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Chiara White

Pandora

“Ho scoperchiato il vaso di Pandora
ed ho incontrato me”.

Con questo verso si apre Pandora, il secondo album di Chiara White. Aprire il mitico scrigno e lasciar uscire tutti i mali che affliggono l’uomo è, per la cantautrice fiorentina, metafora dello scavare a fondo nella propria interiorità, portando alla luce paure e inquietudini per poi liberarsi da esse. Soltanto affrontando ciò che più ci spaventa si può intraprendere un percorso catartico e rinascere ad un’esistenza nuova. Si tratta, dunque, di un concept album, in cui la prima e l’ultima traccia fungono da cornice, mentre ciascuna delle altre sette è dedicata ad un “mostro”: in questa “stagione all’inferno” l’io lirico incontra infatti diverse creature, alcune minacciose, altre inquietanti e disturbanti, appartenenti a varie tradizioni, dalla mitologia greca a quella nordeuropea, che simboleggiano altrettante condizioni di paralisi dell’io e della volontà.

Pandora, la title track, rappresenta la donna curiosa che, disobbedendo al volere di Zeus, apre il vaso che contiene tutti i mali dell’umanità. Nel brano la voce di Chiara è protagonista, in un arrangiamento essenziale in cui il basso si fa cuore pulsante. Spalancando lo scrigno della propria anima ha inizio per la protagonista un viaggio di discesa agli inferi, una esplorazione degli anfratti più remoti della propria anima. Il primo mostro in cui ci si imbatte è il Minotauro in Dedalo; qui Arianna non è figura salvifica, ma ella stessa si smarrisce “al centro del mio labirinto senza un filo/ fatto di passato e di speranze disperate” e anche i sentimenti non redimono: “L’amore non è la soluzione, non salva dalla propria condizione”.

 

Neroseppia, uno dei brani migliori dell’album (clicca qui per il video), evoca la figura simbolica del ‘Kraken’, la leggendaria creatura marina simile ad un’enorme piovra, qui metafora della depressione. I suoi tentacoli paralizzano, il suo nero inchiostro si espande ovunque e il “male oscuro” diventa l’unica realtà, mentre anche le relazioni affettive si svuotano di significato: “Io sento che non c’è più niente di me e penso a te che mi parli di noi…”. La traccia è una ballata che si apre sulle note della chitarra acustica e termina su quelle dell’ukulele. La dolcezza della melodia contrasta con l’asciutta impotenza veicolata dalle liriche: il buio divora la coscienza, inesorabilmente ed in modo quasi indolore, finché i cieli divengono senza tramonti e i mari senza onde.

Anche lo scorrere del tempo, inesorabile e ciclico, può essere nemico (Girotondo): non c’è armonia tra il suo moto incessante e il volgere delle stagioni della vita, private di senso.  Allo stesso modo, la figura maschile, imponente, monoculare, simile ad un Ciclope, rischia di sottomettere la donna, che tenta di ribellarsi e di rivendicare la propria identità (Il Mio nome non è Nessuno). Parte poi con percussioni dal ritmo quasi ancestrale Regina Mida: tutto quello che la protagonista tocca si trasforma in fango, a causa della sua irresolutezza. Eppure nella melma c’è una promessa di rinascita: “in quel fango c’è caos che si apre a nuove identità, fertilità”.

Il mostro dei terrori infantili, l’uomo nero o “babau”, viene descritto in Valse à la nuit: esso personifica la paura del buio e basterebbe accendere la luce per sconfiggerlo. Un’altra creatura acquatica, quella di Loch Ness, immerge l’ascoltatore in un’atmosfera magica e romantica e conduce nel regno delle illusioni perdute in cui è bello, ogni tanto, smarrirsi. Voce e chitarra creano qui suggestioni quasi ipnotiche che accarezzano il cuore.

E infine, come sul fondo del vaso dell’eroina mitologica c’era la speranza, l’ultimo elemento contenuto nello scrigno di Chiara è l’Eden, in cui l’uomo e la donna sono “due dei sul fondo del mondo, alla fine del cerchio” e possono creare insieme una inedita realtà, in cui tutto si rinnova: “Chiamami come vuoi, sarò nuova, ti chiamerò come voglio io, sarai nuovo”. La canzone rievoca molti simboli dei brani precedenti, come il girare in tondo, il fango, il labirinto: Arianna ha finalmente ritrovato il suo filo e, dunque, dalla prigione interiore si può uscire. Le sonorità, qui, ricordano a tratti i CSI e la vocalità quella di Ginevra di Marco, altra cantautrice toscana della quale Chiara White di recente ha aperto il concerto alla Fortezza del Girifalco di Cortona (AR).

 

Chiara Cavallina (White è il cognome della madre, di origine inglese) si divide tra l’attività musicale e quella accademica (è ricercatrice in Scienze Geologiche). Ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui quelli di finalista alle Targhe Tenco, al Premio Bianca D’Aponte e L’Artista che non c’era 2021 (qui in alto nella foto un momento della finale), è poetessa ed attrice ed è molto attiva sulla scena artistica toscana. La sua scrittura parte sempre da chitarra e voce, ma questo nuovo lavoro, a differenza del precedente “Biancoinascoltato” (2018), acquisisce suggestioni elettroniche e sperimentali che completano, senza prevaricare, gli strumenti acustici. L’obiettivo della cantautrice era di ricreare, anche grazie agli arrangiamenti di Elia Rinaldi, un “altrove sonoro” che sembrasse essere abitato dalle creature mitologiche che popolano l’album.

Pandora è un disco raffinato, maturo, in cui la poliedrica vocalità di Chiara emerge sull’affascinante tessuto sonoro e trasmette emozioni intense, accompagnando l’ascoltatore lungo un percorso tortuoso, popolato dai demoni dell’interiorità, per poi sfociare verso la catarsi e la trasformazione. 

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In dettaglio

  • Anno: 2021
  • Etichetta: Suburban Sky Records / Audioglobe

Elenco delle tracce

01. Pandora

02. Dedalo

03. Neroseppia

04. Girotondo

05. Il mio nome non è Nessuno

06. Regina Mida

07. Valse à la nuit

08. Lochness

09. Eden

Brani migliori

  1. Pandora
  2. Neroseppia
  3. Regina Mida

Musicisti

Chiara White: voce, chitarra acustica, ukulele, glockenspiel, chitarra elettrica, tastiera
Elia Rinaldi: tastiere, basso synth, drum machine, chitarra elettrica;
Guido Melis: basso;
Giulia Nuti: viola;
Alessandro Alajmo: chitarra elettrica;
Omar Cecchi: batteria;
Pietro Horvath: contrabbasso;
Marco Monelli:
piano