Questo disco è un passaggio, dicono i Piet Mondrian. Affermazione forte. Quasi una dichiarazione di sconfitta rispetto al precedente Misantropicana, che li aveva lanciati nel firmamento indie nel 2010. Come già un nasuto toscano aveva fatto qualche tempo fa, Michele Bandini & band (l'uscente Caterina Polidori, l'ospite Eva Bianca Dal Canto) scelgono di affrontare questo momento decisivo del loro cammino artistico tirando giù qualche santo (quasi letteralmente).

Purgatorio è, appunto, un'occasione di espiazione, un viaggio peccato capitale per peccato capitale nell'umanità dolente di cui facciamo parte. Sette i peccati capitali, i soliti, ma diverso l'angolo di ripresa: non una condanna, non una piena assoluzione, ma un'indagine, cercando di mettere a fuoco le questioni fondamentali di ogni inciampo. Anzi, la questione fondamentale: che questa parentesi (?) terrena è “come il purgatorio”, e che, fondamentalmente, va presa com'è.

Nonostante quel che si potrebbe pensare a un primo ascolto, Purgatorio non è un disco poi così tanto difficile. La sensazione che si abbia molto da dire ma che ci si perda nel cammino emerge molto presto: il duo Gola – Lussuria benedice il disco sotto i migliori auspici, con una scrittura impietosa e inventiva (persino lirica nella seconda), ma da Avarizia in poi si pende pericolosamente dalle parti del cazziatone (anche Invidia e Superbia), tradendo la scintilla originale di un'indagine probabilmente si voleva più umana. Se si aggiunge poi il frequentare gli stessi luoghi musicali (il new wave interpollinato di Paradiso Terrestre e Accidia, i ventralismi blues di Gola, il post-blues di Avarizia, il monodico folk di Ira e Invidia), diventa evidente che Purgatorio è un disco ancora adolescente – ma a cui, in quanto tale, non manca il gusto dell'essere carognetta.

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