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Damadakà

Të voglië cuntà. Musiche e canti dalla tradizione Campana

Molte volte nei dischi autoprodotti o pubblicati su piccole etichette discografiche, si scoprono o si celano delle vere e proprie perle. Prendiamo l'esempio dei Damadakà, un piccolo tesoro della tradizione popolare: un ensemble di otto musicisti la cui terra d'origine è la Campania: il loro repertorio non è quello classico napoletano, come a primo impatto si potrebbe pensare, ma scava nella più ampia tradizione contadina rurale.

L’interpretazione dei canti, le forme del suono e i balli si rifanno alla musica tramandata dagli anziani, grazie ai quali, i Damadakà hanno avuto diretto contatto attraverso rapporti sia musicali, sia umani. L’idea di recuperare la musica tradizionale della Campania nasce nel 2002, attraverso la ricerca nei luoghi dove la tradizione si faceva sentire maggiormente, ovvero le feste popolari e religiose di tutto il territorio. Un lungo percorso che dopo dieci anni vede la pubblicazione del loro primo album Të voglië cuntà, sottotitolato Musiche e canti dalla tradizione Campana.

I Damadakà iniziano il racconto dalla copertina dell’album, che riporta una sedia antica e rovinata dal tempo e dall’usura; simbolo che rappresenta il riposo dopo una giornata di lavoro duro nei campi o della vita familiare dei contadini attorno ad un tavolo.

I musicisti sono Michele Arpa, Daniele e Dario Barone, Giovanni Saviello, Margaret Ianuario, Mario Musetta e Marianna Velotto con la partecipazione di Margherita Mariniello, Crescenzo Sequino e Gaetano Micillo, che han donato il loro contributo in tre brani per sola voce.

Il repertorio è costituito da canti tramandati oralmente, di generazione in generazione: tarantelle, fiabe popolari cantate, canti d’amore o di lavoro, canti pastorali, fino alle preghiere, compreso le ninnananne che affondano le radici nella notte dei tempi, probabilmente quest’ultime sono una delle prime forme musicali inventate dall’essere umano.

Entrando un po’ meglio nell’ascolto dell’album, il primo brano è un breve estratto dal Rosario, registrato in presa diretta sul campo del Rosario alla Madonna delle Grazie ed interpretato a cappella da Margherita Mariniello.
È di stampo religioso, da come recita il titolo Regina de lu Celo, ed è la versione cantata a maggio nel paese di Lusciano in provincia di Caserta.
La devozione era molto sentita negli ambienti rurali di un tempo, ed è un punto essenziale dell’album, che prosegue con due versioni di Madonna delle Grazie. La prima è una breve introduzione per sola chitarra battente e la seconda è una versione dell’isola di Procida, vicino Napoli, di una preghiera recitata durante i festeggiamenti per la Vergine rielaborata in chiave di tarantella con i tamburi a cornice in evidenza.
Dallo stesso luogo proviene ‘Nferta, di pregevole fattura, cantato a voci con accompagnamento del marranzano (più comunemente chiamato ‘tromba degli zingari’). Un altro canto religioso  presente nell’album è Canto alla Madonna dell’Arco, proveniente da Sant’Anastasia in provincia di Napoli. Introdotto da una voce da lontano a cappella per poi svilupparsi e trasformarsi in una ballata gentile cantata da Margaret Ianuario. Le preghiere si concludono con E una so’ li stelle, un canto dedicato alla Vergine Maria e all’Arcangelo Gabriele, che rispetto a tutti, è l’unico brano che non fa parte della Campania, ma proviene dal Molise. I flauti di corteccia, flauto doppio e triplo, introducono questo canto a cappella polivocale dove le voci si intersecano all’unisono.
Tarantella alla collianese, è invece ispirata alle tarantelle che si suonano a Colliano, provincia di Salerno, ed è un brano strumentale con un andamento gioioso, allegro e cattura immediatamente.

