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Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo

Mephisto ballad

Nasce dal passato questo album di Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo. Nasce nel Carnevale del 1982 quando, su suggerimento del giornalista Bruno Casini, i Litfiba si resero disponibili a portare un loro contributo alla loro Mephistofesta. Una serata unica di psichedelia e ricerca di trovare un “passaggio” tra desideri e realtà, tra luce ed oscurità, trascinati dall’atmosfera del mito goethiano del Faust. Nessun ricordo di quella serata in audio e video ma la memoria, per gli autori, di un brano chiamato E.F.S. 44 Ethnological Forgery Series. Ed è dalla trasformazione di questo brano in EFS Quarantaquattro che parte il progetto di Mephisto ballad, che insieme ai musicisti vede la presenza di Giancarlo Cauteruccio, autore oltre che interprete, degli interventi vocali, intensi e tenebrosi, in alcuni dei brani dell’album. Cauteruccio, è bene ricordarlo, è un regista sperimentale che con i Kripton tanto si spese per disegnare nuove forme di arte teatrale a partire dagli anni ’80 (Di lui si ricorda, complice la colonna sonora scritta e suonata dai Litfiba, l’opera teatrale 'Eneide di Kripton'). A trentanove anni da quell’evento, con il mondo trasformato (in meglio, in peggio…? ciascuno ha la sua risposta…) una parte degli autori hanno sentito il bisogno di riscoprire quel brano “dimenticato” aggiungendone altre sette in completa sintonia che andiamo a scoprire.     

EFS Quarantaquattro
Un fruscìo con suono in lontananza quasi fosse una sorta di nave in arrivo al porto in mezzo alla nebbia. Suoni elettronici frammisti all’incedere del pianoforte con un incedere di un suono simil sirena che riempie i solchi. Le parole di Giancarlo Cauteruccio rendono inquietante il brano, che si snoda per oltre sedici minuti di sonorità stranianti ed affascinanti al contempo, quasi figlie dei primi e sperimentali anni ’70. Il pianoforte è spettrale nel suo macinare note che potrebbero essere come il compimento di una colonna sonora di uno sceneggiato di fantascienza o di un thriller. Note flebili ma incisive, ripetitive ma non monotone, inquietanti, perché no…? Scritto a quattro mani da Antonio Aiazzi, Gianni Maroccolo, Piero Pelù e Ghigo Renzulli questo brano porta alla luce un mondo sconosciuto dei Litfiba, lontano dalle sonorità per le quali sono diventati famosi ma che non sfigura rispetto a quella produzione, in quanto dimostra la capacità artistica di allontanarsi dal momento del successo per cercare nuove vie sonore alla propria creatività. Il suono del pianoforte suonato da Antonio Aiazzi viene poi “assorbito” dai suoni elettronici gestiti da Gianni Maroccolo e trascinati sulla china di una sorta di passaggio cadenzato verso una metà invisibile ed ignota. Il rientro delle note del pianoforte riportano il tutto ad una ritrovata serenità e tranquillità sonora. È come se alla precedente tribolazione fosse ora sopraggiunta la pace e l’accettazione dell’ineluttabile…         

Streben
Un parlato mefistofelico si affaccia come incipit di Streben, che “esplode” subito con suoni elettronici e sintetizzati quasi fossero la riproposizione del rumore di officine, di fonderie, di luoghi di lavoro pesante e metallico. Il sintetizzatore è potente e per certi versi quasi invadente, ma ben si amalgama a quello generato dall’elettronica. Rumori a iosa con un incedere confuso. Tutto si espande attraverso le parole, stese come fossero panni al vento, mentre suoni sincopati mostrano uno squarcio del cielo di un sabba sonoro prima che entri una chitarra elettrica a dare ancora un diverso spessore al climax generale del brano che rimane sempre esposto ad una forte tensione fino al suo svanire.

Det sjunde inseglet
Organo, sintetizzatore, atmosfera elettronica, un profumo di basso e tabla riprodotti, alla ricerca di un mix sonoro che unisca modernità a tradizione. Il suono è rarefatto e vola via quasi ad aprire il campo al brano successivo. 

