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Canzoni&Parole - Festival di musica italiana ...

  di Annalisa Belluco  ‘Canzoni & Parole’ il festival della canzone d’autore italiana organizzato dall’Associazione Musica Italiana Paris che ha esordito nel 2022 è pronto a riaccendere le luci della terza ...

Davide Van De Sfroos

Synfuniia

Come spesso accade, arriva sempre il momento in cui i musicisti decidono di “uscire dal seminato” e di affrontare nuovi territori musicali. Davide Bernasconi, in arte Davide Van De Sfroos, ha costruito - con l’ausilio del Maestro Vito Lo Re (più sotto nella foto) e della Bulgarian Symphony Orchestra - un album che rivede alcune sue canzoni con la musicalità dell’orchestra. Synfuniia è un album pieno di coraggio e di classe, suonato con dolcezza, con le note ricamate intorno alle parole. Un lavoro che rende merito alle capacità artistiche del musicista monzese di nascita e comasco di “vita ed esperienza”. Certamente i fan della prima ora saranno anche sorpresi di ascoltare in versioni orchestrali alcuni suoi vecchi brani, ma la potenza della musica è tale da rendere assolutamente credibili questi nuovi vestiti musicali. E allora “ascoltiamo” queste canzoni e cerchiamo di capire di che stoffa sono fatti queste nuove versioni…

Ouverture in pieno stile morriconiano…, tanto che pare l’inizio di un film western. Arriva la voce di Van De Sfroos e le parole sono quelle de Il duello, dove il ritmo pieno e potente della musica da film sono il vestito sonoro perfetto per il tema della canzone. Bello l’intervento epico delle trombe che danno un colore pieno di atmosfere ricche di potenza lirica. I personaggi sono dipinti quasi fossero immagini di uno spaghetti western di Sergio Leone ma, per fortuna, più che alle pistole si dà spazio ai cellulari, in un duello pacifico e carico d’ironia. Un bell’inizio, cosa non da poco per un’avventura discografica così “rischiosa”.
Le ance accompagnano le liriche di Elcalderon de la stria, dove parole morbide vestono una struttura musicale affascinante di straordinario lucore musicale. Parole morbide dicevamo, capaci di scivolare veloci ma potenti quanto basta per creare un pathos particolare. Una versione che rende merito al doppio binario della canzone: la descrizione di un mondo dolce, quasi docile, apparentemente allegorico ma, invece, incredibilmente “pericoloso”…
Un intro quasi Wagneriano che si trasforma in atmosfera alla John Williams apre le porte ad un brano suggestivo e pittorico come Grand Hotel. La descrizione dei personaggi raccontati dalla canzone si innesta alla perfezione al ritmo nervoso delle note suonate dagli archi e delle trombe, in versione quasi bandistica. Una banda di qualità, capace di sostenere il peso di un arrangiamento certamente non facile da eseguire. Suggestivo il suono dei piatti in accompagnamento alla corsa verso la fine della canzone, con la voce di Davide che pare inseguire i fantasmi di coloro che sono passati per quel mitico luogo della mente (oppure della realtà). Intorno al 5’ minuto c’è anche lo spazio per un intervento musicale quasi da night club, con un finale da incorniciare quasi fosse l’accompagnamento ai titoli di coda di un film quale un brano come Grand Hotel è stato congegnato…

Con l’inizio che ricorda le note de ‘Il Padrino’ arriva Akuaduulza, un valzer dolcissimo che con il suono degli archi accompagna l’incedere delle liriche e del tempo che scorre raccontato dalle loro parole…un tempo infinito che si avvolge su se stesso, un tempo che si racconta e ci racconta la vita e la morte. Perchè l’acqua è vita e morte al contempo. Che sostiene per la vita ma, anche, affonda senza avere pietà, senza sentire ragioni. L’acqua raccontata da Akuaduulza è la metafora della vita che passa e che si trasforma, si nasconde, si avvolge su se stessa, dolce e irruenta poi scompare.
Archi nervosi e voce accompagnata dalle ance sono il segno distintivo di MadMax. Anche in questo caso la musica pare essere ridondante solo perchè la storia è esagerata, è abbondante nelle sue metafore, anche se a mediare tutto segnaliamo un perfetto equilibrio tra il suono degli archi e quello delle trombe. Una canzone forte e decisa, che racconta di un’apocalisse quasi leggiadra e senza la percezione del dramma. Anche in questo caso il finale è davvero notevole, con una sorta di citazione di suono “alla Battiato” intorno al minuto 4:15’. Suoni ricchi, suoni veri.
Inizio da ouverture verdiana con oboe quasi da profumo klezmer ed ecco che siamo entrati ne La figlia del Tenente. Si parte con la voce di Van De Sfroos appoggiata al suono insistente degli archi che sembrano una sorta di martello sonoro che picchia sulle liriche a cercare di dare forza e potenza alla canzone che diventa immaginifica nelle sue suggestioni. Canzone notturna che la musica riesce a fare risaltare con grande dovizia di particolari. Una grande versione orchestrale che rende perfettamente l’idea del progetto di questo lavoro così particolare.

