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Alessandro Mazzà

Titoli belli che poi ci fanno i films

Dietro un’opera prima di un cantautore c’è sempre passione e voglia (o esigenza) di esprimere il proprio mondo interiore. Lo sentiamo anche in questo primo album di Alessandro Mazzà dal titolo Titoli belli che ci fanno i films. E però anche il recensore deve fare con coerenza e passione il suo “lavoro”. Questo per dire che – pur dispiaciuti – di questo primo lavoro davvero non riusciamo a salvare quasi nulla (se non, appunto, la passione e la voglia/esigenza di esprimere il proprio mondo!).

Partiamo dal dire che l’album è registrato davvero maluccio. Le canzoni sono poco più che demo e non ci riferiamo al fatto che quasi tutte si presentano solo “voce-chitarra” (cosa più che legittima, va da sé), ma proprio alla qualità del suono che ulteriormente inficia la bontà del prodotto stesso. Per carità, è vero che esistono casi del tutto particolari come Nebraska di Bruce Springsteen (pubblicato con i primi provini del Boss registrati a casa sua) o i Basement tapes di Bob Dylan o, ancora, The Witmark demos sempre del Menestrello di Duluth. Ma in quei casi ci trovavamo, appunto, di fronte a Springsteen e a Dylan. 

Questo per dire che Mazzà si rifà costantemente a quella cifra stilistica senza però minimamente raggiungere le aperture melodiche ed armoniche dei due “mostri sacri”. E qui sta uno dei tanti punti deboli del disco. Non solo le melodie mostrano il fiato e mai riescono a far emergere un’idea musicale nuova o comunque coinvolgente. Ma gli arrangiamenti - assolutamente essenziali - non fanno altro che dare il carico da mille. Ecco, forse con un poderoso lavoro di limatura e affidandosi a un bravo arrangiatore (e produttore) qualcosa si potrebbe anche salvare (pensiamo, per esempio, a Ruggine nelle catene o al bel fraseggio iniziale di In un basso di orecchie assassine). Certo, molte volte il rischio è l’opposto, vale a dire che un arrangiamento sia troppo ingombrante e vada a soffocare la canzone. Qui invece accade il contrario, la povertà del dettato musicale non fa che emergere ancora con più enfasi dalla “basicità” e “nudità” dell’arrangiamento.

L’album si apre con Morto, un brano-manifesto per certi aspetti, in cui si “celebra” la morte del poeta nella società contemporanea affaccendata in ben altro che non la poesia. Non proprio il massimo di originalità a dirla tutta (basti pensare all’Albatros di Baudleriana memoria). Il pezzo presenta una chitarra talmente scordata che tale suono sembra quasi una sorta di dichiarazione di poetica. Ci muoviamo, insomma, dalle parti del De Gregori de La pecora. Qua e là emerge un certo “guccinismo”, altre volte ci troviamo di fronte a stornelli e melodie popolari (Non ho ricevuto la cartolina di auguri a voi spedita).

Anche i testi, poi, avrebbero bisogno di ulteriore lavoro di lima. Mazzà tende a spostarsi continuamente tra il versante serio e quello comico-sarcastico. Ma sbaglia spesso le misure (si veda l’incipit di Non ho ricevuto la cartolina di auguri a voi spedita: “Vi meritate il sale nel latte e la sabbia nel preservativo”) in ciò anche “obbligato” dalla ricerca continua e spasmodica della rima. Peccato, perché anche in questo caso qua e là affiorano versi che avrebbero meritato ben altra fortuna (e d’altronde Mazzà è poeta e prosatore vero che ha pubblicato ben sette libri).

In conclusione, chi scrive augura di cuore ad Alessandro Mazzà di mettere passione e cuore nelle cose che scriverà ancora in futuro. Magari, però, facendosi meglio consigliare e guidare. Lo aspettiamo alla prossima tappa del viaggio. 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Alessandro Mazzà e Emanuele Dentoni
  • Anno: 2015
  • Durata: 55:00
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Morto
02. Ninna nanna del cowboy
03. L’amore ai tempi dell’Enel
04. Non ho ricevuto la cartolina di auguri a voi spedita
05. Verrò alla luce in pieno giorno
06. In un bosco di orecchie assassine
07. Ruggine nelle catene
08. In via del tutto eccezionale
09. Urbi et orbi
10. Grani di gioia
11. Del mio destino
12. Per quanto mi hai trovato
13. Cosa avrà voluto dire l’artista con questa fondamentale opera?
14. In fine

Brani migliori

  1. Ruggine nelle catene

Musicisti

Alessandro Mazzà: Chitarra, armonica e voce  -  Emanuele Dentoni: Basso, pianoforte e tulum - Vincenzo Mercuri: percussioni e cori  -  Sandra Iai: voce