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Baustelle

L'amore e la violenza

Amore, fra gli dèi l'amico degli uomini, il medico, colui che riconduce all'antica condizione. Cercando di far uno ciò che è due, Amore cerca di medicare l'umana natura" (Platone)

Uno e due, due in uno, uno è due. Basterebbe declinare l’amore e la sua reazione uguale e contraria. Cercano di farlo, con risultati sontuosi, Rachele Bastreghi, Claudio Brasini e Francesco Bianconi, sacra trinità che da Montepulciano si manifesta col nome Baustelle. Il loro settimo lavoro in studio dispiega il velo ermetico di qualche episodio precedente per elaborare una chiara riflessione sulla vita e sulla sua finitudine in relazione a due elementi fondanti dell’uomo, L’amore e la violenza.

Cromatismo acceso contro scala di grigi, arcobaleno contro stucco. Si tratta di dodici canzoni con un’espressione forte dentro, canzoni lievi quanto intelligenti e complesse, quindi esaltanti. Canzonette, dice Bianconi, ma mica tanto. Nella fine si vede il principio: la suite di chiusura di Fantasma diventa il pre-testo per avviare il disco e mostrarne subito la cifra estetica (e che gran pezzo sarebbe venuto fuori a sviluppare il tema della prima traccia strumentale Love). Suoni densi e campionamenti datati ’75-‘82, stratificazione solida e potente mescolata a un quanto mai originale intreccio delle due voci. Anguille analogiche che fanno del timbro raffinato e preciso la marca principale del lavoro, abbinato a un ritmo scandito dalle microparti della batteria e dalla pulizia di piano e chitarre. L’amore e la violenza è a tutti gli effetti un manufatto pregiato; ci è voluto tempo, ma è stato levigato con classe.



Siamo amore e siamo morte, siamo a metà tra una lirica leopardiana e una ballata politica di Pasolini. Manifesto di questa poetica pienamente romantica è Betty, messa in musica della sehnsucht. Bramosia per qualcosa, desiderio di desiderare che porta a uno struggimento a volte fatale: “Betty è bravissima a giocare con l’amore e la violenza/si fa prendere e lasciare/che cos’è la vita senza una dose di qualcosa?/una dipendenza?”. Siamo tutti Betty perché siamo tutti pioggia e sole. In questo sacrosanto brano Bianconi mescola abilmente aulico e prosaico (“piove su immondizia e tamerici/sui suoi cinquemila amici”) e giunge all’estremo, alla pulsione mortifera: “Betty ha sognato di morire sulla circonvallazione/prima ancora di soffrire era già in putrefazione/un bellissimo mattino senza alcun dolore”.

Un’incontrollabile forza animatrice, Eros, e l’opposizione all’impulso creativo, Thanatos. Ecco i due nell’uno. Le canzoni del disco si alternano nel disvelamento di questo codice binario, inanellando brani melodici e cantabili, ritornelli aperti (siamo lontani dai discanti di Fantasma) che tratteggiano una realtà comunque caduca, spegnendo quella sorta di tensione al neoplatonismo propria dell’illuso uomo contemporaneo. Siamo sesso e violenza, e a volte ambiamo a viverci solo come “lato A e lato B”. Amanda Lear rimarca il gusto di Bianconi per le canzoni-sceneggiatura: è un racconto – forse l’unico brano ad avere una così spiccata forza narrativa – tutto giocato sul flashback. Si parte da un’icona pop per parlare di tutt’altro. L’immagine di Amanda Lear scatena una diegesi a più piani (ci starebbe bene, diegesi, in un brano dei Baustelle) che dimostra come siamo amore eterno e tradimento, gelosia e “pessimismo da quattro soldi”. Basta girare il disco. È un processo preciso che trova il suo compendio nei synth avvampati e nel ritornello ipnotico (nota a margine, era il singolo giusto).

I suoni rotondi si mescolano via via a fortissimi calchi di Battiato (Il vangelo di Giovanni, Eurofestival), rintracciabili nella massiccia componente sacrale, presente in quasi tutte le canzoni: i vangeli e Bacco (“lacryma Christi), “il sangue di Gesù”, “la statua in processione”, “la messa”, “il getsemani”, “scendi dalle stelle o Re del cielo”. L’orchestra sintetica si mescola a una parte testuale che alterna versi di disarmante semplicità ma di enorme suggestione (“lei ti ha consumato come un disco dell’estate”, “non ricordo più il tuo nome e mi sento giù”) a sferzate crude. È il cut-up, tecnica letteraria che dalla penna anni Sessanta di William Borroughs arriva diretta al pop-rock italiano degli anni Ottanta. Non c’è solo l’attacco di Basso e batteria (campione di Sandokan degli Oliver Onions), ma ci sono i versi secchi, la narrazione sincopata e diminuita per un aumento sostanziale della rappresentazione, della sensazione. I brani, sin dall’inizio, si costruiscono su istantanee, su una sintesi maestosa, come fossero vecchi ritagli di articoli di Indro Montanelli: “giorni senza fine/croci lungomare/profughi siriani/costretti a vomitare/colpi di fucile”, “dalla Turchia all’Albania/posti di blocco posti di polizia/la guerra avanza/ragazzo mio ci vuol pazienza”. Nel 2005, con La malavita, la guerra era finita “malgrado la vita”. Eppure il panorama del disco documenta il suo ritorno nonostante La vita, “bellissima essendo inutile”.