Das Ende
Si apre con il pianoforte e il sintetizzatore che creano una sorta di fascio sonoro in cui incanalare le note acustiche del piano. Tutto molto etereo e sognante, molto ben strutturato con la costruzione di una dimensione onirica e visionaria. Un brano da film di fantascienza quasi che le note indirizzino verso una visione di un pianeta da abbandonare o di uno nuovo da abitare. Ma senza enfasi né felicità… Un brano caldo e freddo al contempo, mistico e terreno. Su tutto si aggiunge un lavoro di ricerca sulla chitarra acustica, probabilmente trattata, che trasmette suoni di particolare evocazione.     

Die Ballade von Mephisto
Voce, piano e sintetizzatori per un mood martellante e morbido al contento, con alle spalle un tappeto di elettronica che riempie gli spazi e trasforma il tutto in un'atmosfera onirica. Forse il brano più potente dal punto di vista del trasporto verso spazi del pensiero, verso immaginazioni di luoghi interiori e della fantasia. Uno spicchio di “follia” in una sorta di altro e nuovo passaggio verso mondi interiori che non si riescono a scorgere con la voce mefistofelica che sempre incombe a ricordare la debolezza umana…    

Die Laster
L’intro, a parte il parlato, ricorda il Battiato della prima ora, lo sperimentatore di “Clic” che ha aperto le porte (non perseguite da altri) ad un mondo sonoro di grande spessore e suggestione. Questo brano si allontana presto da “quegli indizi” cercando di esprimere un forte sentimento empatico utilizzando un frammento di un inno liturgico della chiesa Ortodossa (Megaloschemos II), spaziale e profondo.

Mephisto Ballad
C’è solo il suono del pianoforte e del sintetizzatore a guidare le linee musicali di questa traccia. Toccante e pregnante. Forse il punto più alto per intensità tra quelli proposti nell’album. È un senso di meraviglia e di stupore, unito a quello del timore della perdita, quello che guida il percorso di Mephisto ballad, alla ricerca, comunque di visioni e libertà.

Doppelganger
Organo, elettronica e sintetizzatori sono i protagonisti dell’atto finale di un album molto particolare ed inusuale per questi nostri tempi musicali. Doppelganger è carico di suoni quasi sbocciassero da un canale improvvisamente venuto allo scoperto con il suo imperioso carico di acqua. Le parole finali, mefistofeliche, chiudono il pezzo all’improvviso.

Se ancora non si fosse capito, parliamo chiaramente di un album per estimatori delle sonorità elettroniche senza data e senza tempo. Sperimentazione ma senza “estremismi”, con la presenza di melodie ed armonie di buona assimilazione e desiderio di riascolto per meglio percepire passaggi altrimenti sfuggenti. Degli autori poco possiamo aggiungere alla loro poderosa storia musicale che, almeno discograficamente, parte all’inizio degli anni ’80 ed ancora oggi è presente ed attiva. Due formidabili musicisti che, come dimostra questo album, non si appaga di quanto già fatto ma ricerca, con costanza e perizia nuove forme sonore da diffondere proporre ai loro estimatori (e non solo…).    


 

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Gianni Maroccolo
  • Anno: 2021
  • Durata: 52:20
  • Etichetta: Contempo Records/Goodfellas

Elenco delle tracce

01. EFS Quarantaquattro
02. Streben
03. Det sjunde inseglet
04. Das Ende
05. Die Ballade von Mephisto
06. Die Laster
07. Mephisto ballad
08. Doppelganger

Brani migliori

  1. Die Laster
  2. Mephisto ballad
  3. EFS Quarantaquattro

Musicisti

Antonio Aiazzi: organo, piano, sintetizzatori - Gianni Maroccolo: elettronica e basso - Flavio Ferri: percussioni, chitarra elettrica, chitarra acustica, sintetizzatori - Giancarlo Cauteruccio: voce