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The Scotch

Kids listen to rock

C’era un tempo in cui si cantava che “il rock‘n’roll non potrà mai morire”. La frase è assolutamente veritiera ma è  ancora più vero sostenere che a non morire mai è il blues. Il blues è un canto primordiale, che col passare del tempo pare rinvigorirsi e aumentare la propria forza. Per questo il blues mantiene sempre la stessa energia, indipendentemente dalle latitudini nelle quali viene suonato. Funziona là dove è nato, negli States, ma funziona anche in Europa e non solo in Inghilterra, patria del blues bianco. Diciamolo senza indugi, il blues funziona bene anche in Italia.

Sulla scia di grandi interpreti italiani c’è un manipolo di band che vive il blues mantenendo inalterato lo spirito dei padri e disseminando i dodici accordi lungo la penisola in sferraglianti serate musicali. Tra questi uno spazio di riguardo meritano i bresciani The Scotch, che nel 2016 hanno realizzato un doppio album che manifesta fin dalle prime note una freschezza invidiabile. Il titolo del disco è Kids listen to rock ma il termine non inganni: c’è del rock ma è ben miscelato in abbondanti dosi di blues. I The Scotch sono il classico trio al quale talvolta in concerto si affiancano altri musicisti. I tre sono Enrico Sauda (guitars, vox, keyboard, backing vocals), Nico Bignami (bass, backing vocals) e Libero Scalvini (drums, percussions, backing vocal), musicisti che vantano tutti una discreta esperienza e collaborazioni importanti, con Cheryl Porter e Luisiana Red (Nico Bignami), Daniel Sous, Miles Simmons e Granny Says band (Enrico Sauda), Houdini band e Barber shop, Pippo Guarnera e James Thompson (Libero Scalvini). Non mancano neppure le partecipazioni con diversi progetti a festival nazionali e internazionali durante i quali hanno condiviso il palco con diversi artisti di rango, tra cui Scott Finch, Jono Manson, John Popper dei Blues Travelers,Eugene “Hideaway” Bridges, Tishamingo, Nine Below Zero, John Mayall, John Campbell John, Eric Sardinas, Robben Ford,Rudy Rotta, Fabio Treves, Paolo Bonfanti.

Dopo queste doverose e meritate premesse passiamo ora a raccontarvi di questo recente progetto dei The Scotch. E’ un doppio album nel quale troviamo un primo cd che contiene quattordici brani scritti, arrangiati e suonati dai The Scotch e un secondo disco contenente otto cover tratte dalle migliori pagine del blues inglese, interpretate con l’aiuto di diversi ospiti, amici del trio. La band è coesa, compatta, non lascia molto spazio ai fronzoli, preferisce mirare dritto l’obiettivo. A capitanare il gruppo Enrico Sauda, voce calda, profondo conoscitore del blues e ottimo chitarrista, dotato di una vena compositiva che pare non conoscere soste. La prova è data dal primo disco di questo doppio album: su quattordici brani tredici portano la sua firma, uno invece è stato scritto da Nico Bignami. Fury of the sound apre il disco e manifesta subito le caratteristiche della band: suono pulito, voce ben centrata e calda, assoli misurati ma efficaci e soprattutto canzoni che una volta ascoltate lasciano dentro un retrogusto difficile da dimenticare. Family Gene è arricchita dai fiati e qui il clima si scalda, pare di veder sfilare le immagini dei Blues Brothers mentre Enrico Sauda canta. So gentle è l’unica canzone composta da Nico Bignami e qui torniamo in effetti a quanto sostiene Neil Young, e cioè che il “rock‘n’roll can’t never die”. Un r’n’r di rara freschezza che induce inevitabilmente a muovere le gambe e canticchiare il brano. Lonely heart è un lentaccio struggente che i fiati rendono sublime, veramente una splendida composizione. Ma non c’è bisogno di citare tutte le canzoni per confermare la bontà del progetto e la bravura della band, che risulta particolarmente efficace in concerto.

Se vogliamo fare un appunto sembrano funzionare meglio i brani più potenti ed elettrici rispetto a quelli acustici, nei quali si inserisce generalmente il violino. Il disco presenta anche alcuni interessanti esperimenti, come lo strumentale #22, un po’ psichedelico e un po’ prog, con la partecipazione al flauto di Alice Micali. Il secondo disco è entusiasmante: si apre con Show biz blues, brano del ’69 scritto da Peter Green, che risale naturalmente alla fase blues dei Fleetwood Mac. Segue il superclassico Crossroas blues di Robert Johnson, quindi il rock-blues Who’s that coming dello straordinario irlandese Rory Gallagher, con la voce solista di Roby Braga. Non può mancare un pezzo di John Mayall, You don’t love me e neppure un brano blues degli inossidabili Rolling Stones, Tumbling dice, primo singolo tratto da Exile on main street, disco del 1972. Con questo brano si chiude un ottimo doppio disco di blues, suonato da una band dall’anagrafe italiana ma dal sangue indiscutibilmente internazionale.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Enrico Sauda & The Scotch
  • Anno: 2016
  • Etichetta: ES

Elenco delle tracce

1 Album Set
01. Fury of the Sound
02. Family Gene
03. So gentle
04. Lonely heart
05. Fair wind
06. No man’s land
07. The grapes of wrath
08. The guilty river
09. River head
10. Don’t miss the train
11. Toll blues
12. Country Heaven
13. Slave on the run
14. # 22

2 Album Set
01. Show biz blues
02. Crossroads blues
03. Who’s that coming
04. Fire and water
05. Long grey mare
06. Mr.Big
07. You don’t love me
08. Tumbling dice

 

Brani migliori

  1. Fury of the Sound
  2. Family Gene
  3. Lonely heart

Musicisti

Enrico Sauda: guitars, vox, keyboard, backing vocals  -  Nico Bignami: bass, backing vocals  -  Libero Scalvini: drums, percussions, backing vocals