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Paolo Farina

Provini per Colombini

Diciamo la verità: se il produttore Alessandro Colombini avesse ricevuto “qualche” decennio fa, come provino l’album così come prodotto e pubblicato, oggi, da Paolo Farina, probabilmente ci avrebbe fatto più di un pensiero a chiudere un contratto con l’artista. Ma l’autore, con grande umiltà, spiega, con un veloce intro (Provini per Colombini) che cosa il produttore gli consigliò di fare al fine di potersi “attrezzare” per la carriera artistica. Ma è bene sottolineare che l’ascolto dell’album non è una sorta di ritorno alle origini (Paolo Farina, tra l’altro, nel corso della carriera è stato autore di album di differenti stili, dalla musica etnico-popolare, al cantautorato, al blues) ma “l’aggiornamento”, soprattutto sonoro, di canzoni scritte in un particolare periodo sia storico, che sociale ed artistico che esistenziale/personale dell’autore.

Per meglio fare emergere la ricchezza di quanto scritto a suo tempo, fondamentale è stato (come si può ascoltare) il supporto musicale del sempre bravo Lele Battista che con tastiere, Hammond e pianoforte ha contribuito a creare un climax sonoro di grande intimità e qualità sonora. Andrea Manghisi con la sua chitarra acustica ha riccamente cesellato quasi tutti i brani (tranne uno) in cui è coinvolto, così come le percussioni di Sandro Esposito sono state il supporto ottimale alla ritmica delle canzoni.

 

Un album, “Provini per Colombini”, che risente certamente delle atmosfere del tempo che fu ma che, incredibilmente, non appare come datato, basta mettersi con la predisposizione che un salto temporale non significa rimanere nel passato. La chiave di lettura che aiuta a comprendere meglio il tutto è aprire una finestra su un tempo in cui si parlava di rivoluzione (Il giorno dopo del gran giorno), oppure della ricerca del proprio posto nella società/Storia/futuro (Avevo 18 anni, Questa lunga strada, Uomo mancato). Ma anche al dove porre lo sguardo per comprendere la distonia tra i desideri e il tempo rubato dal lavoro (Dove sei). C’è spazio pure per il ritorno alle ‘origini’ e al bisogno di comunità dopo il tempo del disorientamento nella città (Fa presto treno), così come non poteva mancare il tema affettivo, con le sue aspettative e le possibili delusioni (Sai che cos’è e Dimmi che farai), insieme ai desideri di rivoluzione e di amore che, mischiati, rischiano di perdere in personalità (Qualcosa da capire). Senza dimenticare il tempo in cui non era poi così inusuale uscire di casa con lo zaino in spalla alla ricerca di sé stessi (Questa lunga strada) o dell’utopia di una dimensione diversa dal quotidiano (Nello spazio di un incontro).

 

Se all’ascolto odierno i temi delle canzoni potrebbero apparire come ingenui o datati (ricordiamolo, non si può ignorare che sono canzoni scritte tra il 1973 ed il 1977 e la foto in alto una foto di Paolo d'archivio…), l’errore nel giudizio sarebbe proprio quello di ridurle ad un piacevole revival dell’autore. E invece così non è, perché proprio quella ‘ingenuità’ compositiva degli esordi (che non fruttò un album) vive di luce propria grazie alla sua immersione nelle sonorità create da strumenti ed arrangiamenti che nella loro levità rendono l’album godibile.
Un album che si presenta con una grande semplicità anche nella sua confezione: copertina chiara con immagine dell’artista su cartoncino zigrinato e inserto con i testi (i caratteri sono “d’epoca”), uno scritto del giornalista/scrittore Giordano Casiraghi ed un ricordo del musicista Stefano Danesi, che, come scrive Farina nella relativa nota, è stato ottimo chitarrista (con cui ha suonato), componente del nucleo fondatore di Radio Popolare di Milano e, soprattutto, il suo primo amico dopo l’arrivo a Milano. Chiudo questa breve disamina con una riflessione sincera: avevo delle prevenzioni nel recensire “Provini per Colombini”, perché temevo che potesse essere un album con canzoni dai testi datati e ridondanti (e per certi versi lo sono, ma il giudizio va equilibrato mettendo in conto che parliamo di un esordiente di inizio-metà anni Settanta…). Mi sbagliavo e ho fatto bene ad ascoltarlo con attenzione e recensirlo. Ultima chicca, da godere alla fine di Questa lunga strada, il suono antico - e da tempo “fuori moda” - dello strumento principe dell’India: il sitar (qui nel disco suonato da Ashanka Sen, nella foto), giusto per non dimenticarsi di cosa, allora, bolliva in pentola…

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Paolo Farina; Arrangiamenti: Paolo Farina, Lele Battista, Andrea Manghisi
  • Anno: 2022
  • Durata: 47:22
  • Etichetta: Radici Music Records

Elenco delle tracce

Lato A

01. Provini per Colombini

02. Nello spazio di…

03. Sai che cos’è

04. Dimmi che farai

05. Avevo 18 anni

06. Il giorno dopo del gran giorno

07. Dove sei

 

Lato B

08. Fa presto, treno

09. Qualcosa da capire

10. Arriva primavera

11. Uomo mancato

12. Questa lunga strada

Brani migliori

Musicisti

Paolo Farina: voce;
Lele Battista: pianoforte in #5, 7, 9, 10, 11, 12; organo Hammond in #2, 5, 9; tastiere in #2, 6, 7, 8, 10; cori;
Andrea Manghisi: chitarra acustica in tutti i brani tranne #10;
Sandro Esposito: percussioni in #2, 3, 5, 6, 9, 11, 12


OSPITI
Ashanka Sen: sitar in #12;
Francesco Cardillo: chitarra acustica in #12;
Mario Conte: flauto traverso in #03;
Giuseppe Fiori: basso acustico in #02;
Vincenzo Aversa, Lory Coletti, Carlo Costante, Graziano Schena, Silvia Ignazi: cori #06