etichetta: Manuele Miceli

Elenco delle tracce

01. Lei
02. Stasi
03. La mia posa
04. Sospetto
05. Dashi
06. L’indirizzo sbagliato
07. Dall’indaco
08. Anastasia

Brani migliori

  1. Dashi