Se si prende il vocabolario di latino alla voce “transeo”, tra i vari significati del verbo c’è “oltrepassare”. Sembra essere proprio questa la concezione del “tempus” di Pierluigi Villani, batterista e compositore napoletano di straordinaria sensibilità, che nel suo ultimo disco, appunto Tempus transit, manifesta tutto il talento creativo di cui è dotato. È la sua musica, sopra ogni cosa, ad oltrepassare il tempo, ad andare oltre le barriere, a proiettare l’ascoltatore in una dimensione terrena ma allo stesso tempo slanciata verso l’infinito. Il suo modo di far suonare la batteria, tra istinto e razionalità, è fortemente comunicativo, legato indissolubilmente a quel respiro dell’anima che fa la differenza tra un mestierante e un artista vero.

Il battito di Villani si unisce con passione alle voci del sax (Roberto Ottaviano, Gaetano Partipilo, Vincenzo Presta), della tromba (Luca Aquino, Antonio Piacentino), del piano (Francesco Villani) e del contrabbasso (Giorgio Vendola, Camillo Pace), creando un sound vivo e dinamico. Tra composizioni inedite, ad esempio L’eroe e Sindrome imitativa, affiorano anche riletture, ad esempio Dolphin Dance di Herbie Hancock, Things behind the sun di Nick Drake e persino la famosa 29 settembre di Lucio Battisti. Chiude l’album Tempus transit gelidum, singolare versione del brano in latino dei Carmina, unica traccia in cui compare la voce umana, in questo caso di Rossella Antonacci. “Un’energia brillante, una capacità di presenza e sensibilità, l’attitudine al rischio, la destrezza e la precisione di disegno tipica di chi ha una multiforme esperienza alle sue spalle e l’apertura di visione necessaria a declinare le diverse sfumature”. Non ci sono parole migliori che quelle dell’amica e collega Maria Pia De Vito per considerare Tempus transit un gran bel disco e Pierluigi Villani un musicista di grande valore.

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