Ironico, pragmatico, irriverente. Remo Remotti – classe 1924, icona dell’underground capitolino e non solo – torna a far parlare di sé con un album interamente incentrato su una delle sue tante passioni: l’astrologia. Nello Zodiaco di Remotti il nostro ha da ridire su tutto e su tutti: dall’ariete «privo d’umorismo», ai pesci che «vanno da una parte all’altra e non sanno che pesci prendere» e che «dopo tre giorni puzzano», senza risparmiare i suoi amici dello scorpione che definisce «i becchini dello zodiaco, sensuali e passionali».
Remo, con la voce vissuta e segnata dalle mille battaglie idealiste, sviluppa il suo classico spoken-word tagliente e iconoclasta, che stavolta prende spunto dai difetti, le contraddizioni e le peculiarità di ogni segno zodiacale. Ne viene fuori un turbinio di frasi che partono spesso dal suo celebre incipit – traslato dalla canzone “Roma addio” – quel «io me ne vado da… » che in questa situazione viene utilizzato per fuggire dai lineamenti caratteriali di ogni segno, in un saliscendi di amare verità e metafore visionarie.
Dietro di lui – più a semplice corredo che per una vera funzionalità – si sovrappongono i cori di Mines e una serie di basi strumentali che spaziano dal funky alla disco, fino a lambire certe atmosfere da piano bar disimpegnato.
Lo “Zodiaco di Remotti” non è un disco memorabile – né per forma che per contenuti – e neanche la prova migliore del poliedrico artista che ci ha abituato a momenti di ben altra incisività, ma certamente è una buona occasione per distrarci e riderci un po’ addosso.

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