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Sara Romano

Saudagorìa

Le canzoni di Sara Romano sono una poesia della mancanza.

La mancanza di un centro unificatore nel nuovo millennio produce l’incertezza nei rapporti tra le persone. E molto più particolarmente qui la sofferenza del male di vivere quotidiano viene cantata con una freschezza che sfiora la catarsi, per poi incupirsi di nuovo nel chiuso del canto dialettale. E se volessimo solo fare l’elenco delle cose che mancano pur sussistendo una musica gradevole all’ascolto, potremmo elencare il vuoto con cui ha a che fare l’io lirico, certo donna perché donna è chi canta, ma donna in quanto essere fuori dalla competizione arrivista che sta attorno al suo universo.

Il dialetto siciliano fa sentire la mancanza dell’italiano, cosa che non avviene in album di altri perché prettamente dialettali, oppure con una o al massimo due canzoni in vernacolo. Qui invece la lingua italiana sembra scomparire piano piano, come un ultimo baluardo che si perde, soffocato dalla gente che col suo chiacchiericcio seppellisce il dialogo, come ne La Genti, primo dei brani in questione. 3 italiane, 3 siciliane, 2 italiane, 2 siciliane: sembra quasi una lotta tra i due linguaggi, in cui la dolcezza della donna fa posto pian piano all’istinto della propria specie, quanto di più dolce ci sia in fondo. La mancanza di un figlio, nella traccia d’apertura Nella Neve, diventa subito il simbolo della donna che si apre all’uomo, il cui volto vorrebbe vedere sul volto del proprio bambino. Ma questa armonia viene inesorabilmente spezzata per la paura di lui: “un figlio nella neve, mi hai chiesto / forse potremo, non è detto / che sia il momento giusto”.

Quasi come in un concept album, arriva il brano che dà il titolo all’intera opera, Saudagorìa, gioco di parole tra la saudade portoghese, ovvero la nostalgia tipica della bossa nova brasiliana, e allegoria. E la mancanza qui è dell’uomo, forse lo stesso di prima? Forse scappato perché lei si è esposta troppo? Così lei si chiude sempre di più: diventa La Strega e poi passa all’uso del dialetto. Quando torna l’italiano, la poesia si fa alta, ma forse manierista e meno intimista; dei versi comunque splendidi accompagnano la musica di Sotto i 35 Gradi: “…quando le stelle formano storie / e le portano su carri trainati dagli orsi…” oppure “non esisterà più il tempo o la frase / non ci sarò misura per tutte le cose”.

Così l’ultimo brano in italiano è la donna che si fa Piccola, indifesa di fronte alla crudeltà di un mondo insensibile; non per niente il brano si conclude con “addio dolce amore / arrivederci”. Forse l’unica mancanza di cui sentiamo la mancanza all’ascolto è quella di un centro percussivo, se non una batteria, un arrangiamento ritmico che possa dare slancio alle varie fasi della canzoni. Per cui il disco è un capolavoro per chi ama la musica soft, ma è uno scrigno di meraviglie per tutti.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Marco Corrao, Michele Gazich
  • Anno: 2019
  • Durata: 39:10
  • Etichetta: Soundreef

Elenco delle tracce

01. Nella neve
02. Saudagorìa
03. La strega
04. La genti
05. Cause
06. D.A.N.A.
07. Sotto i 35 gradi
08. Piccola
09. Malatempora
10. Unni unni

Brani migliori

  1. Sotto i 35 gradi
  2. Piccola
  3. La genti