Su cd o doppio lp (consigliato, non fosse altro che per la magnificenza – l’opulenza, verrebbe da dire – dell’oggetto in sé), ecco questo che è un nuovo omaggio monografico (ricordiamo almeno anche quello di Rita Marcotulli) rivolto dal jazz italiano a uno dei capolavori dei Pink Floyd, ovviamente, titoli e copertina alla mano, The Dark Side of the Moon, anno di grazia 1973. Ne sono artefici tre musicisti sufficientemente voraci da firmare un’opera rispettosa ma nel contempo inventiva quanto basta per far quadrare felicemente il cerchio. I brani mantengono la successione originaria, palesando anzitutto un gran bel senso ludico, di divertissement puro e semplice, che aleggia sull’intera opera, elemento che per indole ci sentiremmo di attribuire in primo luogo al camaleontico vocalist bresciano Boris Savoldelli, la cui presenza globale è peraltro ben più calibrata di quanto la sua naturale esuberanza creativa e performativa avrebbe potuto far supporre.

Il lavoro, d’altro canto, è felicemente corale da cima a fondo (ospiti compresi), cosicché il contrabbasso di Marco Bardoscia, col suo aplomb elastico e profondo, e il sax, prevalentemente soprano, di Raffaele Casarano (entrambi salentini), guizzante e pervasivo, caratterizzano altrettanto massicciamente il procedere della musica, cui un uso intensivo dell’elettronica fornisce un background mobile e al tempo stesso coerente, fertile e coesivo.

Il risultato è un album tutto da ascoltare, capace di tener costantemente viva l’attenzione attraverso una proposta vitale, scoppiettante, mai prevedibile o risaputa. Uno di quegli album, insomma, che vorremmo ben più spesso trovarci a recensire.    

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