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Ministri

Per un passato migliore

Quarto album, in soli sei anni, per il terzetto milanese dei Ministri, i quali, forse anche grazie agli avvenimenti accaduti in questi tempi, non hanno mai avuto eccessivi problemi a “cantarle sul muso” ai loro ascoltatori.

Complice anche un approccio musicale diretto, ruvido, a tratti aggressivo, sin dall’esordio di I soldi sono finiti, uscito nel 2007 (con brani come I soldi sono finiti, Lo sporco della Grecia, Il sangue dal naso…) hanno parlato, in senso ampio, del disagio: quello del vivere, del lavorare, e del non lavorare, dell’abitare, del relazionarsi con le persone. Hanno poi rincarato la dose con Tempi bui, 2009 (in cui spiccano la title-track Tempi bui, Il futuro è una trappola, La faccia di Briatore, Diritto al tetto, Ballata del lavoro interinale…), e picchiato altrettanto duro con Fuori, 2010 (che contiene fra le altre Vestirsi male, Tutta Roba Nostra, Una questione politica, Mangio la terra…) e all’inizio di quest’anno concludono, o forse completano solamente, questo percorso narrativo con il loro ultimo lavoro, Per un passato migliore.

Titolo ambiguo (che ricorda un po’ quello della biografia del grande Vittorio Gassman, ovvero Un grande avvenire dietro le spalle), certamente, a cavallo fra rabbia, nostalgia, forse anche un accenno di cedimento, ma sicuramente non di resa, anzi; basta ascoltare l’incipit di Mammut, l’equivalente di una martellata sui denti, per capire che, usando una terminologia essenziale ma molto intensa, la guerra continua, con la medesima energia di sempre.

Non siamo di fronte ad un gruppo che realizza canzoni “di protesta” nel senso classico del termine; i Ministri guardano la realtà (ed in questo sono attualissimi…) e la descrivono in modo crudo, senza troppi giri di parole, senza neppure darne una interpretazione, proprio perché è talmente chiara da non avere bisogno di alcuna mediazione, “…ma uno di noi si sbaglia, uno di noi si schianterà…”; e si prosegue con Comunque, più che una canzone un grido, una presa di coscienza che la realtà immaginata non è, per nulla, simile a quella effettiva.

Federico Dragogna scarica riff serratissimi e violenti, Michele Esposito è una macchina in piena corsa, Davide Autelitano (qui nella foto) prima conquista, poi aggredisce con la voce ed un basso martellante, ai limiti del parossismo.

E se qualcuno pensava che il quarto album sarebbe potuto diventare un’occasione per “tirare il fiato”, beh… errore; anche quando la musica permette di tirare il fiato per qualche momento, La pista anarchica, le parole pesano, come macigni, proprio perché sono di un realismo inquietante: niente giri di parole, metafore ridotte al minimo, e comunque facilmente comprensibili.

In fondo quando anche le esigenze minime, quelle più elementari, diventano un “problema”, una fonte di angoscia, una causa di preoccupazione, allora sorge la necessità di esternare questo disagio, di qualunque tipo esso sia, ed i Ministri riescono, senza apparente difficoltà, a tradurre in canzoni queste sensazioni, come nei brani Caso umano oppure Una palude.

Realismo, certamente; presa di coscienza, anche; soluzioni? Forse… ma se è vero che la musica spesso cambia la vita, è altrettanto vero che non sempre riesce a cambiare l’esistenza… può però offrire qualche spunto interessante sul quale riflettere, il che non è affatto cosa da poco.

 


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In dettaglio

  • Produzione artistica:  Ministri, Tommaso Colliva, Giovanni Versari

     

  • Anno: 2013
  • Durata: 54:59
  • Etichetta: Godzillamarket/Warner

Elenco delle tracce

01. Mammut

02. Comunque

03. Le nostre condizioni

04. La pista anarchica

05. Stare dove sono

06. Spingere

07. Se si prendono te

08. Caso umano

09. Mille settimane

10. I tuoi weekend mi distruggono

11. I giorni che restano

12. La nostra buona stella

13. Una palude

 

Brani migliori

  1. Comunque
  2. La pista anarchica
  3. I giorni che restano

Musicisti

Davide Autelitano: voce, basso  -  Federico Dragogna: chitarra, voce  -  Michele Esposito: batteria  -  F Punto: tastiere