Il suono di violoncelli arriva ad aprire la porta all’ascolto di un brano molto particolare anche nella versione originale qual è Goga e Magoga, qui con la vertigine dei suoni che si arrampica fino alla sommità di un acme potente ed evocativo. Questa versione ricalca la tensione di quella originale, intrisa di suggestioni “inquietanti” e piena di richiami ad altre canzoni, quasi una sorta di caccia al tesoro a varie suggestioni presenti in altre canzoni della discografia del cantautore laghèe. Un (quasi) valzer che incombe con la sua oscurità…
L’intro de Il reduce è invece morbido, quasi magico, colmo di prospettive sonore affascinanti. Il suono delle trombe sembra quasi un richiamo alle sonorità di Teleman che incontra Nino Rota… Musica d’altri tempi, sovraccarica di melodie/memorie che si fa quasi fatica ad ascoltare per il carico di potere evocativo che fanno scaturire nell’ascoltatore. Attimi e luci di memorie lontane che si avvolgono intorno alla memoria di ciascuno degli ascoltatori che rischiano di rimanere avvinghiati/catturati dalla rete quasi medianica raccontata dalle liriche di questa bella canzone.

Yanez è forse la canzone che si aspetta al varco per comprendere quale sarà la versione che verrà proposta dalla musica dell’orchestra. E il risultato non delude. Gli archi nervosi fanno la debita base a supporto delle liriche, certamente non immediatamente assimilabili al suono orchestrale che le si ricama intorno. Questa è forse la canzone/versione più insidiosa del novero di quelle proposte. Il finale, con il richiamo a Romagna Mia dell’indimenticato Raoul Casadei, è il cameo che non ti aspetti, secco e definitivo.
Brèva e Tivàn è un piccolo capolavoro che va cantato con un soffio di voce ed in questo caso la potenza evocativa passa dalle liriche alle note, con gli archi dolci ed inquietanti al contempo. Siamo ad immaginarci sulle acque del lago di Como ad osservare la luce della luna ed a farsi cullare dalle onde e dal vento che accarezza il navigatore solitario che affronta il rischio del temporale, certo del suo coraggio e della decisione del suo viaggio.

Affrontiamo adesso La balera, brano "storico" di Davide, amatissimo dai fan e qui riproposto in una versione delicata, con gli strumenti saltellanti intorno alle liriche che fanno, come una metafora, girare i ballerini presenti nella balera. Un suono da banda popolare, da banda della festa, da banda da concertino. Un suono cucito intorno ad una sorta di melodia che ondeggia tra i suoni da cinema dei “telefoni bianchi” e salterello napoletano (sembra di vederlo il Maresciallo De Sica alle prese con la prorompente Sofia Loren) in un delicato turbinìo di note che si acchetano nel finale verdiano.
Quasi fosse un intro di musica orientale arrivano le liriche de Il dono del vento, canzone autunnale, ricca di sfumature e forte della potenza del testo con la musica che prende l’avvio verso una sorte di valzer viennese con un larghetto molto bello ed affascinante con un altalena di suoni pieni e corposi che si innervano nelle liriche. Una canzone che sembra l’immagine finale di un film dove ti immagineresti vedere arrivare la figura di Leonardo Di Caprio…
De Sfroos non ce la immagineremmo come ci viene proposta. È certamente una canzone difficile da “tradurre” con i suoni pieni dell’orchestra. Non è un’operazione semplice né scontata ma si può dire che, in fondo, l’obbiettivo è raggiunto con un finale quasi disneyano…

Ninna nanna del contrabbandiere è la canzone che riassume tutto il corpus di questo lavoro (tra l'altro scelta come "singolo" per il lnacio dell'album, vedi qui il video del brano, la cui regia è di Dario Tognocchi). Una canzone in cui si può dire che è condensata tutta la forza poetica e la storia artistica di Davide Van De Sfroos. Una versione, questa, che calza a pennello alla struttura originale della canzone. La giusta conclusione di un album crepuscolare, ricco di chiari scuro, colma di suggestioni, ricca di immagini di tenerezza e desiderio di infinito…

Il viaggio tra i brani “rivestiti di nuovo” è terminato. Il rischio che questo Synfuniia potesse diventare un album ridondante ed anche un po’ pretenzioso è stato elegantemente superato dalla bella performance dei musicisti coinvolti, che hanno saputo creare un bel connubio artistico certamente inusuale. È l’album che non ti aspetti, ma una volta ascoltato fa piacere che qualcuno abbia partorito l’idea e che il risultato finale sia stato così coinvolgente e ricco di sorprese. Ascoltarlo con attenzione è anche il modo migliore per attrezzarsi in vista dei concerti che partiranno a inizio 2016, a cominciare dalle due date milanesi il 30 e il 31 gennaio al Teatro Arcimboldi.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Davide Van De Sfroos  
  • Anno: 2015
  • Durata: 67:42
  • Etichetta: Bat Records

Elenco delle tracce

01. Il duello

02. Elcalderon de la stria

03. Grand Hotel

04. Akuaduulza

05. MadMax

06. La figlia del Tenente

07. Goga e Magoga

08. Il reduce

09. Brèva e Tivàn

10. Yanez

11. La balera

12. Il dono del vento

13. De Sfroos

14. Ninna nanna del contrabbandiere

Brani migliori

  1. Akuaduulza
  2. Brèva e Tivàn
  3. Ninna nanna del contrabbandiere

Musicisti

Davide Van De Sfroos: voce  -  Bulgarian Radio Symphony Orchestra diretta dal Maestro Vito Lo Re