Sui canti d’amore per sole voci, sono presenti due aperti alle pagine dei ricordi densi di nostalgia antica: il primo è A legna a la montagna proveniente dalla provincia di Avellino, in cui la voce solista spetta a Margaret Ianuario, mentre Rondinella che veni dalla Frangia, di breve durata, è un canto che ci arriva dal Cilento.

Tra i canti “sul tamburo” (detti tammurriate) citiamo Canto sul tamburo, che trova origine nella zona agricola del fiume Sarno, nel salernitano, e ha un arrangiamento scarnificato rispetto agli altri brani, quale ad esempio la lunga Fronna e canto sul tamburo (con la partecipazione alla voce di Crescenzo Sequino), più di dieci minuti di tammuriata sgargiante e piena di ritmo.

I Damadakà, eseguono anche un estratto di canto sul tamburo narrato da Gaetano Micillo, intitolato Si mammëta nun bbò, mammella manco che proviene - assieme al Canto sul tamburo in stile giuglianese - dall’area della Domizia, tra Caserta e Napoli; brani che da un punto di vista strettamente musicale riescono ad catturare l’attenzione dell’ascoltatore grazie ai ritmi forsennati e ripetitivi.

Interessante ‘A novella, una fiaba popolare attribuita ad un cantastorie, Eugenio Pragliola detto Don Eugenio cu’ ‘e lente di Giugliano in Campania (Na), da cui i Damadakà hanno scelto un verso che da il titolo all’album. Una lunga ballata, introdotta dalla voce della Ianuario (qui nella foto) su cui pian piano prendono corpo le altre voci e con gli strumenti volutamente scarni a far da accompagnamento, mai invadenti per lasciar pieno spazio alle voci.

Si conclude questo percorso musicale con la Fronna di saluto, ovvero un canto a distesa (detto anche alla Cilentana, perché diffuso nella zona del Cilento vicino Salerno), eseguito per sola voce da Crescenzo Sequino. È una composizione breve, dove viene usata la tecnica del canto vocale ‘prolungato’, con una ornamentazione nella melodia che consiste nel caricare su di una sola sillaba della lirica o del testo un gruppo di note ad altezze diverse.

Të voglië cuntà è un album che si lascia apprezzare per il garbo, l’autenticità ed il “fattore umano” che i Damadakà hanno voluto lasciare come collante tra passato, presente, futuro e che nei live risulta ancora più evidente. Il loro sound è coinvolgente dove ritmica e melodia trovano il loro giusto spazio e si denota una evidente libertà di espressione all’insegna della semplicità.


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In dettaglio

  • Produzione artistica: Damadakà

     

  • Anno: 2012
  • Durata: 61:39
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Regina de lu cielo

02. Madonna delle Grazie (intro)

03. Madonna delle Grazie

04. Fronna e canto sul tamburo

05. Canto alla Madonna dell’Arco

06. ‘Nferta

07. Rondinella che vieni dalla Frangia

08. Tarantella alla collianese

09. A legna alla muntagna

10. Canto sul tamburo

11. E una so’ li stelle

12. Si mammëta nun bbò, mammella manco

13. Canto sul tamburo in stile giuglianese

14. ‘A nuvella

15. Fronna di saluto

 

Brani migliori

  1. Madonna delle Grazie
  2. Fronda e canto sul tamburo
  3. Canto alla Madonna dell’Arco

Musicisti

Daniele Barone: voce, chitarra classica, chitarra battente, marranzano, campanacci  -  Dario Barone: voce, tamburi a cornice (tammorre), marranzano, chiave e bottiglia, bughitibù (tamburi a frizione), triccabballacche  -  Giovanni Saviello: voce, fisarmonica, organetto, doppio e triplo flauto  -  Margaret Ianuario: voce, ciaramella, flauto armonico, sisco, campanacci  -  Marianna Velotto: castagnette  -  Mario Musetta: voce, chitarra battente  -  Michele Arpa: voce, castagnette