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Simone Cicconi

Rumore

Un istrionico trapezista in bilico su di un filo fatto di note, sospeso tra sogno e ragione. Così immaginiamo Simone Cicconi. Sotto di lui un profondo burrone o forse lo spazio infinito, in ogni caso l’oscurità più misteriosa. Per non cadere nel vuoto, il nostro trapezista guarda sempre dritto di fronte a sé, procedendo aggrappato al solido appiglio dell’autoironia, di cui è generosamente dotato. Al di là della metafora, Simone Cicconi, musicista e produttore originario di Macerata, sembra davvero in bilico tra il certo e l’incerto, tra il concreto e l’evanescente, tra il consueto e l’inconsueto, alla ricerca di un equilibrio su questo suo filo fatto di musica e parole, sopra il quale procede oscillando ma non troppo. E passo dopo passo, questo percorso l’ha condotto fino a Londra, dove da alcuni anni vive (anche) di musica, sia avanti che dietro i microfoni.

Le tappe della sua vita si possono ben rintracciare anche nella sua produzione, infatti il suo secondo lavoro sulla lunga distanza, Rumore, giunto tre anni dopo Troppe note (ma in compenso anche troppe parole), mostra un’innegabile capacità di proporre musica aperta ai confini internazionali seppur cantando nel suo idioma natìo. Cicconi non sembra voler osare con soluzioni troppo complicate, che potrebbero farlo sbandare e precipitare nel vuoto, benché d’altra parte non sembra nemmeno voler seguire la via in linea retta, così decide di far fede sul suo background variegato, facendo attenzione a non risultare troppo derivativo. Il suo Rumore diventa in tal modo una lunga lista di ispirazioni cucite abilmente come un patchwork sonoro da gran professionista, all’interno delle quali si sente comunque pulsare la vena creativa della personalità dell’artista. La sua voce, per quanto non originalissima (spesso ricorda quella di Caparezza), stride graffiante infilando le parole fin dentro le orecchie, impilandole una dietro l’altra con una veemente raffica di storie, opinioni e verità mai assolute ma spesso condivisibili, ed è usata con assoluta maestria, riuscendo a vestirsi ora di rabbia, ora di dolcezza e ora di ironia, sempre in maniera credibile.

Musicalmente, invece, anche in questo nuovo lavoro, come nel precedente, l’elettronica gioca a carte con l'heavy metal ed entrambi i generi alternano le proprie vittorie e sconfitte senza definire mai nettamente i reciproci confini; senza mai accettare l’uno i compromessi dell’altro ma continuando a confrontarsi e talvolta a combattere per una convivenza paradossalmente armoniosa e certamente mai noiosa, i due generi fanno da potente base all’impostazione da rapper (che non disdegna impennate blues) del tagliente cantato del nostro trapezista provetto. Tuttavia, quello che risulta evidente dall’ascolto del disco, ancor più che la capacità di Cicconi di tenere insieme mondi apparentemente distanti racchiudendoli tutti sotto lo stesso cielo, è l’urgenza di comunicare, che traspare a volte più (“mettici l’anima e poi scrivi, ma qui nessuno sta a sentir”, canta in una delle tracce più riuscite del disco, Canto notturno di un lavoratore errante dell’Europa (non più) Unita) a volte meno, tipo nella ballata Nostra Signora della Statale, un po’ retorica e fuori dalle sue corde.

Interessanti gli spunti sia di testi maggiormente sociali o filo-politici (la suddetta Canto notturno… ma anche L’età della ragione), che quelli delle storie più personali e legate alle proprie esperienze di vita (Non sto provando a dirti che ti amo o Buongiornissimo Kaffeè?!??!1!. Su quest’ultima vale la pena di soffermarsi un attimo per sottolineare che la punteggiatura del titolo è proprio questa qui riportata, con tanto di numero “1” tra i due punti esclamativi finali, come spesso accade quando si digita troppo furiosamente un’esclamazione in chat. Questo tra l’altro è uno dei brani più ironici dell’album, in cui l’affilato sarcasmo dell’artista gioca con doppi sensi e cliché.

Per concludere, Simone Cicconi è un maestro del suono e ha una penna che può far male e potrebbe farne ancora di più se solo provasse a saltar giù dalla corda su cui abilmente si tiene in equilibrio, per scoprire se dietro quell’oscurità misteriosa si cela davvero un vuoto cosmico incolmabile e mortale o se, con quella speciale dose di follia che al nostro non manca, è possibile in quel vuoto cominciare a costruire un mondo parallelo, tutto da inventare. Chissà.

Foto di Raffaella Vismara in occasione della giornata finale del concorso L'Artista che non c'era

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Simone Cicconi
  • Anno: 2018
  • Durata: 49:00
  • Etichetta: Art Media Music

Elenco delle tracce

01. L’età della ragione
02. Rumore
03. Simone s’è incazzato
04. Questa non è un’esercitazione
05. Non sto provando a dirti che ti amo
06. Canto notturno di un lavoratore errante dell’Europa (non più) Unita
07. Nostra Signora della Statale
08. Buongiornissimo Kaffeè?!??!1!
09. Praticamente
10. La città dei gabbiani
11. Dentro quella casa

Brani migliori

  1. Canto notturno di un lavoratore errante dell’Europa (non più) Unita
  2. L’età della ragione
  3. Non sto provando a dirti che ti amo

Musicisti

Simone Cicconi: voce, tastiere, chitarre, basso, batteria, programmazioni - Nazzareno Zacconi: chitarre - Alessandro Rossi: basso - Giuseppe Diamanti: sax - Riccardo Pietroni: synth - Ludovica Gasparri: voc