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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Max Gazzè

Sotto casa

C’è uno strano pregiudizio in Italia per cui la palma d’oro della qualità sembra poter spettare a fini funamboli della parola, come se il proprium dell’arte musicale non risiedesse, per definizione, nella musica stessa e a riusciti affreschi in versi bastasse un sottofondo qualunque, con una solita (mezza) chitarra o qualche nota di piano.

Questo preconcetto ha partorito e partorisce tuttora una categoria-monstre, quella dei cantautori menosi e malinconici convinti di essere dei geni solo perché biascicano dei versi pseudo-impegnati, strimpellando la chitarrina o suonando un piano da piano-bar, come se non servissero carisma, una personalità, una voce espressiva e idee musicali per essere all’altezza di mostri sacri rivoluzionari alla loro epoca, ma non emulabili all’infinito in 5-6 milioni di fotocopie sbiadite di un passato che dovrebbe avere sbocchi in una qualche evoluzione (non dico sperimentazione) musicale.

Max Gazzè (qui in una bella foto di Barbara Oizmud) invece ha il peccato originale e perpetrato di essere un musicista vero, per giunta anche sperimentatore, sia pure in un alveo pop: ha studiato pianoforte prima di diventare bassista, ha girato l’Europa in formazioni eclettiche, ha esordito in Italia con il suo primo album nel 1996 e da allora non si è fermato mai; non ha mai smesso di dedicarsi a collaborazioni, duetti e progetti live con i più svariati colleghi, da Mao a Niccolò Fabi, da Stephan Eicher a Stewart Copeland, da Carmen Consoli a Paola Turci e Marina Rei.

Lo scrivere i testi a quattro mani con il fratello Francesco non è bastato in questi anni a riscattarlo: c’è ancora chi a torto tende a dimenticare di annoverarlo tra i migliori cantautori della sua generazione. Per questo non ci stancheremo mai di ricordare la completezza del suo valore e della sua esperienza, il suo estro musicale, la freschezza e delicatezza del suo approccio ai sentimenti e del suo sguardo profondo alle storie di vita, celato dietro l’apparente leggerezza sorridente.

Questo ottavo album di Max, che segna il suo ritorno in casa Virgin e una nuova preponderanza del prezioso e simbiotico connubio artistico con Francesco Gazzè, pronto sempre a dare frutti fantasiosi, gustosi e dolci, parte proprio con una falsa impressione di lievità solare: E tu vai via ha il passo e la durata efficace della hit radiofonica, ma le chitarre agrodolci e i violini sintetici hanno un sapore drammatico come i versi stupefatti dinnanzi alla fine unilaterale di un amore, che lascia chi resta nell’amarezza e nel dolore del pensiero “dell’immagine di te col tuo prossimo amore”. Questa canzone si colloca in un ideale trittico tematico completato da La mia libertà e da Con chi sarai adesso, teso ad esplorare ogni sfumatura della durata dell’addio, dell’assenza e della faticosa ricostruzione di una vita su macerie di sogni e desideri.

La mia libertà, nutrita da un piano inquieto, da sintetizzatori space tersi ora solari, ora tesi e dalla chitarra acustica, si muove tra i resti sfatti di un amore che appare un “vuoto a rendere” e riesce ancora solo a fare male, mentre le confidenze del passato restano ammucchiate come “biancheria sporca”. Con chi sarai adesso invece è una mid-tempo intessuta di chitarre malinconiche, che immagina con sofferenza la nuova esistenza dell’amata, dopo la distruzione di un amore perfetto forzata dall’ossessione della gelosia (“dall’amore si scappa / quando ce l’hai dappertutto / come l’assedio di un’ombra”).

D’amore parla anche Buon compleanno, che si presenta come una ballad elegante e ispirata, un abbraccio attraverso le stagioni, proiettato verso l’eterno, ma anche questa volta la premiata ditta Gazzè non poteva soffermarsi solo su questo sentimento e sui suoi aspetti più classici: le due canzoni sanremesi si possono interpretare ad esempio come originali variazioni a due fortunati topoi, il lamento davanti alla porta chiusa dell’amata e le lamentele della moglie trascurata. La porta di Sotto casa, caratterizzata da un divertito brio cabarettistico e bandistico, infatti è questa volta quella a cui bussa invano un predicatore itinerante, che recita ugualmente da fuori la sua predica sul Bene superiore e l’ “amore buono”, ma anche sull’immoralità diffusa anche tra le file di un certo clero, e cerca Dio tra i poveri di spirito. Tra suoni orchestrali e ballabili I tuoi maledettissimi impegni invece è il sogno di seguire l’amata che non ha mai tempo, facendosi piccolo oggetto da borsa, fermaglio per capelli o “molecola di vento”.

Quel cerino è un perla di rara e fremente bellezza, un esempio di symphonic-rock, che, con incedere maestoso, in un testo denso di lirismo e al limite dell’allegoria, invoca il vento, in grado di gonfiare le onde del mare, scegliere se allontanare talvolta le “nuvole di veleno” o di alimentare gli incendi, chiedendogli indirettamente un po’ di quiete per i poveri umani (“siamo intrisi di paure / gente allergica al dolore, / ai soprusi e allo spavento…”); la stessa rara delicatezza di questo brano riesce a trasformare in un idillio naturale di tuoni “di carta” e nubifragi lo scenario cupo di una violenza per vendetta (“perché la ragazza ha tradito, / lasciando in lui prati di niente / e un fuoco distante a incendiarlo”) in Atto di forza.

L’ariosa Il nome delle stelle, tra distorsioni, brividi di synths e glockenspiel, invece è il canto dei sognatori, di chi possiede una sensibilità diversa e speciale, che sa aprirsi in un sorriso gentile, ma talvolta soffre proprio per la sua natura altra; a confortare il protagonista allora c’è il saper “dare un nome a tutte le stelle, / che riaccendono i miei occhi, / quando sono troppo tristi, / ma sempre così innamorati”. Nell’ultima canzone, infine, chitarre e sintetizzatori distorti cantano la scelta di indipendenza di un'anti-Eva indomita e lussuriosa, quella della mitica e ambigua figura di Lilith, descritta probabilmente anche nella sensuale raffigurazione del preraffaellita John Collier, prima donna che avrebbe rifiutato Adamo per non essere la “prima di tante” e per seguire il suo cuore “più libero, estremo, supremo, perfetto”.

Se amate il basso, poi, troverete come sempre succulento pane per i vostri denti, con fantasiose linee bassistiche, sempre in gran spolvero e in bella mostra, efficaci perni di ritmi ben costruiti.

Raffinato e semplice, sentito e suadente, lieve, drammatico ed emozionante allo stesso tempo, questo album mostra un Gazzè in ottima forma, forse la migliore di sempre per intensità e lirismo. 

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In dettaglio

  • Produzione artistica:  Max Gazzè
  • Anno: 2013
  • Durata: 36:50
  • Etichetta: Virgin EMI

Elenco delle tracce

01. E tu vai via

02. Buon compleanno

03. Sotto casa

04. I tuoi maledettissimi impegni

05. Atto di forza

06. La mia libertà

07. Il nome delle stelle

08. Con chi sarai adesso

09. Quel cerino

10. L'amore di Lilith

Brani migliori

  1. Quel cerino
  2. Il nome delle stelle
  3. E tu vai via