Kalweit And The Spokes
Ricordi, fantasmi, simboli, malinconia, ma anche ironia, suoni avvolgenti e suadenti: il secondo album dei Kalweit and the Spokes inietta evanescenze elettroniche, ora perlescenti, ora inquiete, in un tessuto musicale liquoroso.
Quest’ultimo ammalia con robuste chitarre distorte alt-rock (v. Hank’s Hour) e con trame di arpeggi post-punk (talora anche in odore di post-rock, come nella traccia di apertura, Kate and Joan), oppure alt-country e folk-blues, due generi seguiti già nel primo lavoro, Around the Edges (2010), spargendo odori e sapori di un’America on the road; in questo senso si ascolti la title-track strumentale, o la ritmica di Pull the Drapes, con coda vertiginosa e maestosa di chitarre frementi.
La voce di Georgeanne Kalweit, già cantante dei Delta V dal 2001 al 2004, scivola dentro scura, ammaliante e notturna come un buon vino: accarezza elegante e sobria, sospira e racconta. Tra i suoi bassi fascinosi No Need assume il passo di un sinuoso synth-pop, mentre estrosi appaiono i suoni vagamente vintage di Liquor Lyle’s. Efficace e divertente appare invece l’ironia di Barbie Bit the Dust, un brano eclettico che alterna la chitarra acustica a brillanti sonorità electro, a tratti quasi sognanti, e a ritmi graffianti alternative, mentre tese e nervose suonano le distorsioni della strumentale Pea Green Sky, infarcita di percussioni varie.
Un groove accattivante fa da spina dorsale a Appliances, con chitarre e bassi che sanno quasi di 70’s e una pausa in cui trattenere il fiato, per poi lasciarsi riaccompagnare in una ritmica quasi ballabile dall’interpretazione suadente e sicura di Georgeanne.
Accorate e delicate risuonano le note di Wetutanka, racconto di un mondo scomparso tra le varie, differenti stagioni della vita di un’isola, e ballad agrodolce e nostalgica, con un recitato che a tratti rammenta quello profetico di Patti Smith, con svirgolate di clarinetto basso e con tenui ricami (languidi, ma discreti) di un violino folk.
Possente e poetico è infine l’incanto intessuto dagli ospiti Gnu Quartet, tra note di piano e chitarre, nella conclusiva Fifth Daughter, composta quando del gruppo era ancora componente determinante il fondatore Leziero Rescigno (Soul Mio, La Crus, Amor Fou), poi sostituito da Mauro Sansone alla batteria. Un disco raffinato, ben prodotto e convincente: avanti così.
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01. Kate and Joan
02. Liquor Lyle's
03. Barbie Bit the Dust
04. Mulch
05. Appliances
06. Murky Stuff
07. No Need
08. Pea Green Sky
09. Hank's Hour
10. Pull the Drapes
11. Wetutanka
12. Fifth Daughter
Georgeanne Kalweit: voce - Giovanni Calella: chitarra, tastiere, piano - Mauro Sansone: batteria, percussioni - Gnu Quartet: ospiti nel brano 12 - Nicola Masciullo: bass clarinet (brano 11) - Eloisa Manera: violino (brano 11)