Alla mera cronaca (ad esempio il terrorismo in L’era dell’acquario) Bianconi unisce qualche cenno biografico (“ti ha lasciato un figlio, Foster Wallace, tre maglioni”) forse nodale per comprendere la seconda parte dell’album. “Che fesseria, la guerra”: tra Fantasma e oggi l’autore ha fatto una figlia, ha scritto un altro libro, si è separato, e prova ad abbandonare la desolazione del mastodontico disco passato. In un panorama che fugge via bisogna afferrare la propria natura. Nei momenti di crisi, siano essi personali o collettivi, bisogna scegliere cosa essere. Bianconi sceglie di essere più disteso e onesto nella sua analisi (“non sono stato mai così tanto schiavo del mondo e attaccato alla vita”), sceglie di essere anche padre, di maturare nonostante lo stile sia evidentemente più simile a qualche ballata punk-adolescenziale dei primi Duemila che al cinismo gotico di Fantasma. Anzi, la chiave di ri-volta sta proprio qui. Non più estinzione della razza umana, non più ultima notte sulla terra, ma “pensare che la vita è una sciocchezza aiuta a vivere”. La ri-volta sembra però non diventare s-volta, a seguire il testo di L’era dell’acquario: “lascia consumare il presente, tutto sarà niente”. Siamo guerra e scherzo, siamo realtà e utopia, come “musica sinfonica in discoteca”.

Bisogna ammettere che il disco è probabilmente figlio di una strategia ineccepibile. I Baustelle hanno capovolto Fantasma per farsi trovare da un’altra parte, più liberi e più empatici ma mai retti, mai saccenti, mai edificanti. Una parte dove forse sia estimatori sia detrattori non li aspettavano. L’amore e la violenza dimostra che si può fare pop orecchiabile senza essere melodrammatici, ma addirittura raffinati, come nell’intro ansiogena di La musica sinfonica o nell’aristocratica e degregoriana Ragazzina, in cui il piano fa da intermezzo ai vocalizzi rarefatti. Si può trasformare il citazionismo in arte (lo fanno dall’Ottocento) riempiendo i testi di significato, senza ammucchiare “queste cazzo di parole senza senso dentro le canzoni”, frivolezze inutili innalzate a chissà quale ironico o geniale atteggiamento nei confronti della cultura intellettuale e della canzone d’arte. Alla fine canzonette non sono mai, ma sappiamo già “quest’anno cosa va di moda”.

Foto di Gianluca Moro

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Francesco Bianconi 
  • Anno: 2017
  • Durata: 40:37
  • Etichetta: Warner Music

Elenco delle tracce

01. Love
02. Il vangelo di Giovanni
03. Amanda Lear
04. Betty
05. Eurofestival
06. Basso e batteria
07. La musica sinfonica
08. Lepidoptera
09. La vita
10. Continental stomp
11. L'era dell'acquario
12. Ragazzina  

Brani migliori

  1. Betty
  2. Il vangelo di Giovanni
  3. Eurofestival

Musicisti

Francesco Bianconi: voce, cori, Mellotron, Solina String Ensemble, sintetizzatori, Vocoder VP330 plus, handclaps, microsampling – Rachele Bastreghi: voce, cori, Mellotron, Solina String Ensemble, organo Voc Continental, pianoforte, piano elettrico Wurlitzer, Vocoder VP330 plus, handclaps – Claudio Brasini: chitarre elettriche, chitarre acustiche – Marco Tagliola: Vocoder VP330 plus, microsampling – Sebastiano De Gennaro: percussioni, timpani, vibrafono, marimba, handclaps – Alessandro Maiorino: basso elettrico, contrabbasso – Ivan A. Rossi: sintetizzatori – Andrea Faccioli: chitarre acustiche, lap steel guitar – Diego Palazzo: Mellotron, Solina String Ensemble, cori – Ettore Bianconi: handclaps, microsampling, Solina String Ensemble in Basso e batteria e LepidopteraRoberto Romano: clarinetto in LepidopteraClaudio Guidetti: chitarra acustica 6 e 12 corde, chitarra elettrica 6 e 12 corde, bouzouki e chitarra hawaiana in RagazzinaMaria Silvana Pavan: pianoforte in Il vangelo di GiovanniVittoria De Marco: voce recitante in Amanda Lear.