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Siberia

In un sogno è la mia patria

Il nome del giovane quartetto livornese (i componenti sono nati tra il 1991 e il 1994) deriva dall’immaginario contenuto nel romanzo di Nicolai Lilin Educazione siberiana (da cui è stato tratto il film diretto da Gabriele Salvatores); tuttavia è impossibile ascoltare le canzoni della band e non pensare in primis a una pietra miliare della new-wave italiana come l’album omonimo dei Diaframma, all’epoca con la voce di Miro Sassolini. Il toponimo significa “terra che dorme”, ma il gruppo, che ha partecipato anche alle selezioni di Sanremo Giovani come semifinalista con il coinvolgente e ottimo pezzo Gioia, è pronto a ridestarla con uno stile che mostra fin da subito una riconoscibilità e anche una certa maturità (i Siberia d’altra parte cominciano a raccogliere comunque i frutti di circa sei anni di attività e gavetta).

Il riferimento ai Diaframma non tragga in inganno: non siamo davanti a un progetto nostalgico e revival, ma di un disco comunque immerso nel presente, perché risuona attuale il modo in cui la band rielabora ritmi e suoni anni ’80, dal post-punk alla new-wave appunto, dal synth-pop persino al punk dei CCCP (v. per gli ultimi due riferimenti il brano iniziale, Patria), con un atteggiamento pensoso cantautorale, che impronta spesso i testi. È attuale, perché si avverte che queste sonorità, per quanto talora potrebbero anche sembrare insolitamente calligrafiche, possono essersi nutrite, fosse pure inconsciamente, di altre forme più recenti del rock indipendente internazionale e italiano, come si nota ad esempio ascoltando alcune chitarre elettriche.

Sorprende quella che è presentata come “cupezza drammatica”: non ci sono abbandoni all’estetica del “divertentismo”, alla ballabilità o alla leggerezza “gggiovane”, ma ci si mantiene per lo più coerentemente fedeli ad una concentrazione e una sobrietà che resta impressa come un marchio di fabbrica. Nel disco troviamo suoni mai sovrabbondanti con bassi scuri e sinuosi post-punk, melodie dal passo elegante, affidate a una voce dal timbro quasi da crooner, chitarre elettriche acidule, malinconiche, o impetuose come un mare nero e chitarre acustiche che a tratti sembrano strizzare l’occhio al jangle-pop; non mancano momenti in cui le chitarre, pur poi scolpite dal basso, si fanno delicate, sfumate e ricche di grazia quasi come nello spirito di un madrigale (v. Laura oppure la prima parte di Irripetibile), o si colmano di distorsioni umbratili (quasi gothic-metal!), accompagnate da un’interpretazione intensa (Cavaliere povero); la voce di Eugenio Sournia non è una tra le tante, ma è una guida elegante ed emozionante tra i versi.

Con un lessico curato e talora poetico (con tanto di dialoghi-apostrofi e personificazioni) e in uno stile presentato come “aristocratico” e al contempo “scapigliato”, i testi affrontano argomenti come la patria che riesce a tenere le redini dello Stato o a lasciare “nella polvere / il solco di un’immagine” solo quando sanguina (Patria), la difficoltà di cogliere la gioia per tempo, le attese di vane felicità, gli sbagli, l’ingenuità e il realismo di chi china “la testa e le spalle” (Cara Francesca). E ancora si riscontrano temi come le promesse vane, la fragile “speranza di non essere in errore” e un passato di cui resta solo un “solco nel profondo, uno squarcio di ferita” (Sospeso), la solitudine, le stagioni che trascorrono e separano anche chi era cresciuto insieme; molto frequente poi la consapevolezza di un coraggio che manca anche per timidezza, a fronte del desiderio di trovare fuochi di passione, amore e forza. A concludere il disco è Una speranza, “per camminare e non strisciare”, “per riconoscermi nel buio del tuo cuore”, “per rimanere”.

Siamo in sintesi dinnanzi a un super-debutto: da ascoltare, se non   l’avete già fatto.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Ettore Ette Gilardoni
  • Anno: 2016
  • Durata: 41:00
  • Etichetta: Maciste Dischi

Elenco delle tracce

01. Patria
02. Gioia
03. Mare
04. Cara Francesca
05. Sospeso
06. Stella
07. Galahad
08. Irripetibile
09. Il cavaliere povero
10. Laura
11. Una speranza

Brani migliori

  1. Galahad
  2. Gioia
  3. Patria

Musicisti

Eugenio Sournia: voce e chitarra - Matteo D’Angelo: chitarra - Luca Pascual Mele: batteria - Piero Laganà: basso - Ettore Ette Gilardoni: registrazioni e mix - Pietro Caramelli: mastering - Alessandro Sicioldr: copertina - Mattia Iacono: progetto grafico - Antonio Gno Sarubbi: management - Andrea Rodini: management - Andrea Vittori: management