Avete mai immaginato di essere i protagonisti del film Sliding Doors dove l’attrice non riesce a salire sulla metropolitana e così prendono il via i due destini della stessa persona? Cosa sarebbe successo se quelle porte non si fossero chiuse? Sicuramente deve esserselo chiesto Piergiorgio Faraglia quando ha deciso di produrre questo album, così come ci ha rivelato lui stesso, intervistato per noi da Alessia Pistolini, non molto tempo fa, e dove ci racconta perché la sua rinascita artistica parte da L’uomo nero.

Ne riportiamo un estratto: “…ogni vittoria col mio uomo nero è sempre parziale. Diciamo che per un bel pezzo l'ho lasciato libero di “custodire” le mie canzoni nonostante la mia voglia di farle ascoltare […]. Mi ero per così dire convinto che fosse un treno ormai passato e che andava bene così” (per leggere l’intervista intera clicca qui). Il treno quindi aveva chiuso le porte, e il suo destino, così come nel film, ha cambiato direzione. Trent’anni impegnati “solo” a fare il musicista, l’arrangiatore, il produttore e il fonico, finché “A un certo punto ho deciso che il periodo di custodia cautelare [delle mie canzoni] era finito”.

L’uomo nero, album d’esordio di Faraglia. Un lavoro che arriva diritto a stomaco e cuore, E se vogliamo associare un’immagine, ci viene in mente quella di un acero: imponente ma allo stesso tempo delicato. Fonde il folk-rock di derivazione americana con la canzone d’autore italiana, tanto da ottenere il secondo posto alle Targhe Tenco 2015 nella sezione “Opera prima”.  Undici tracce, in cui in ognuna abita la realtà, l’abbraccio e l’incubo, in un percorso nostalgico e gridato. La realtà che supera la paura, l’abbraccio che si trasforma in musica, l’incubo che diventa sogno. Il disco si apre con Avete visto mio fratello, brano che starebbe bene in un disco di Eddie Vedder, in cui esprime tutto il bisogno di comunicare il principio di solidarietà “Siamo tutti stranieri”. In Cuore di grano invece probabilmente ci parla di sé con maggiore serenità rispetto al Boogeyman, mentre in Ali di pane cerca di captare la magia di posti vissuti. Con il brano Chiamami padre mette in campo tutto il proprio carisma e le doti di vero rocker. Tra tante belle canzoni, una soprattutto merita di essere segnalata più di altre, ed è il brano che dà il titolo all’album, L’uomo nero. Poesia chiusa in un cassetto per anni e che, diventata canzone nel 2014, approda alle finali di prestigiosi concorsi e li vince, come il Premio De André per la Migliore interpretazione e il Premio assoluto oltre al premio per il Migliore arrangiamento a Botteghe d’Autore.

Questo lavoro non rientra nel capitolo grandi produzioni, nessun budget nè strategia da inventare a tavolino, nessuna major, qui siamo dalle parti di un artigianato fatto col cuore che profuma di riscatto con se stesso e con le persone che ti trovi a fianco e che hanno sempre creduto in te. Citare il famoso titolo di Morandi sarebbe facile, ma ogni tanto è giusto anche ricordarlo che la tenacia (unito al talento, of course) vince anche le sfide più dure. Come quelle con l'uomo nero. 

(Foto di Simone Cetorelli)

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