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Vegetable G

L’almanacco terrestre

Nel loro primo album in italiano, il quinto della loro carriera, i monopolitani Vegetable G ci porgono ancora una scala colorata verso il cielo, con cui guardare i pianeti con il naso all’insù, ricercare un’armonia segreta con la natura e l’universo, proiettando in una sfida favolosa il microcosmo nel macrocosmo, e trovare una ricetta di felicità preziosa, che sollevi i piedi da terra. Perché basta «un pensiero leggero» per «prendere le forme rotonde del cielo più blu» (L’uomo di pietra).

Nel disco ci sorprendono atmosfere fatate, che tra ricami acustici e delicati boccioli di piano ricreano un incanto senza tempo ne Il giardino delle sfere (con quella dolcezza onirica da carillon che avevamo già assaggiato a tratti in Saucerman), o con grazia cartoon di piccola orchestra gioiosa raccontano i colori roteanti del buonumore d’amore ne Il cielo di Van Gogh.

Buio è talora il grembo che partorisce la luce: allora distorsioni robuste sono la base oscura su cui proiettare fiati gloriosi nella malinconica ed eroica L’uomo di pietra o costituiscono i nervi basici dell’amore cosmologico dell’evanescente Galaxy Express, mentre una ritmica e metrica tesa e new-wave, un po’ à la Bluvertigo ed intessuta di synth, è lo sfondo de La voce di Pan e del suo interrogare la distanza «anni luce» dell’amata. L’idea del Plancton invece prende a tratti quasi cadenze reggae, fluttuando tra riff malinconici di chitarra e basso ed inserti di organo, gelatinoso e tremulo come l’acqua mobile del fondale silenzioso del testo.

I sentimenti del quotidiano e la loro poesia semplice e pura si nutrono di un lievito immaginifico, fantasioso e surreale al limiti del fantascientifico, che germoglia tra astronomia e mitologia, scienza e astrologia. Negli arrangiamenti una ricchezza quasi prog di archi, fiati, chitarre e synth viene piegata alla leggerezza melodiosa di un pop autorale, talvolta colorato di baroque un po’ antico, un po’ splendidamente moderno nelle sue piccole sinfonie estatiche e sognanti come la title-track, con squarci potentemente ariosi, eppure nostalgici.

Oltre ad aver cambiato lingua, abbandonando l’inglese, i Vegetable G di Giorgio Spada e compagni sembrano aver acquisito una soffice tenerezza incantata synth-pop, che disegna nuvole a colori pastello e mondi emozionali quasi fumettosi; i suoni analogici oggi sono più pieni e ricchi di calore, mentre all’“introversione” del viaggio solitario dello space-rock e alla ruvidità indie-pop subentra un’apertura cordiale ad una levigata leggerezza armoniosa, densa di magia luminosa.

Mollate gli ormeggi della prosaicità aziendalistica ed economicistica del mondo e fatevi cosmonauti di un lirismo fiabesco, che sfuma le tinte del reale in quelle del ricordo, del sogno e del desiderio. Agrodolci e struggenti, ma candide e ottimiste in modo commovente, come tutte le fantasie dei sognatori. Per fortuna sognare è gratis!

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In dettaglio

  • Anno: 2011
  • Durata: 33:01
  • Etichetta: Ala Bianca/Warner

Elenco delle tracce

 

  1.L’Aritmetica che non capisco 2.L’almanacco terrestre 3.La voce di Pan 4.Il cielo di Van Gogh 5.L’uomo di pietra 6.Il giardino delle sfere 7.La filastrocca dei nove pianeti 8.L’idea del Plancton 9.Galaxy Express 10.Le avventure dell’oblò

 

Brani migliori

  1. L’almanacco terrestre
  2. Il cielo di Van Gogh
  3. L’uomo di pietra

Musicisti

Giorgio Spada: voce, pianoforte, Farfisa, tastiere, sintetizzatori, drum machine, testi, arrangiamenti per viola e violino, missaggio, registrazioni Luciano D’Arienzo: chitarra elettrica, basso elettrico, chitarre classica e acustica Michele Stama: basso elettrico Maurizio Indolfi: batteria, percussioni, basso elettrico, cori, missaggio     Leo Gadaleta: viola, violino Enrico Gabrielli: arrangiamenti per fiati Donato Console: flauto Andrea Campanella: clarinetto Giorgio Distante:tromba Michele Marzella:trombone